La dimenticanza non è ingratitudine

15 Ottobre 2019



La dimenticanza non è ingratitudine
La dimenticanza

La dimenticanza non è disconoscenza o ingratitudine.

Buona cosa è la dimenticanza!
Altrimenti come farebbe il figlio ad allontanarsi
dalla madre che lo ha allattato?

Nel messaggio universale di questa Poesia, Bertold Brecht ci dà un suggerimento salvifico per la nostra continuazione. Un avvertimento.
Dobbiamo imparare a staccarci dall’origine, dal tappeto della memoria srotolato per il nostro futuro, avendo consapevolezza sì della nostra genesi ma alzando la testa e muovendo passi, oltre la linea della nostra conoscenza, del nostro scibile.

Questo ci serve per realizzarci.

Così come l’allontanamento dal nido è necessario a ogni volo, il distacco dal Maestro è necessario per la crescita e per un nuovo apprendimento.

Quando il sapere è dato, l’allievo deve mettersi in cammino.

Affrancarsi dal passato non vuol dire rinnegarlo o dimenticarlo.

La “dimenticanza” di cui parla Brecht è tutt’altro che disconoscenza o ingratitudine o mancanza di memoria.

Anzi è conservativa del bene ricevuto.
Non è quindi da intendersi disconoscenza di un valore. La dimenticanza di Brecht non muove un meccanismo perverso di ingratitudine. Ci sono persone “benificate” che dimenticano chi le ha aiutate e non sopportano il peso della gratitudine, provando persino risentimento; esercitano, tout court, abbandono, disprezzo, dileggio, mancanza di rispetto, alimentando pensieri che si avvicinano alla maleficenza piuttosto che alla restituzione umana, di quanto ricevuto, di benefico. Vuoi per una scarsa empatia, vuoi per una scarsa predisposizione alla benevolenza, o all’incapacità di un’analisi critica del proprio agito.
La dimenticanza di Brecht è altro: è la messa in atto di un processo evolutivo, mentale, sociale nella consapevolezza di quello che è necessario, e mai si allontana dal senso poetico della vita.
Brecht non dice di rimuovere la storia, ma anzi di prenderne atto. La memoria è sapienza, è un indizio di saggezza, è la base per edificare il futuro. È la mappatura dei valori di ogni individuo, di ogni popolo, di ogni nazione.

Stabilisce l’ordine etico di ogni essere vivente.

Sarebbe magico se l’uomo potesse conservare il ricordo dei primi istanti di vita, il sapore del colostro, la carezza di una madre, la scoperta della vita.
Sarebbe bello poter archiviare queste informazioni sensoriali emotive, così delicate e dolci, nella nostra memoria, per renderle eterne; forse ci avvicineremmo tutti a una dottrina superiore. Non sempre però la memoria veicola il buono. Ci sono ricordi da cancellare, strappi e abbandoni da riparare. La memoria talvolta potrebbe schiacciarci, dunque occorre  superarla e andare oltre.
La dimenticanza è lo slancio strategico verso il nuovo. È quel lasciar andare che lenisce i dolori e permette di ricostruirsi.
È questo il valore virtuoso della poesia di Brecht.

La fragilità della memoria
dà forza agli uomini.

La memoria non deve essere ottusa, ma malleabile, (non nell'accezione negativa di manipolabile o falsificabile).
La memoria dovrebbe avere il carattere della morbidezza, bisognerebbe poterci infilare le mani dentro per ripulirla di tutto quello che è spigoloso, dai cocci taglienti degli errori, di quanto non funzionale all’armonia, e di ostacolo alla forza di guardare avanti. Al coraggio di cadere, al coraggio di rialzarsi.

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Luisella Pescatori

È direttore artistico e della didattica di Atelier la sua agenzia letteraria di Milano. Si occupa di editoria, di comunicazione e di rappresentanza di autori. Professionalmente si forma in Teatro, recitando in diverse compagnie di giro, in spot pubblicitari, in produzioni cine-televisive. Il Teatro è oggi uno dei plus delle sue docenze, esclusivamente individuali, di scrittura creativa. Ha lavorato per diversi anni in un’importante web agency milanese. È coautrice de “La profezia delle triglie” testo adottato come materia di studio al corso “Sociologia della devianza” Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Università della Calabria. Scrive su Huffpost.

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