La felicità è sempre stata la meta ed il sogno di ogni uomo.
Ma poi che sarà questa felicità?
Una persona, penso, si possa dire felice quando prova quella sensazione, unica, di essere in sintonia con il mondo.
Capita raramente, ma in quel preciso momento ogni parte del nostro corpo sembra essere un tutt’uno con tutte le cose che ci circondano.
Ci sentiamo leggeri, inebriati della vita che scorre in noi e accanto a noi, basta un filo di vento per volare, basta una musica nell’aria per inebriarci, un raggio di sole per illuminare e dare colore a tutta la nostra vita.
L’amore sicuramente è uno degli ingredienti magici, ma non il solo, possono esserci anche altri fattori quali: un successo al lavoro, una notizia positiva inaspettata o anche piccole cose come un raggio di sole, un tramonto, un panorama a procurarci la felicità.
Sono rari questi momenti di felicità totale, di estasi, per il resto ci accontentiamo di pezzetti di felicità racchiusi in una vita grigia.
L’alternanza tra felicità ed infelicità è naturale come la quiete dopo la tempesta. Ma negli ultimi anni il grigio ha preso il sopravvento. La barchetta che sventola la bandiera con il nostro nome naviga sempre in acque tempestose.
La felicità è andata in pezzi nell’ultimo ventennio soprattutto nei paesi occidentali, le cause di infelicità maggiori si rinchiudono nei rapporti sentimentali, lavorativi ed economici. Amore, realizzazione lavorativa e soldi sono diventati le principali cause della nostra infelicità.
Cerchiamo di afferrare con le unghie questi piccoli pezzi di felicità e ricomporli come un puzzle, ma i pezzi della nostra felicità sono sempre più difficili da combinare; così proiettiamo fuori dalla nostra vita il nostro ego come satelliti in esplorazione nel cosmo alla ricerca di nuove forme di benessere e stabilità.
Ma tutti i nostri satelliti vengono inghiottiti dai buchi neri e il grigiore della nostra vita diventa cronico e da qui l’utilizzo sempre maggiore di psicofarmaci ed il diffondersi della depressione.
La proiezione del nostro io trova la sua forma più alta nei figli, che non vengono più considerati come una nuova persona con le proprie inclinazioni, i propri difetti, le proprie paure ed ambizioni, ma una nostra proiezione, la via del riscatto dalle nostre frustrazioni. Il figlio diventa il supereroe che abbiamo sempre sognato e anche la nostra unica aspettativa di successo. Ci vantiamo delle sue vittorie, cerchiamo di fargli superare le proprie paure e di tenerli al riparo da delusioni e dal mondo maligno che li circonda preservandone la purezza di spirito e la grandezza d’animo. Cosi i genitori diventano parte dei figli, una parte ingombrante che li spinge a competere su tutti i campi dalla scuola agli sport, dalle arti agli hobbies.
Mai visti così tanti ragazzi bravi in tutto scuola, tennis, nuoto, ginnastica, arti marziali, sci, collezionismo, informatica, musica, lingue straniere, etc
Sanno tutto, vedono tutto, ma non sono felici. Alla fine una parola che compare sempre più spesso sulle loro bocche è stress. “Che giornata stressante”. A dirlo adesso sono anche i bambini di dieci anni.
La noia li ha abbandonati, la sana e buona noia che invece li stimolava nell’ aumentare la loro fantasia e l’immaginazione per inventarsi giochi e passioni e li portava in mondi fantastici e felici.
Le nostre proiezioni sono sempre più complesse, dai profili social dove postiamo tutto quello che di bello viviamo o vorremmo vivere. Postiamo tramonti con cieli con tutte le sfumature di rosso sperando di ricevere un like e mostrare il nostro lato più sensibile; anche se quel tramonto lo fotografiamo per un secondo e poi ci rimettiamo a vedere i video che impazzano sui nostri smart phone.
Postiamo le nostre foto in posizioni particolari, in smorfie accattivanti o in posti esclusivi dove siamo capitati per caso una volta, ma che basta a dare di noi un’immagine interessante e affascinante.
Ci proiettiamo verso mode e tendenze che ci possano rendere parte del gruppo e nello stesso tempo rendere tailor made cioè personalizzati ed unici e cosi ,ecco, tatuaggi comparire su tutto il corpo con forme sempre più ricercate e colori sempre più accesi. E alla fine ogni tatuaggio assomiglia all’altro, ogni corpo appare colorato di mille colori che nel tempo sbiadiscono e grandi macchie deformi vengono coperte da ulteriori tatuaggi. Cosi braccia, gambe un tempo decorate e colorate da fini tatuatori ora diventano totalmente nere o blu scuro come l’umore di chi le espone.
Tutti siamo diventati esperti consumatori di sushi. In un decennio i ristoranti cinesi sono scomparsi e si sono trasformati tutti in giapponesi. E noi ci proiettiamo come conoscitori dei piatti più tipici della cultura enogastronomica giapponese. Mentre fortunatamente i giapponesi adorano la cucina italiana e la buona pizza napoletana. Siamo riusciti anche ad amare i caffè lunghi americani, mentre il cappuccino e caffè espresso sono diventati nomi internazionali conosciuti ed usati in tutto il mondo.
Ma la voglia di proiettarsi fuori dalla nostra routine che ci tiene inchiodati nelle nostre città ci fa gustare e spendere in decoratissimi e ricercati sushi restaurant e fast food all’ultimo grido.
Mille proiezioni di noi stessi non ci permettono più di vedere chi siamo realmente e quello che vogliamo.
Pensare a noi e meno alle nostre proiezioni, mangiarsi una sana pizza, una fiorentina o una appetitosa pasta e vongole altro che sushi.
Ritornare a stringere mani, a guardarsi negli occhi senza il filtro della webcam.
Provare a chiudere i propri social e leggere un buon libro e frequentare la biblioteca.
Usare meno lo smartphone che come una droga ci tiene incollati nella rete, ma l’astinenza crea delle proprie e vere ansie. Ma più lo usiamo più ne soffriamo.
Non stare sempre a pensare con ansia a quello che potrebbe succedere, a quello che dovremmo essere o come dovremmo apparire, ma a quello che siamo. Questo il segreto della felicità.