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Il web ci ha schedato tutti?

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Nel libro L’errore di Cartesio, Damasio, mostrava, con un esempio brillante, la superiorità della mente umana rispetto al computer. Lo studioso rivelava divertito che la velocità di una donna che aprendo l’armadio la mattina deve scegliere l’abbigliamento per la giornata è assai superiore a quella di qualsiasi computer. Il suo cervello è in grado in pochi minuti di processare una miriade di informazioni e di scegliere con sicurezza l’abito adatto per la giornata, considerando gli impegni che l’aspettano, la temperatura, il clima…. e soprattutto il suo umore.  Inoltre la donna non sceglie solo in funzione dell’esterno:  sa che l’abito la deve far sentire a suo agio, deve sentirlo suo, deve farla star bene. Damasio osservava che l’essere umano vince proprio a causa della parte emotiva che gli permette di operare velocemente la sintesi e prendere una decisione. Non c’è dubbio che mentre il computer passa in rassegna ogni abbinamento possibile, la donna è già uscita da un pezzo di casa vestita di tutto punto.

Computer e uomo sempre più simili

Ma dalla pubblicazione di quel libro molte cose sono cambiate. L’evoluzione dell’intelligenza artificiale sta avvicinando sempre più uomini e computer. L’enorme trasformazione introdotta dal  web semantico è  stata una vera rivoluzione nella rivoluzione.  Ma vorrei riportare l’attenzione sul nostro ruolo di consumatori: siamo noi, attivamente, se ci pensiamo, che  attraverso ogni clic nel corso della nostra giornata forniamo preziose informazioni ad algoritmi sempre più evoluti. E questi algoritmi sono in grado di memorizzare e decodificare  le nostre reazioni emotive. Quando entriamo nel mondo dei social è come se indossassimo tutti un “social-emotive holter” . La portata conoscitiva delle informazioni che rilasciamo è enorme, perchè noi continuiamo a reagire e se sai come reagisce una persona l’hai in pugno.
Come rileva Federico Mello, una svolta epocale fu la comparsa del  tasto “mi piace”  in Facebook – da un giorno all’altro   Zuckenberg  ci aveva resi tutti tifosi, aveva cancellato la nostra neutralità. Improvvisamente ci accorgevamo che anche non cliccarlo era un’informazione rilasciata a tutti.  Da allora sono passati quasi dieci anni e ci siamo abituati, tanto che negli ultimi due anni, ci vengono direttamente richieste informazioni che ci riguardano e opinioni su tutto.

Cibo emotivo

I social infatti non ci danno informazioni, ma soprattutto  cibo emotivo, non importa se è positivo o negativo, ma che scuota. Ricordate l’esperimento delle scimmiette di Harlowe?  Se dovevano scegliere tra una madre di ferro ma piena di latte e una calda e morbida come un peluche ma senza cibo,  andavano dalla seconda.  Anche gli esseri umani posti in situazioni simili si comportano così.
Ogni volta che vedo un bambino magro che tende la mano, soffro; un gattino stupendo che gioca, mi intenerisco; un cane grasso sulla bilancia che dice: è colpa del collare, rido e penso che è ora di mettermi a dieta. Mi identifico con lui, nel cane, con un gatto, un coccodrillo, talvolta persino con un oggetto. Quasi tutto sui social è umanizzato. Quando vedo l’immagine di uno tsunami ho paura che possa arrivare sino a me che sto in montagna, la provocazione sopra le righe di un agitatore mi fa sentire non protetta dal mio paese. Tutte queste situazioni informative, prive il più delle volte di un contesto reale e verificato mi portano immediatamente a schierarmi, o con ciò che vedo o contro ciò che vedo. Ma quello che vedo è solo un’immagine, come se vedessi una lama che emerge dall’acqua e penso che sia una pinna di squalo. Non mi accorgo che non vedo lo squalo e non vedo neppure l’acqua e se vedo una cosa che sembra una pinna può essere qualsiasi cosa ma sono ormai irrimediabilmente presa. Il buddismo, duemila anni fa, già era consapevole e metteva al primo posto del “nobile sentiero”, la retta visione. Era già noto che il nostro sistema di allerta, la reazione neurofisiologica del corpo, precede di molto la discriminazione razionale.

Monitorati 24 ore su 24

Che lo sappiamo o no, tutti i nostri comportamenti sono monitorati e registrati, giorno dopo giorno e registrati in potenti archivi di proprietà di poche società, con poche migliaia di dipendenti che fanno profitti elevatissimi. La ragione dei loro profitti sono le informazioni che noi  assicuriamo. L’algoritmo non dorme mai ed è progettato per carpire le informazioni più importanti che possiamo fornire gratuitamente: bisogni e desideri. Grazie a queste indicizzazioni  sanno molte cose di ognuno di noi. E oggi  vincono anche la sfida di Damasio. Mentre la donna sta ancora guardando dentro l’armadio, l’algoritmo l’avrebbe già portata in ufficio vestita di tutto punto.

Gli effetti di questo capovolgimento? Immensi e incalcolabili.  Ci mettiamo sempre più nelle mani del nostro suggeritore, siamo sempre più passivi e viziati. Ma se riflettiamo ciò che sta accadendo rivela sempre più la nostra illusione che il web sia realmente una tecnologia interattiva.

Solo una minoranza di persone, che continua quotidianamente a leggere molto (e non solo chi la pensa come lui), chi studia in modo approfondito e si pone obiettivi altamente sfidanti, perlomeno a livello di comprensione, riesce ad avere un’attività mentale così intensa da contrastare il contagio mentale. Anche chi ha un pensiero divergente ma strutturato e coltiva la propria autoeducazione in modo anticonformista, può contrastare una tale pervasività.

L’algoritmo si combatte forgiando continuamente il proprio  pensiero concettuale e allenando la memoria a lungo termine, un tema che merita un approfondimento a parte. Lo studio della storia, la comprensione di ciò che è accaduto in altre epoche e culture, la lettura dei classici sono sempre un antidoto. Anche praticare il dubbio metodico. Per esempio chiediamoci se davvero la rete sia un luogo di democrazia e libertà.  Cerchiamo sempre il riferimento reale fuori dal mare di internet. per esempio, quando mi collego a Facebook parlo con i miei amici e non vedo  Zuckenberg. Ma lui è il padrone di quella casa, di ogni informazione che inserisco. Lui  da solo, che infatti detiene il 60% delle azioni di Facebook e Instagram.  E Facebook è solo un esempio: potremmo parlare di Google o di Amazon: il web è in mano a pochi potenti e ricchissimi giganti in grado di esprimere un  potere sovranazionale il cui raggio d’influenza e di azione è incalcolabile.

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi. i Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence) e Amore mi come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori)
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