Sin dalle prime scene della Carmen si rivela la presenza vibrante di una donna passionale, forte e travolgente che segue e risponde alle proprie pulsioni, alle quali è incapace di sottrarsi o di addomesticare, perché ne rappresentano la linfa vitale.
Carmen è una donna selvaggia, misteriosa, libera, una donna che sconvolge la vita di tutti gli uomini che incontra attraverso la seduzione e la passione che suscita. È attraverso il dominio erotico e sessuale che Carmen afferma la propria autonomia e la propria indipendenza.
L'amore è figlio di zingari
La vicenda si svolge a Siviglia, dove la conturbante Carmen lancia la sua malia su Don Josè lanciandogli un fiore. Da quel momento per l’uomo inizierà una parabola discendente nei meandri più profondi e sconosciuti della passione amorosa. Carmen è bella, sfrontata, arrogante, sicura. Non si sottomette a nessun uomo, l’unica sua sottomissione è alla legge dell'amore, che non può essere né perpetuo né duraturo. “L’amore è figlio di zingari/mai ha conosciuto legge;/se tu non m’ami, io t’amo;/se io t’amo, attento a te!”, canta nell’Habanera più celebre della storia dell’opera.
Seduce l’ingenuo Don Josè, perché non la metta in prigione, il quale l’aiuta a fuggire, subendone le conseguenze con il carcere. Dopo un mese, tornato in libertà, va subito a cercarla. Carmen, che nel frattempo ha spasimato d’amore per lui, per la lontananza, lo induce nuovamente ad infrangere la legge quando lo sfida a scegliere tra lei e il suo dovere nell’esercito. Impotente di fronte all’amore che lo sconvolge, Don Josè diserta e la segue sulle montagne, dove diviene sempre più geloso, perché Carmen – una volta esaurita la passione che la legava a lui – inizia a mostrarsi indifferente e ad allontanarlo da sé.
Ora la sua nuova passione è il torero Escamillo, giovane, virile, al quale non sa resistere. Lo sta raggiungendo all’arena, quando le amiche la avvisano che nella piazza antistante la attende Don Josè e cercano di dissuaderla a incontrarlo. Don Josè non riesce a farsi una ragione della fine del loro amore, vuole parlarle, convincerla a tornare da lui. Anche in questo ultimo fatale incontro Carmen non offre l’immagine di una donna succube, docile, di una vittima che si assoggetta al potere maschile. È spavalda, deride e schernisce Don Josè, ridicolizzando il suo sentimento. Gli lancia l'anello che lui le aveva regalato, ripetendo per l'ennesima volta che preferisce la morte alla resa (Ebbene, colpiscimi o lasciami passare!). A quel punto Don Josè la trafigge col pugnale.
Carmen incarna l’immagine dell’amore nella sua espressione più tragica e distruttiva, nella pulsione dell’es che, senza freni inibitori, non si arresta neppure di fronte alla morte. Carmen vive libera e muore libera. Lo preannuncia subito: “l’amore è un uccello ribelle/ che nessuno può addomesticare/ invano lo si chiama/ se gli va di rifiutare”. Come l’amore-uccello ribelle, Carmen è capricciosa e imprevedibile, e pur di non essere imprigionata nella voliera delle convenzioni sceglie la morte.
Dopo quasi 150 anni Carmen resta una delle opere liriche più rappresentate. Che cosa smuove nel profondo? Quale messaggio ci trasmette?
Quella di Carmen è una vicenda molto attuale.
Per la prima volta le dinamiche di potere sono invertite. Sia quelle di genere che di status: non è più l’uomo borghese, di status superiore il seduttore (Don Josè è un brigadiere, un ufficiale dell’ordine), ma Carmen, una gitana, una donna socialmente inferiore che vive in bilico tra la legalità e l’illegalità e che non risponde alle regole patriarcali a detenere il potere sulla relazione.
Ed è attuale perché, come avviene purtroppo ancora oggi, Carmen sopravvaluta se stessa, non ascolta gli avvertimenti delle amiche, presumendo di riuscire a gestire un uomo folle di dolore nell’ultimo incontro fatale.
Sono due gli spunti interessanti che possono aiutare le donne a prevenire la violenza di genere: il primo è che Carmen non si sottrae all’ultimo incontro. Non ascolta le amiche, va incontro a Don Josè nella piazza dell’arena per affrontare il suo assassino anziché mettere una distanza tra loro. E questo è il primo errore, ci conferma la psicologa Claretta Ajmone nell’intervista rilasciata a Luisella Pescatori: "È sempre meglio non accettare un ultimo appuntamento chiarificatore da parte di un uomo che è diventato cieco e sordo a fronte di nostri messaggi inequivocabili come ‘non ti amo più’ o ‘mi sono innamorata di un altro’", spiega la psicologa. E aggiunge: "Ricordo che la vittima spesso è portata ad accettare l'ultimo incontro nel tentativo di salvarsi da eventuali sensi di colpa". Carmen non vuole sottrarsi a quell’appuntamento, esattamente come le donne vittime di violenza oggigiorno.
In secondo luogo, Carmen con spavalderia e temerarietà schernisce, deride, in altre parole sfida Don Josè, prendendosi gioco del suo dolore e ridicolizzando la sua debolezza. E, anche in questo caso, quando ci si trova ad avere a che fare con un uomo in preda all’ira o al dolore, l’ultima cosa da fare è controbattere, rispondere alle accuse, irritarlo, tutti comportamenti che tendono ad aumentare nell’uomo l'incapacità di gestione delle emozioni che sta vivendo. Ricordiamo che il più delle volte l'uomo si presenta all’ultimo appuntamento armato, quindi in una posizione di vantaggio.
Meglio fingere remissività, comprensione, accondiscendenza e poi fingersi confuse e dare un altro appuntamento (a cui non ci si presenterà, ovviamente). È la strategia di guadagnare tempo quella che può salvare. Meglio mettere da parte l’orgoglio e la rabbia, il desiderio di voler ‘far capire a tutti i costi’ che è finita. Non servono. Se non a peggiorare la possibilità di uscirne indenni.