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Il manifesto per gli imprenditori italiani. Per una nuova crescita del paese

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APPELLO AGLI IMPRENDITORI ITALIANI

E ALLA CLASSE DIRIGENTE POLITICA

PER UNA NUOVA CRESCITA DEL PAESE

scritto da Francesco Alberoni e dall’avvocato  Cesare Galli

12 giugno 2020

La pandemia che colpisce una dopo l’altra tutte le popolazioni del mondo fa emergere problemi in cui non ci siamo mai imbattuti ed esigenze a cui non avevamo mai pensato.

Tutti abbiamo il dovere di affrontare questi problemi e di rispondere a queste esigenze, facendo ciascuno la propria parte, non solo nell’affrontare l’emergenza Covid-19, ma anche per costruire il futuro che ci attende dopo la fine di questa emergenza, senza inganni e senza illusioni, senza promettere tutto a tutti, ma puntando su ciò che può portare a una nuova crescita, che trasformerebbe questa crisi in una grande opportunità per il nostro Paese.

Gli imprenditori italiani, che hanno come missione proprio quella di rispondere ai bisogni e di anticiparli con la loro creatività e la loro capacità di innovazione, hanno il diritto e il dovere di chiedere alla classe dirigente politica di essere messi nella condizione di compiere al meglio questa loro missione al servizio del Paese sul mercato globale, nel cui contesto necessariamente anche la nuova economia dovrà svilupparsi.

La globalizzazione, infatti, non può essere messa in discussione, perché non è possibile rinunciare a uno strumento come Internet, che già da solo, attraverso l’e-commerce, supera tutte le frontiere, né è pensabile di tornare a economie chiuse, che neppure volendo saremmo in grado di realizzare: e del resto anche l’emergenza che stiamo vivendo è frutto non tanto della globalizzazione, quanto della sua incompletezza, che non ha permesso alle informazioni di giungere in tempo utile per prevenire la diffusione del virus, dimostrando che solo la libertà, economica e politica insieme, contiene gli anticorpi per evitare che gli uomini rimangano persone e non vengano ridotti ad ingranaggi facilmente sostituibili.

Proprio per questo abbiamo bisogno dell’Europa, non solo perché gli aiuti dell’Europa sono indispensabili per far fronte alla crisi, ma prima ancora perché solo un’Europa unita e può avere la forza di farsi valere a livello mondiale, evitando che i valori di libertà, civiltà e solidarietà nei quali crediamo vengano travolti.

Dunque al Governo italiano gli imprenditori devono chiedere anzitutto di lavorare con l’Europa, e non contro l’Europa, nell’affrontare la crisi, avvalendosi senza esitare degli strumenti finanziari indispensabili per la ripresa economica, a cominciare dal MES-Meccanismo Europeo di Stabilità senza condizionalità previsto proprio per finanziare gli interventi resi necessari dal Covid-19.

Perché gli imprenditori siano messi nella condizione di portare tutto il loro contributo alla ripresa del Paese, occorre che, superata la fase dell’emergenza, il sistema economico venga sostenuto non con un nuovo assistenzialismo, ma attraverso aiuti mirati a ricostruire le condizioni per una nuova crescita, che dev’essere il nostro obiettivo primario, perché solo in un’Italia che torna a crescere potranno migliorare le condizioni di tutti.

Occorre che lo Stato destini le risorse che metterà a disposizione per il rilancio dell’economia allo scopo di finanziare la realizzazione delle infrastrutture fisiche (strade, porti, ospedali, ma oggi anche infrastrutture telematiche, per la circolazione e la sicurezza dei dati, oggi sempre più importanti) e sociali (sanità, sicurezza, istruzione, giustizia, con particolare attenzione alla scuola e all’università che va profondamente riformata, in modo  che ritorni  un  centro di ricerca, ricostituendo  il rapporto maestro-allievo e  ricreando  una carriera universitaria che consenta ai nostri migliori studiosi di restare in Italia). Tutte cose che consentono al Paese di funzionare al meglio e all’imprenditoria di recuperare competitività a livello internazionale, sulla base di una chiara Visione del Futuro, che abbia ben presenti le nuove domande del mercato di domani e quindi sappia individuare ciò che servirà alle imprese per essere messe in grado di soddisfarle.

Noi crediamo infatti fermamente che i cambiamenti nel modo di lavorare e anche le nuove professioni che inevitabilmente la crisi di questa “guerra al coronavirus” sta introducendo non potranno venire dimenticati dall’oggi al domani, anche perché presentano aspetti positivi per la vita e per la sostenibilità ambientale, nei rapporti fra maschi e femmine come sostegno alla coppia e alla  famiglia con  figli, ai quali non si può e non si deve rinunciare.

Noi crediamo che il nuovo sviluppo dovrà saper rispondere al bisogno di qualità della vita che questa crisi ha portato in primo piano e che significa anzitutto salute, ma anche tutela dell’ambiente, dell’abitazione domestica benessere, sicurezza (anche delle comunicazioni), comfort, possibilità di conciliare le esigenze lavorative con quelle personali e famigliari

Noi crediamo che l’Italia, che in tutto il mondo è simbolo di qualità della vita – con la sua grande bellezza, con la sua cultura enogastronomica, con la sua moda e il suo design, ma anche con i suoi settori più innovativi, come il biomedicale, la meccanica, la meccatronica, l’’intelligenza artificiale con tutto l’indotto che queste attività creano – possa e debba promuovere, anche attraverso sinergie tra pubblico e privato, la formazione di veri e propri “distretti culturali produttivi”, nei quali la consapevolezza condivisa di come la cultura, il paesaggio, i paesaggi umani, il saper fare tecnico uniti insieme rappresentino importanti valori aggiunti, “spendibili” anche sul mercato globale, porti a progetti di valorizzazione reciproca delle imprese di eccellenza, del territorio in cui gravitano e dell’intero Paese.

