Nel racconto L’amore cieco di Pritchett viene descritto, in modo ironico ma delicato, l’amore che nasce tra Mr. Armitage, un ricco avvocato non vedente e Mrs. Johnson, la sua segretaria. Mentre lo stigma di Mr. Armitage è evidente e non può essere occultato, Mrs. Johnson cela gelosamente il proprio: un’enorme voglia violacea che le deturpa il seno e l’addome. Questa imperfezione è stata la causa del fallimento del suo matrimonio, per cui lei può sentirsi al sicuro solo nella relazione con un uomo che non può vedere quella imperfezione.
Ma, con il passare del tempo, Mr. Armitage si innamora e inizia a divenire geloso dell’amata, soffre perché può conoscerla solo attraverso il tatto, per cui cerca in tutti i modi di riacquistare la vista e si rivolge a un ciarlatano che promette di ridonargliela. Mrs. Johnson, convinta della malafede del presunto guaritore, lo affronta confidandogli di amare Mr. Armitage così com’è.
La donna non aveva mai voluto ammettere neppure con se stessa di essersi innamorata e, solo ora che teme che lui venga illuso e raggirato, gli confessa del suo stigma e della paura che lui, venendone a conoscenza, non la voglia più. Mr. Armitage accoglie la confessione con liberazione, rivelandole di aver sempre saputo di questa e che per lui è irrilevante; ciò che desiderava ardentemente da lei era infatti che denudasse i suoi sentimenti.
Il timore di Mrs. Johnson è simile a quello provato dalle prime coppie che si sono create attraverso la rete.
Da una ricerca esplorativa condotta nel 2000 da Rosantonietta Scramaglia, era emerso che spesso l’innamoramento aveva preceduto l’incontro fisico, e che altrettanto frequentemente gli innamorati virtuali, rimandavano l’incontro reale (ora non è più così) proprio per il timore di non piacersi di persona, che non si creasse il feeling, che l’idealizzazione avesse prevalso. Le conversazioni si svolgevano prevalentemente attraverso forme scritte, erano veri e propri carteggi a cui seguiva l’invio di una fotografia e poi il contatto telefonico. La vista (l’incontro di persona) era l’ultimo dei sensi che completava la conoscenza.
Tornando alla morale del racconto di Pritchett, essa ci illustra come la cecità sia una metafora dell’immenso potere di trasfigurazione che possiede l’amore, che nel momento in cui investe il proprio amato lo dota di un valore immanente per sé, ne ama i difetti, le debolezze, le ferite dell’anima, perché riesce a vedere oltre l’opacità della contingenza fisica del corpo ciò che solo un cuore pieno d’amore può scorgere: l'unicità.
Ed è la stessa conclusione a cui era giunto lo studio sulle relazioni nate in rete: quando nel rapporto era scattato il vero innamoramento, difficilmente non era avvenuta l’accettazione dei corpi. La conoscenza dei desideri e delle speranze dell’altro avevano dato modo agli innamorati di conoscere intimamente il loro partner virtuale, e durante l’incontro faccia a faccia era prevalsa la trasfigurazione, per cui l’incontro dei corpi era stato il naturale sbocco del riconoscimento di un’affinità profonda che li univa.