La gentilezza apre le porte

30 Ottobre 2019



La gentilezza apre le porte
la gentilezza

“La gentilezza che nasce da una limpida disposizione interiore disarma, fa cadere le resistenze, i pregiudizi e apre porte che altrimenti resterebbero chiuse”.

In questa sua affermazione, il Professor Alberoni ha già detto tutto, sulla gentilezza.

Nasce da una limpida disposizione interiore

La gentilezza è una predisposizione dell’animo umano, una condizione dell’essere e si manifesta con quei modi di fare che pongono attenzione agli altri, alla loro cura, al buon senso.

La gentilezza è l’ascolto istintivo, intuitivo, dei bisogni degli altri, è il rispetto del prossimo, è la delicatezza spontanea dei piccoli gesti.

È fare qualcosa di buono senza, delle volte, conoscere la persona beneficata. È accorgersi degli altri, anche quando questi ci sono estranei.

Cedere il passo a un viandante o il posto in autobus a uno sconosciuto carico di pacchi, a una persona visibilmente stanca, a una donna incinta, a una donna anziana, sono tutti gesti gentili.

Bisognerebbe contarli, quelli fatti e quelli ricevuti in una giornata, per abituarci alla gentilezza.

La disposizione interiore alla cortesia è, come già detto, l’inclinazione naturale dell’essere. Non nasce quindi da impostazioni accademiche, non è avvicinabile al sapere suggerito dal Galateo e non ha nulla di assimilabile alle buone maniere affettate.

Il Galateo infatti impone un’educazione standardizzata e spiega come comportarci nelle più disparate occasioni, detta regole comportamentali che esulano dall’intimo sentire.

La gentilezza, invece, supera egoismi e preconcetti, ed è un agire spontaneo.

Chi non urla al telefono in un luogo pubblico, per esempio, è gentile o usa le cosiddette "buone maniere" tipiche del Galateo?

È gentile se non urla per rispetto al luogo, alla situazione in cui si trova, e alle persone che lo circondano.

Se invece non urla per non subire il giudizio degli astanti, per dare un’immagine candida di sé (e magari dentro maledice il posto, la situazione, chi gli sta intorno) o non urla ma parla sottovoce per non far sentire ciò che dice, non è gentile, non ha un reale interesse per chi lo circonda ma spaccia gentilezza e altera la realtà.

Chi è gentile lo è spontaneamente, anche in un momento di disaccordo, o di animosità e con quel senso di concordanza e di compartecipazione assoluto.

Ma dunque qual è il contrario della gentilezza?

Non è la maleducazione ma l’indifferenza. Il non arrivarci.
La gentilezza non si impara come l'educazione. Se una persona non ha gentilezza d'animo potrebbe non "arrivarci", perché non è mossa da quella limpida disposizione interiore, citata all'inizio, che lo porta verso l'altro.

È infatti la gentilezza un’arma contro la paura e l’isolamento, contro l’esilio sociale. È tatto, è tattile.

Esempio: La persona educata sa che deve aiutare il vicino di casa in difficoltà ma si dispiace di macchiarsi la camicia nel farlo.
La persona gentile non si preoccupa della camicia ma solo di aiutare il vicino di casa.
La gentilezza può essere compresa nella buona educazione ma non (necessariamente) viceversa.

La mancanza di gentilezza, che molti lamentano nel quotidiano, non è altro che la disgraziata condotta di un popolo autoimmune, che si comporta in modo autodistruttivo e agisce contro se stesso.

L’auto immunità è quell’alterazione del sistema di difesa di un organismo che non consente più (all’organismo stesso) di “riconoscere” come proprie alcune cellule quindi le aggredisce, le attacca, come fossero letali.

Ipotizzando le cellule come metafora delle virtù ecco spiegato uno dei malanni che sta colpendo l’umanità e la sua possibile evoluzione.

Fa cadere le resistenze, i pregiudizi

È la forza di un sorriso che abbatte le barriere. Chi è gentile vede (meglio dire “intuisce”) e comprende il bisogno, il timore, le speranze, le paure degli altri.

La gentilezza rende migliori; si veste sempre di Bellezza e più è estemporanea, inaspettata, non programmata (in pratica: meno la si aspetta) più sorprende, alleggerisce gli animi ed è efficace.
Un gesto gentile offre l’opportunità di vedere le circostanze in modo migliore. Distende le tensioni ed è quindi disarmante. Rende felice chi lo riceve ma anche chi lo fa.

Chi lo riceve ha una visione più serena di quello che lo circonda, di quello che gli accade. Chi lo compie si sente bene, aumenta il senso di fiducia verso gli altri.

Sì, la gentilezza può accadere. L’importante è rendersene conto, accorgersene.

Apre porte che altrimenti resterebbero chiuse

La gentilezza è un gesto in apertura, è un gesto verso (nei confronti di) qualcuno, abbatte lo sbarramento dell’individualismo e sollecita pensieri virtuosi: empatia, tolleranza, accettazione.

Guarda al mondo con gli occhi di un cerbiatto; non a caso, per i Nativi Americani è il cerbiatto l’animale totem della gentilezza, oltre che della delicatezza e dell’innocenza, qualità che si accompagnano alla gentilezza stessa.

La delicatezza infatti è quel “sentire” che spinge all’agire in modo gentile e l’innocenza (che non contempla il male) è avulsa dal malvagio, come ogni atto di pura cortesia.

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Luisella Pescatori

È direttore artistico e della didattica di Atelier la sua agenzia letteraria di Milano. Si occupa di editoria, di comunicazione e di rappresentanza di autori. Professionalmente si forma in Teatro, recitando in diverse compagnie di giro, in spot pubblicitari, in produzioni cine-televisive. Il Teatro è oggi uno dei plus delle sue docenze, esclusivamente individuali, di scrittura creativa. Ha lavorato per diversi anni in un’importante web agency milanese. È coautrice de “La profezia delle triglie” testo adottato come materia di studio al corso “Sociologia della devianza” Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Università della Calabria. Scrive su Huffpost.

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