Per fare questo occorre però mettere mano con coraggio anche ai nodi che da sempre ostacolano in Italia le nuove iniziative, oggi invece più che mai indispensabili, realizzando:

– una semplificazione burocratica, che non deroghi, ma abolisca gli oneri inutili a carico di chi intenda avviare una nuova attività o sviluppare un’attività esistente, sostituendo la miriade di competenze (e di potenziali contenziosi) oggi presente, con regole semplici e gestibili da tutti;

– una politica industriale che favorisca la capitalizzazione e la crescita delle imprese del manifatturiero e dei servizi, diminuendo la tassazione per chi utilizza gli utili per patrimonializzare l’azienda;

– una fiscalità che assicuri efficienza ed equità, intervenendo prioritariamente sulla riduzione del cuneo fiscale, sull’allineamento della tassazione delle imprese agli standard europei per favorire l’afflusso di investimenti e su un allargamento della no tax area che tenga conto anche del numero dei componenti del nucleo familiare, così da favorire la natalità e da aiutare le fasce più deboli della popolazione e sostenerne la domanda, accompagnandola però a una riduzione degli scaglioni e delle aliquote, che non devono disincentivare gli sforzi per migliorare le proprie condizioni economiche;

– una riforma organica delle Pubbliche Amministrazioni, che faccia dipendere la carriera e la stessa permanenza nei ruoli dei funzionari dai risultati che ottengono, secondo una logica oggi ormai indispensabile, sia per migliorare l’efficienza dell’azione pubblica, sia in relazione all’inevitabile più ampio ricorso a forme di lavoro a distanza, dunque prive della possibilità di un controllo sul tempo effettivamente speso per la propria attività;

– una riforma della Giustizia che preveda: l’istituzione di Sezioni Specializzate per tutte le materie più importanti per l’impatto sull’economia e sulla vita dei cittadini; l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, stabilendo in sua vece criteri oggettivi, da fissare periodicamente, che indirizzino l’attività verso la repressione dei reati in grado di suscitare maggiore allarme sociale e tengano conto delle probabilità di successo dell’indagine; l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, il cui contenuto evanescente ne fa un ostacolo all’attività amministrativa senza alcuna utilità sostanziale; e la riforma del processo civile di esecuzione, concentrando in unico giudizio tutte le possibili opposizioni e riducendo la discrezionalità nella concessione di dilazioni nel pagamento di quanto dovuto;

– l’adozione di incentivi che favoriscano l’adozione spontanea da parte delle imprese delle best practice internazionali a livello di governance, di gestione delle risorse umane e di crescita della produttività e il ricorso alla Borsa con strumenti finanziari già a disposizione, come le Azioni Sviluppo, che creino un patto tra guida imprenditoriale e investitori finanziari, mettendo a disposizione delle imprese adeguate risorse finanziarie conferite con il vincolo del pieno rischio, garantendo al contempo l’autonomia gestionale e la continuità del loro progetto industriale;

– una nuova politica del turismo, fondata sulla consapevolezza condivisa di come la cultura, il paesaggio, i paesaggi umani, il saper fare produttivo rappresentano tutti importanti valori aggiunti “spendibili” insieme anche sul mercato globale e diretta quindi a promuovere iniziative di valorizzazione reciproca del territorio, delle imprese che vi gravitano e dell’immagine-Paese, sviluppando anche operazioni di co-branding tra enti territoriali, consorzi DOP e IGP, operatori del comparto turistico e imprese industriali di eccellenza del territorio, in modo da presentare insieme sui nuovi mercati i punti di forza italiani dei diversi settori, promuovendoli vicendevolmente.

Serve infine una nuova stagione costituente, anzitutto a livello nazionale, per definire con chiarezza i rapporti tra Stato e Regioni in chiave di federalismo emulativo, e diversifichi il ruolo delle due Camere, perché senza una chiara assunzione di responsabilità, a tutti i livelli, le scelte decisive per il futuro del Paese verranno ancora rinviate; e poi anche a livello europeo, per trasformare l’Unione Europea un unico Stato Nazione, molto leggero ma autorevole sul piano internazionale, articolato in Stati federali nazionali a loro volta regionalizzati, in modo che rispettino le lingue, le tradizioni, la mentalità e i bisogni di ogni singolo Paese.

In questo modo dalla crisi che stiamo attraversando potrà nascere una nuova stagione di crescita e di sviluppo, con benefici per tutti.

Gli imprenditori possono e devono fare la loro parte, nella consapevolezza della propria responsabilità etica di produrre nuova ricchezza e di metterla in circolo, per il bene comune: la politica faccia la sua, mettendo da parte le divisioni e le contrapposizioni e operando concordemente per creare le condizioni di un nuovo miracolo economico italiano.

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Francesco Alberoni

Francesco Alberoni

Laureato in medicina, ordinario di Sociologia a Milano. Ha studiato il divismo L’elite senza potere (1963) ed è stato il fondatore della sociologia dei consumi in Europa: Consumi e società (1964). È il maggior studioso dei movimenti collettivi Movimento e istituzione (1977) e Genesi (1989), è il pioniere degli studi sull’amore: Innamoramento e amore (1979) tradotto in trenta lingue, un tema che ha continuato ad approfondire con L’amicizia (1984) l’Erotismo 1986) Ti amo (1996) Sesso e amore (2006) L’arte di amare (2012) Amore e amori (Edizioni Leima, Palermo, 2016). Con Cristina Cattaneo ha pubblicato L'universo amoroso (2017) e Amore mio come sei cambiato (2019)
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