La burocrazia può fermare le stragi familiari?

15 Marzo 2018



La burocrazia può fermare le stragi familiari?
La burocrazia può fermare le stragi familiari?

Aveva premeditato tutto, tanto da lasciare lettere ai parenti in cui spiega il suo gesto e le buste con i soldi per i funerali della moglie e le bambine. Se si fa scorrere la pagina facebook, oltre a frasi di odio e rabbia che assumono tardivamente l’aspetto di tentativi di compensazione, colpisce moltissimo non trovare una sola immagine della moglie e delle figlie. Bisogna andare indietro sino al 2014 per trovarne una: la sua famiglia Luigi l'aveva già cancellata.

L’emergere di questi documenti dà ragione alla teoria di Alberoni che sostiene che le stragi familiari non sono dovute a un improvviso raptus, ma derivano da un' intenzione che si forma lentamente con il radicarsi di un odio profondo che cresce nel tempo e che viene elaborato in un pensiero strutturato razionale e logico di vendetta.
E’ la convinzione che non vi sia  altra via di uscita che distruggere tutto; la distruzione allora è solo l' atto estremo che porta a compimento quella distruzione emotiva che lui aveva già vissuto e che imputava alla compagna. Poi dall’odio e dall’intenzione, d’un tratto si sfocia nell' uccisione violenta e si scatena quello che era stato a lungo immaginato, premeditato, organizzato. Tutto si svolge in un lampo con l’adrenalina che lo sorregge ma era da tempo accuratamente pianificato.Lei doveva morire e con lei tutto quello che amava di più.
Allora potrebbe essere che questo atto per noi brutale, suoni all’interno della mente dell’omicida come il gesto riparatore, l'unico possibile, di un ordine perturbato: non poteva che distruggere tutto per rimettere le cose a posto, pareggiare la partita.

La seconda considerazione è che da molto tempo non c’era più amore; c’era odio, rabbia, gelosia, paranoia, possesso, l’incapacità di sopportare la brutta figura davanti alla gente, la vendetta perche aveva osato denunciarlo chiamando anche il 113, accanto ad altre fonti di irritazione profonda e di vergogna: di non essere riuscito a tenere la moglie, di essersi fatto buttare fuori come un ladro, l’odio profondo nell’intuire che la gente sa, le amiche sanno, quelli della parrocchia lo guardano con disprezzo, perchè lei racconta ogni cosa.
Se l’amore era finito da tempo  rimanevano attivi tutti gli attributi che si attivano al suo nascere: l’esclusività, la gelosia, l’idea della sacralità del possesso, il continuo ossessivo pensare solo a lei, alla creatura cui prima pensava in modo amorevole e ora in modo ossessivo e paranoico.
Non era necessario che lo avesse tradito, di certo si sentiva tradito con mille sfumature: invece di aver fatto di lui il suo amato, il suo compagno, il suo padrone, si era permessa di svalutarlo, criticarlo, magari rifiutarlo sessualmente, di parlare male con lui con le sue amiche, fino alla figura più tremenda l’esposto in questura ai suoi colleghi.

Si sottostima molto la sensibilità maschile alla perdita di reputazione e sembra inconcepibile che queste cose avvengano oggi, con le leggi di tutela, la profonda modificazione dei precetti morali, il sostegno che la società offre, non più al marito e al mantenimento della famiglia come avveniva un tempo, ma alla donna e alla sua autodeterminazione.
Eppure la nostra modernità è un leggero strato di neve su una realtà che riflette vissuti emotivi arcaici mai veramente abbandonati.
Per millenni l’uomo ha avuto a che fare con l’esterno e la donna con l’interno. L’uomo aveva e ha sempre ben presente l’opportunità di non dire, non parlare di sé, mentre la donna parla si confida, chiede consiglio e aiuto.Queste chiacchiere della donna un tempo non erano temute perché poteva parlare solo con altre donne, o eventualmente con il confessore. Il chiacchiericcio restava tra le mura di casa. Ma ora esce e si propaga. E lei ha la possibilità di agire. E penseranno che sei impotente, effemminato, che non sai comandare in casa tua. Non è facile entrare nella mente di qualcuno che stermina i suoi stessi figli ma potrebbe averlo vissuto come un atto sacro che ristabiliva il suo potere.
Le donne dovrebbero essere aiutate nell’arte di allontanarsi: vi è una millenaria tradizione che vive ancora nella psiche in modo sotterraneo ma non per questo meno potente, che porta l’uomo a considerare la donna una sua proprietà. E di fatto nell’amore la donna gli apre l’accesso al suo essere e al suo corpo e in seguito, anche se lui non ha più per lei amore, anche se non se ne occupa più, sente che è "sua" e non gli può essere tolta. Occorre una maturazione per uscire da questa tendenza istintiva. E se la moglie dopo anni di depressione e sopportazione trova un altro luogo dove è apprezzata, nel quale rifiorisce, dove riprende l’allegria sino a allontanarsi da lui, tutto questo diventa inaccettabile.
E’ insopportabile è che lei rinasca allontanandosi perchè è una parte di lui, una sua costola.
E mentre lui pianifica e prepara il progetto di morte per un futuro imminente, lei si rivolge alla burocrazia, che invece è lenta, guarda al passato e le chiede di accumulare atti e dichiarazioni, che sono proprio quelli che aumentano la reattività. La donna è allora con le spalle al muro: se lo tiene in casa è esposta a un continuo rischio e violenza che le toglieranno ogni forza, ma obbligandolo ad allontanarsi rischia di suscitare la vendetta.
L’ omicidio familiare dovrebbe essere conteggiato come un evento di elevato livello di rischio, che può avvenire in qualsiasi momento e dovrebbe avere lo stesso protocollo preventivo applicato per il terrorismo. Dovrebbero scattare immediate tutele, a partire dall’allontanamento immediato, ma potrebbe anche  essere preso in considerazione un trattamento farmacologico obbligatorio. Si da il ritalin ai bambini agitati, scattano multe se non usi la cintura di sicurezza in auto, ma troppe volte ci si ferma sull'uscio di una casa dove sta preparandosi un' esecuzione.  Il protocollo per queste situazioni dovrebbe essere centralizzato e affidato a un piccolo pool.
Non è facile, perché mogli che denunciano mariti innocenti sono diffuse tanto quanto le mogli in reale pericolo che non lo fanno.

E come nessun ladro preannuncia il furto che farà,   Luigi si teneva il suo piano per sè.  Non vi è colloquio psicologico che possa individuare una persona  che abbia un progetto di morte in mente, anche se  la mente è letteralmente  invasa da impulsi di vendetta,  anche verso le figlie. Vi era però un dato obiettivo: la loro estrema paura.  Vi era quella della moglie. La paura,  quella forte, quella estrema, che si incide nelle menti e nei corpi delle donne e dei figli. La paura si sente, ha un'odore particolare: è lei, la paura vera, il segno più tangibile di una tragedia imminente e non dovrebbe essere mai sottovalutata.

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mi come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (Aracne 2020).

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