La noia

28 Aprile 2021



La noia
Jove Decadent (1899) Ramon Casas

Charles Baudelaire, "poeta maledetto" considerato il padre della poesia moderna, del quale ricorrono in questi giorni i duecento anni dalla nascita, dice che la noia è il miglior consigliere per il delitto.

Un delitto verso l'altro o anche verso se stessi?

Per aggirare una "noia mortale", chi o che cosa, dobbiamo eliminare? Di quale delitto dobbiamo macchiarci?

Per Baudelaire è stata, in certi momenti, la scelta di una vita dissoluta e autodistruttiva.

Una sorta di indifferenza creativa, una sospensione del tempo e dell'opportunità di viverlo, questo è il delitto cui la noia può portare .

Ma soprattutto, il delitto verso se stessi è bloccare un'energia vitale e creativa, ottundere la mente e il corpo attraverso dipendenze di vario genere e comportamenti a rischio.

Nel 2003 uno studio della Columbia University ha rilevato che gli adolescenti che affermavano di essere spesso annoiati, avevano più del 50% di probabilità, rispetto agli adolescenti non annoiati, di diventare dipendenti dalle droghe e dall'alcool. Sono passati vent'anni e vediamo emergere ulteriori forme di dipendenza, come per esempio, quella dalla pornografia o dai social network.

Come la droga, la pornografia è un "terzo" che può essere devastante nelle relazioni umane in generale e in particolare nella relazione di coppia, poiché la percezione dell'altro viene continuamente distorta e alterata e questo crea confusione e ambiguità.

La noia è la sorella minore della paura, è non saper riempire la giornata.

Chi non riesce a lasciare una propria impronta nel tempo, si annoia.

È condizionato dall'orologio che scorre e appiattisce come una macina di granito chi non si muove, chi non si accorda con lui.

La noia è dunque paura del tempo e, per estensione, paura della diversità, perché il passare del tempo ci rende diversi.

Del resto il termine deriva dal latino tardo inodiare: odiare il tempo che si manifesta come un infinito presente senza nostalgia o rimpianto per il passato ma anche senza attese e speranze rivolte al futuro.

La storia ci ha insegnato come la paura della diversità possa trasformare l’uomo anche in un assassino. La paranoia che può, in certi casi, subentrare alla noia, nasce dalla visione di un diverso, un «altro», impossibile da riconoscere, se non come un nemico.

Ecco allora che la noia è un mantello scuro, una cappa plumbea, che forse aiuta ad affrontare questa diversità, che è poi dentro ogni individuo: il temuto, inquietante e familiare "altro», una parte del Sé ignota e inconscia.

Se lasciamo il nostro Sé esprimersi, se ci consentiamo di essere creativi, allora la noia si sfalda. Non serve più perché la la "temperatura" cambia, e l’Io non ha più bisogno di quella coltre protettiva, ma pesante. L’individuo che si faccia accendere dalla curiosità di scoprire il diverso in se stesso, e di conseguenza negli altri, si libera della noia.

La noia è la condizione di chi non vuole sentire, di chi vuole schivare la voce che ha dentro di sè immergendosi in un’inazione piatta, tiepida.

La noia è distruttiva, è un buco nero di energia vitale, che assorbe e lascia l’individuo senza contatto.

Non c'è niente di più pericoloso di soggetto "assente", per sé e per gli altri che gli stanno intorno.

Allo stesso tempo l’inerzia che la noia sostiene è un alibi molto seducente, un modo di non dire che ci si sente impotenti, un modo di non voler vedere parti depresse e sofferenti dentro di noi.

Pertanto, come mi disse un paziente: «Nella noia il "noioso" diventa alla fine l'altro che, se non esistesse più, tutta la vita riprenderebbe colore e vitalità».

Ma cosa può pertanto essere efficace contro la noia? Una vitale esperienza creativa.

Blaise Pascal nel Seicento affermava che tutti i guai dell'uomo derivano dal non saper star fermo in una stanza.

L'attuale pandemia, che ha costretto all'isolamento e alla clausura, ha sconvolto le abitudini sociali di un mondo sempre più proiettato verso l'esterno, inducendoci a fare i conti con il nostro mondo interiore e facendoci scoprire anche la noia.

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Claretta Ajmone

Clara Ajmone, psicologa clinica e psicoterapeuta, ha lavorato per più di trent'anni in ambito psichiatrico, nelle Strutture Territoriali e Ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale. Fino al 2009 è stata Responsabile della Struttura di Psicologia dell'Ospedale di Niguarda, dove ha svolto attività di Psicoterapia individuale, familiare, di coppia e di gruppo. È stata didatta e tutor per psicologi allievi di varie scuole di psicoterapia.

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