Ospitalità ed accoglienza sono energie sociali sulle quali ci si interroga, sul piano religioso, normativo, culturale e persino commerciale. Nella pratica il senso di tali energie si dà per assodato. L’esperienza prende il posto dell’esperimento. Mi spiego meglio. Ad esempio come funzioni il nostro respiro non ci interessa. Non siamo neppure consapevoli dell’atto perché ne facciamo continua esperienza. Se dovessimo sperimentare il respiro, come al primo vagito del neonato, dovremmo interrogarci sul suo significato. Intendo fare proprio questo con il termine Ospite.
L’esperienza d’ospitalità ed accoglienza è presente in ogni luogo e tempo. Come scriveva J. Soldini in -Resistenza e Ospitalità- “L’ospitalità non è di per sé patrimonio di una tradizione particolare, ma è di ogni cultura che sappia mettersi in crisi per rigenerarsi, per reinventarsi, di ogni soggetto che attivi positivamente il suo essere soggetto-a, il suo essere soggetto ospitante - ospitato”. Ci ricorda che siamo ospiti volenti o nolenti. Siamo specchiati in chi ci viene a trovare. Per dirla in altri termini, usando le parole del poeta A. Rimbaud “Io è un altro”.
Guardando nell'oggi, troviamo questo specchiarsi. L’io-altro è in primo piano nei grandi centri urbani dove vive quasi il 55% della popolazione planetaria -stanzialità per oltre 4 miliardi di persone-. L’amico-nemico è negli spostamenti migratori dal sud al nord del mondo -chiamiamola erranza- che riguarda quasi un miliardo di persone (fonte International Organization for Migration). Ci siamo dentro tutti. L’azione dell’ospitare e dell’accogliere sono intrecciate e rimandano l'una all'altra.
Consideriamo la parola ospite, per come ne facciamo oggi uso. Permane da molti secoli un’ambivalenza di significato, al tempo stesso sconcertante e preziosa. Ospite che ospita e ospite che è ospitato. Le origini etimologiche latina e greca lo attestano. C'è molto del rapporto umano con la divinità nel mondo greco classico.
Ce lo ricorda un altro poeta, il polacco Norwid (1821-1883) quando scrive che “nell'Odissea dietro qualsiasi forestiero, mendicante o vagabondo, si sospettava un essere divino. I greci dell'epoca omerica non conoscevano l'ultimo degli uomini! L'uomo era sempre il primo, cioè divino”. La religione che "rilega" le esperienze umane al divino, nella tradizione ebraico-cristiana, riverbera l’ospitalità. Leggiamo in Apocalisse 3,20 “Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. Qui leggiamo dell’altro, della soglia d’incontro. Varcare una soglia è il passo verso la conoscenza, dell’altro da sé e pure del sé che incontra l’altro.
Sarà interessante proseguire il viaggio sperimentale versò la scoperta dell’ospitalità ed accoglienza, soffermandoci sull'etimologia, la storia e la poetica. Da li confido si potrà arrivare ad un senso moderno del termine ospitalità, così fortemente correlato all'economia umana. Fra i termini greci xenos -straniero-, oikos -casa-, nomos -le regole- ed il termine latino hostis, il viaggio ci porterà a conoscere l'ospitalità in modo meno superficiale.