Alcune parole con significato apparentemente affine vengono utilizzate come sinonimi: la festa, le ferie e la vacanza. Mentre il termine ferie nasce in contrapposizione a festum latino per indicare i giorni che sono non di festa, ma sono appunto, feriali, gli altri due termini sono più ambigui: parliamo indifferentemente di festività natalizie e vacanze pasquali. E tuttavia la loro origine è diversa.
La vacanza nasce con l’attività lavorativa strutturata, con il lavoro dipendente, è legata al lavoro moderno, al lavoro continuo che richiede di tanto in tanto delle sospensioni. La vacanza allude infatti a un’assenza: il posto è rimasto vacante perché chi lo occupava si è allontanato temporaneamente, ad esempio per riposo. I contadini non avevano vacanze. Avevano dei lunghi periodi, per esempio in inverno, in cui non lavoravano. Anche l’attività degli artigiani era legata alla domanda e quella dei costruttori, dipendeva dal clima e dal tempo. Ma tutti onoravano la festa, anche nei momenti di lavoro più intenso, perchè la festa è uno stringersi della comunità intorno ai suoi valori più importanti: ricorda chi siamo, da dove veniamo, quali sono le nostre radici, i nostri riti, i nostri culti.
Nella festa solenne tutto marca la differenza: si mettono gli abiti della festa, si canta, si suona, si balla, si mangiano cibi raffinati senza badare a economie, si fa l’amore. Fromm ha dedicato belle pagine nel libro Avere o essere, alla qualità del tempo dell’essere che si può manifestare più facilmente nel tempo di festa, quando non siamo soggetti a obblighi esterni, al pensare finalizzato, alla produttività. E questa attitudine umana è molto antica, presente già nelle più antiche comunità che, prima delle religioni monoteiste celebravano la natura e i suoi cicli , il solstizio l’ equinozio o pregavano gli dei.
Di conseguenza se la vacanza è legata al significato moderno del lavoro, il significato della festa non ha nulla a che vedere con essa.
I dibattiti ricorrenti sul tema del lavoro nel giorno di festa tendono a confondere festa e vacanza. La giornata del signore di una volta costringeva infatti tutti al non lavoro. Non si dovrebbero allora guidare i mezzi pubblici o tenere aperti i cinema i ristoranti, gli ospedali. I taxi dovrebbero riposare. E analogamente ognuno dovrebbe poter fare festa nel giorno sacro della sua religione. Il venerdì gli islamici, il sabato gli ebrei, la domenica i cattolici.
Il nostro tempo di riposo è sempre meno tempo di festa e sempre più una vacanza. tanto che appena si ha qualche giorno si parte per le vacanze, ci si allontana. La festa allora è qualcosa di soggettivo che serve a ciascuno di noi per allontanarsi prendere fiato, evadere. Non importa dove vai purchè tu ti allontani.
Un fenomeno che il mondo antico ignorava totalmente: per loro il viaggio era qualcosa di serio e sacro allo stesso tempo. ad esempio il pellegrinaggio, in cui uno partiva e lasciava tutto per anni, sapendo anche che si poteva non tornare. Ma anche in quel caso non si trattava di una vacanza, di uno stacco, di un riposo per tornare al mondo di sempre, ma di un altro tempo sacro.
I nostri tempi di vacanza sono momenti di assenza e allontanamento , in cui ricerchiamo il distacco, lo svuotamento, qualche voltala fuga temporanea da una realtà fastidiosa alla quale dovremo tornare.