Il reggiseno ricamato, le mutandine di pizzo morbido, la sottoveste, il body, poi il vestito con i tessuti di colori combinati drappeggiato attorno al corpo, la foggia dei capelli e poi il trucco, il rossetto, poi i braccialetti le collane gli anelli, il rossetto, costituiscono “l'alta uniforme” della donna, la cui cerimonia di “vestizione! richiede ore ed ore di preparazione. E che l’uomo scompagina in un attimo per tirarne fuori il corpo nudo che ci sta dentro, un capolavoro di abbigliamento, trucco e parrucco, un prodigio di cosmesi tanto più prezioso quanto più complesso, difficile, ricercato, costoso che viene offerto all'uomo perché lui lo distrugga come in un potlatch. E questa la vera “deflorazione” che la donna subisce ogni volta che si dà all'uomo che le piace, la verginità che ogni donna offre ogni volta al suo amante e che costituisce la vera misura del suo amore per quell'uomo o, perlomeno, del valore che gli attribuisce.
L’ultima barriera, l’ultimo vestito da sera elegante che la donna conserva prima di restare nuda è l’intimo. E l’ultimo momento della deflorazione. Ma poi, dopo la deflorazione la donna non resta nuda, non gira nuda per casa con l'uomo che ama, le sembra di non avere nulla da offrirgli. Mette una vestaglia il più possibile elegante. Quando si riveste pensa di farlo per sé stessa, deve tornare vergine, cioè vestita, in realtà lo fa, sia pure inconsciamente, per far ripartire il corteggiamento. L’abbigliamento del “prima” e del “dopo” sono perciò profondamente ispirate da emozioni e fantasie diverse.