Ascoltare il silenzio

26 Maggio 2021



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Articolo di Grazia Chiesa

 

“Il silenzio apre all’uomo l’abisso del nulla e del tutto...” ( Michele Iodico).

Nel passato gli uomini consideravano il silenzio preziosa abitudine, necessaria per la riflessione sugli accadimenti del mondo.
Gli uomini cercavano il silenzio per meditare, per pregare o per ritrovare la serenità; per farlo si recavano in “Santuari muti” come le foreste, il mare aperto, la montagna, la notte. Nel silenzio, lontano dal mondo, l’uomo poteva ascoltare i suoni della natura e trovare la pace e la solitudine.

Nella storia dell’uomo abbiamo avuto due momenti decisivi: il primo, circa 12.000 anni fa, segnato dal passaggio dalla vita nomade alla vita sedentaria con la nascita del paesaggio rurale, caratterizzato dai suoni della campagna e della fattoria; il secondo avvenuto negli ultimi secoli con il passaggio dalla campagna alla città, la rivoluzione industriale partita dall’Inghilterra e la rivoluzione elettronica dopo.

Con la rivoluzione industriale
il paesaggio sonoro cambiò, furono introdotti nuovi suoni che ebbero conseguenze disastrose sui suoni della natura. Iniziò “la cacofonia del ferro” con il rumore delle macchine a vapore, le prime automobili e, la frenesia della vita di città, prese il posto alla tranquillità della vita di campagna.
Il pulsare della macchine, le loro vibrazioni, ebbero un effetto anestetizzante sull’uomo che, anche grazie alla linearità di questi suoni, sempre permanenti, ha cominciato a vedere nel rumore il simbolo del potere: l’uomo che possiede uno spazio acustico maggiore è più forte di un uomo che ne è privo.

Con la rivoluzione elettrica
arrivarono le apparecchiature elettroacustiche (telegrafo, telefono) che permisero alle persone di parlarsi anche se non erano vicine; tutti i suoni poterono esser amplificati e riprodotti grazie ai nastri e ai dischi; arrivò la radio e poi la televisione ed ebbe inizio “la schizofonia”, da schizo = divisione e phoné = voce.
Tutti questi cambiamenti portati dal progresso hanno radicalmente cambiato le abitudini percettive e il nostro paesaggio sonoro al tal punto che nella società moderna il silenzio totale si è trasformato in un’esperienza terrificante, in un vuoto da colmare con il rumore, con i suoni e le parole, spesso pronunciate senza riflessione.
L’umanità ha iniziato a produrre suoni per ricordarsi di non essere sola, pensando al silenzio come ad una prerogativa della morte, attribuendogli una connotazione negativa, temendo la morte come non aveva mai fatto prima.

Alcuni musicisti contemporanei hanno cercato di ridare al silenzio la giusta importanza, anche rischiando di andare “controcorrente”. Potrebbe sembrare curioso che proprio un musicista, spesso ossessionato dalle note e dal suono, ricerchi il silenzio ma, nella mia esperienza di musicista, posso confermare che la musica, la composizione, la prima nota e quella che la segue subito dopo, sono circondate dal silenzio.

La musica, la ritmica e la melodia altro non sono che una successione di suoni e silenzi.
Per questo motivo John Cage, musicista e compositore, entrò in una “stanza anecoica” (stanza completamente insonorizzata) e riuscì comunque ad udire un suono alto, dato dal sistema nervoso, e un suono basso, dato dalla circolazione sanguigna.
Dedusse così che : ”il Silenzio non esiste, ma c’è sempre qualcosa che produce un suono”. Per Cage il Silenzio diventa un’occasione per sentire suoni che altrimenti non ascolteremmo o per produrre nuove melodie, componendo così, una delle sue opere più famose e discusse: la 4 minuti e 33 secondi.

 

Ascoltare il silenzioGrazia Chiesa, laureata in filosofia a Pavia; musicista.
Si è diplomata in Musicoterapia e pedagogia musicale presso l'Istituto musicale C. Vittadini di Pavia. Dal 2011 lavora come docente di scuola  primaria presso il Ministero dell'Istruzione.

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