È ben noto che ci stiamo sempre più orientando verso relazioni brevi e superficiali anche se continuano a esistere amori profondi e duraturi. La cosa appare evidente se
osserviamo il graduale aumento delle separazioni e dei divorzi in Italia nel ventennio compreso fra il 1995 e il 2015 (data dell’ultima rilevazione Istat). Se, infatti nel 1995 su 1000 matrimoni c’erano circa 159 separazioni e 80 divorzi, nel 2015 le separazioni sono più che raddoppiate (340) e i divorzi sono quasi quadruplicati (298).
Ma quanto questi dati rispecchiano il reale mutamento nei rapporti di coppia? Quanti matrimoni erano già fallimentari nel passato ma non si scioglievano per salvare le apparenze? E più recentemente, quanti avrebbero già voluto divorziare e non lo hanno fatto semplicemente perché quel percorso era difficile e costoso? La risposta ce la dà l’impennata subita dal numero dei divorzi nel 2015 con un aumento del 57% rispetto all’anno precedente, aumento che si conferma anche nel 2016 con un ulteriore 15,8%, arrivando a ben 137.715, mentre le separazioni sono aumentate solo del 2,7%.
La spiegazione non va ricercata nell’inasprirsi improvviso delle crisi coniugali, ma in due grandi cambiamenti delle norme sul divorzio: la semplificazione della procedura con una conseguente riduzione dei costi, e la Legge sul “divorzio breve” che ha accorciato i tempi di attesa da tre anni a sei mesi in caso di separazioni consensuali e a un anno se la separazione è giudiziale. A questi motivi vanno aggiunti i cambiamenti dei parametri negli assegni divorzili che hanno rivoluzionato il concetto di “mantenimento” riducendone l’ammontare per i coniugi autosufficienti. Tutto questo ha portato da un lato a una maggiore accessibilità del divorzio e a un costo ridotto, e dall’altro ha anticipato la conclusione dei divorzi già in corso.
Anche dopo l’impennata degli ultimi due anni, tuttavia, l’Italia rispetto all’Europa, presenta ancora un tasso di divorzi intermedio fra il minimo di Malta (12,4%) e il massimo del Lussemburgo (65,5%). [dati Eurostat anno 2015]
Per quello che invece riguarda le separazioni, negli ultimi vent’anni, è raddoppiata la percentuale di quelle che avvengono dopo molti anni di matrimonio. Infatti, quasi un quarto di quelle registrate nel 2015 (23,5%) avviene dopo le nozze d’argento tanto da portare la durata media delle unioni a ben 17 anni. Così, se un tempo si parlava di crisi del settimo anno, ora le si aggiungono dieci anni. Di conseguenza, l’età media dei mariti richiedenti si sposta dai 35-39enni ai 45-49enni (per le mogli l’età media diventa 45 anni).
Dimezzano, al contrario, le separazioni entro i primi cinque anni di matrimonio (dal 24,4% del totale delle separazioni del 1995 al 12,1% del 2015). Possiamo quindi dire che i nuovi matrimoni siano più saldi di quelli contratti in precedenza? No, perché anche questo dato va interpretato tenendo conto della diminuzione dei matrimoni negli ultimi anni (e di conseguenza delle separazioni) rispetto a quelli contratti vent’anni fa, circa tre volte più numerosi dei primi.
Da questi pochi dati riportati emerge chiaramente che occorre sempre leggere i numeri che ci vengono presentati tenendo conto sia del contesto sociale generale sia di altri fattori che direttamente o indirettamente possono influire sul loro andamento e aiutarci a spiegarlo.