Il supplizio di Tantalo e la dipendenza amorosa

11 Settembre 2019



Il supplizio di Tantalo e la dipendenza amorosa
Il supplizio di Tantalo e la dipendenza amorosa

Per capire l’essenza della dipendenza emotiva dobbiamo ricordare il supplizio di Tantalo. Tantalo è affamato e gli si avvicinano dei cibi appetitosi, succulenti. Il suo desiderio cresce spasmodicamente, allunga le mani per afferrarli e quelli svaniscono. Poi il tormento ricomincia, i cibi si avvicinano e quando incomincia a pregustarli, scompaiono. Il suo è un continuo parossistico desiderio a cui segue una lunga dolorosa assenza.

Se i cibi fossero sempre lontani, non ci sarebbe nessun supplizio. È la vicinanza, l’avvicinarsi che aumenta il desiderio. Trasferendo la situazione a due amanti, possiamo immaginarla con uno che desidera che l’altro ogni tanto si avvicini, gli tenda le braccia gli dica che l’ama e poi improvvisamente scompare. Se i due amanti restassero sempre lontani, dapprima soffrirebbero, ma poi subentrerebbero la rassegnazione, l’oblio, altri amori. Un antico proverbio dice: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Com’è allora possibile che l’allontanamento aumenti il desiderio? Quale meccanismo è all’opera? Il meccanismo della perdita.

Quando amiamo noi diamo più importanza all’altro che a noi stessi. Chi ama i figli è pronto a sacrificarsi per loro, chi ama la patria per lei, chi ama la sua donna non pensa e non desidera altro. L’oggetto d’amore è il  fine ultimo e tutto il resto nei suoi riguardi diventa strumento, mezzo. Amare vuol dire gerarchizzare il mondo e porre l’oggetto d’amore al vertice dei fini.

Ebbene, la perdita mette in moto proprio questo processo della perdita. Se la mia amata scompare, il fatto che non andassimo d’accordo, i bisticci, le incomprensione passano in second’ordine. E passano in second’ordine anche gli affari, la carriera. Ciò che conta ora è soltanto lei, ritrovarla. La persona che, fino a pochi giorni, fino a poche ore prima ci era indifferente, ora che ci sta sfuggendo, ci appare indispensabile. Ludovico Ariosto scrive che “in amor vince chi fugge”.

In tutti questi esempi l’amore preesiste alla perdita, e possiamo dire che questa si limita a risvegliare, rivelare ciò che era dormiente. In realtà il legame amoroso si rafforza attraverso un succedersi di esperienze di perdita. La madre aspetta ansiosamente il suo bambino già prima che nasca, poi lo nutre, veglia su di lui, lo culla quando piange, mentre dorme gli sta accanto temendo che possa svegliarsi pieno di paura. Lo cura quando si ammala. Lo protegge, lo difende dai pericoli sempre in agguato.

La perdita, perciò, non si limita a svelarci un amore che esiste già, contribuisce a crearlo. I nostri oggetti d’amore sono anche il precipitato storico della lotta che abbiamo sostenuto per loro. Noi non amiamo solo ciò che ci ha dato piacere, ma anche ciò che noi abbiamo salvato dal nulla.

L’ostacolo, la difficoltà, il pericolo della perdita perciò hanno effettivamente il potere di rafforzare la passione. Ed ecco la spiegazione di quanto ha trovato De Rougemont nel romanzo di Tristano e Isotta. Il romanzo raddoppia gli ostacoli, le difficoltà per intensificare l’esperienza amorosa. La passione da sottrazione si alimenta dell’ostacolo. E vi sono persone che lo sanno suscitare in modo intensissimo. Famoso è il caso di Lou Salomé. Lou tiene legati i suoi innamorati seducendoli e poi rifiutandosi. Incomincia giovanissima con un pastore protestante. Siede sulle sue ginocchia, beve le sue parole dalla bocca. Ma come lui si avvicina, lei si allontana. Quando il disgraziato incomincia a compiere azioni sconsiderate, Lou lo lascia per sempre. Stesso comportamento con Paul Rée. Lui le chiede di sposarlo e lei lo convince ad andare a vivere insieme come amici fraterni. Più Rée la desidera sessualmente, più lei aumenta l’intimità, ma gli si sottrae. Quando incontra Nietzsche mette in moto lo stesso meccanismo. Lo seduce, gli dice che lo ama e poi, quando lui, pazzamente innamorato pensa di sposarla e avere dei figli, sparisce. Riappare per proporgli di condurre una vita a tre insieme a Rée. Nietzsche ha la forza di rompere. Rée no. Tira avanti innamorato e frustrato per anni finché non si suicida.

È lo stesso meccanismo della dipendenza amorosa, del supplizio di Tantalo. E noi ora consapevolmente, ora inconsapevolmente lo facciamo provare a tante persone che ci amano, che ci  desiderano.

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Francesco Alberoni

Laureato in medicina, ordinario di Sociologia a Milano. Ha studiato il divismo L’elite senza potere (1963) ed è stato il fondatore della sociologia dei consumi in Europa: Consumi e società (1964). È il maggior studioso dei movimenti collettivi Movimento e istituzione (1977) e Genesi (1989), è il pioniere degli studi sull’amore: Innamoramento e amore (1979) tradotto in trenta lingue, un tema che ha continuato ad approfondire con L’amicizia (1984) l’Erotismo 1986) Ti amo (1996) Sesso e amore (2006) L’arte di amare (2012) Amore e amori (Edizioni Leima, Palermo, 2016). Con Cristina Cattaneo ha pubblicato L'universo amoroso (2017), Amore mio come sei cambiato (2019) e L'amore e il tempo (2020), Il rinnovamento del mondo. E' mancato il 14 agosto 2023.

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