La resa e il colpevole, in guerra e nella vita quotidiana

13 Gennaio 2021



La resa e il colpevole, in guerra e nella vita quotidiana
La resa e il colpevole, in guerra e nella vita quotidiana

Perché è cosi facile dare inizio a una guerra, a un conflitto ed è così difficile farlo terminare?

La prima guerra mondiale è esplosa quando in Europa c’erano molte nazioni estremamente potenti e ciascuna aspirava all’egemonia. Il motivo reale che condurrà al conflitto è sempre questo, l’egemonia, il primato. Ciascuna di esse poiché non può raggiungerlo da sola si allea con altre nazioni e la verifica del raggiungimento della superiorità può avvenire solo attraverso una prova reale: la guerra.

Ma salvo eccezioni, il motivo reale della guerra, la volontà di potenza, viene negato. Di solito essa viene motivata come difesa da un’aggressione o dal pericolo di un’aggressione, a volte anche solo da un danno come l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, attribuita a un complotto del governo serbo.

Ora passiamo alla fine della guerra. La guerra mondiale erroneamente era stata previsa breve, poi si è prolungata nelle trincee per anni con milioni di morti.

Perché, vista la spaventosa strage non attesa, la guerra non è stata interrotta?

Perché chi chiedeva la pace doveva dichiararsi colpevole, responsabile della guerra e di tutti quei morti. La pace non veniva pensata a somma zero, dichiarandosi entrambi colpevoli, entrambi danneggiati ed entrambi con interesse a finire. No, la pace è vista come un processo, una condanna con la punizione di un colpevole. E nessuno vuole esserlo. La guerra allora deve proseguire finché uno non si arrende e, arrendendosi, accetta di dichiararsi colpevole.

La resa è dichiararsi colpevole.

Una cosa così devastante, così sanguinosa deve per forza essere causata da una volontà malvagia che per prima cosa deve ammettere la sua malvagità e poi subire la punizione. Nel trattato di pace dovrà pagare le riparazioni, avrà la punizione.

E il processo non è diverso quando il conflitto è modesto, quando si svolge fra due famiglie e fra due persone, persino all’interno della coppia.

Di solito il conflitto non è mai provocato da uno solo. Anche quando è uno che attacca, che accusa, che offende, quasi sempre è perché l’altro lo ha irritato, provocato, talvolta portato all’esasperazione. Ma una volta esploso il conflitto, la lite, entrambi sono convinti che la colpa sia dell’altro ed esigono il riconoscimento della colpa, scuse e riparazione.

Adesso hai davanti due testardi che scoprono nell’altro ogni sorta di nequizie e malvagità. Il conflitto aperto è il momento massimo di deformazione e di denigrazione dell’altro.

Fino a pochi giorni prima della guerra mondiale i francesi potevano avere rapporti cordiali e di stima con i tedeschi. Pochi giorni dopo scoprivano che questi erano sempre stati malvagi, disonesti e crudeli. Con la pace dovrebbe avvenire un immediato simile rovesciamento di prospettiva, invece, come abbiamo visto, subentra la richiesta di una resa, cioè l’ammissione unilaterale di colpevolezza e questo impedisce la rappacificazione.

La pace

Dopo la prima guerra mondiale il trattato di Versailles impose dure riparazioni ai tedeschi e questo fu un fattore che portò alla guerra successiva. E perché questa richiesta di resa? Perché durante il conflitto era stata elaborata un’immagine mostruosa, demoniaca del nemico, che viene creduto capace di ogni male e responsabile perciò di ogni colpa. È a questo mostro che chiedi la resa e di cui esigi la punizione. Una costruzione mostruosa dell’odio e dell’immaginazione che può durare nel tempo.

Nelle guerre antiche ed extraeuropee il “nemico” vinto veniva semplicemente ucciso. La sua malvagità e la sua colpa  stavano nell’aver voluto combattere contro di te.

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Francesco Alberoni

Laureato in medicina, ordinario di Sociologia a Milano. Ha studiato il divismo L’elite senza potere (1963) ed è stato il fondatore della sociologia dei consumi in Europa: Consumi e società (1964). È il maggior studioso dei movimenti collettivi Movimento e istituzione (1977) e Genesi (1989), è il pioniere degli studi sull’amore: Innamoramento e amore (1979) tradotto in trenta lingue, un tema che ha continuato ad approfondire con L’amicizia (1984) l’Erotismo 1986) Ti amo (1996) Sesso e amore (2006) L’arte di amare (2012) Amore e amori (Edizioni Leima, Palermo, 2016). Con Cristina Cattaneo ha pubblicato L'universo amoroso (2017), Amore mio come sei cambiato (2019) e L'amore e il tempo (2020), Il rinnovamento del mondo. E' mancato il 14 agosto 2023.

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