La notte di Natale

24 Dicembre 2020



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Come arriviamo alla notte di Natale, e come ci arriviamo quest’anno? Ubriachi fradici come in Miracolo della 34^ strada (1947), disperati come in La vita è meravigliosa (1946), prigionieri dei nostri vizi come in Racconto di Natale di Charles Dickens (1843)? Oggi ci arriviamo in una pandemia della miseria umana. E la notte di Natale di oggi, come la notte di ogni Natale, sia la notte limite, il non plus ultra, la soglia osmotica tra il nostro mondo, con la sua umanità disperata e il cielo freddo, meglio sempre se rappresentato in piena nevicata. Perché deve essere freddo fuori, un freddo paragonabile a quello che ci irrigidisce dentro. Soglia osmotica: è la notte in cui morire, cioè rinascere. Ecco perché oggi è sempre la notte dei fantasmi, quelli che arrivano nel dopocena, come nel racconto di Jerome K. Jerome. È il limite che divide due mondi, quello che è e quello che chiediamo, dove la membrana si fa sottile, si consuma. È la notte in cui vigilare, la notte della Vigilia, essere svegli per non perdere nulla, nemmeno il suono più lontano, la luce più vaga nel cielo, ogni minimo segnale. I bambini dormono un sonno leggero per l’eccitazione di sorprendere chi e cosa arriverà. 

Approfittiamo di questa notte che veglia, che sta sveglia: questa è la notte della richiesta, apre ad altro che alla propria condizione, ci fa pensare alla possibilità dell’altro, di qualcos’altro. E ci colloca nell’attesa, ovvero nella speranza che questo arrivi, dove non compiamo azioni, ma solo aspettiamo fiduciosi, e ci esponiamo verso ciò che desideriamo. La speranza ci rende porosi, nell’inclinazione accogliente. In questa notte sospesa, che ci hanno insegnato a gustare fin da piccoli, attendere è bello, è stellato. Forse era l’unica regola che accettavo di buon grado: aspettare fino a mezzanotte, nonostante il sonno.

Non solo spinta al futuro che sorprende, la notte di Natale è il tempo dove il passato è profondo, è fatta apposta per spingerci a ricordare: il Natale di oggi ritaglia lo spazio attorno a sé e contiene tutti i Natali passati, uno dentro l’altro, dal più vicino al più lontano. È la notte dei fantasmi perché rivediamo tutte le nostre facce care, e ricordiamo le parole, i posti a tavola: le ombre sono tutte insieme a conversare, ci sono il nonno Armando e la nonna Antonia, la zia Rosa e la zia Pinuccia … c’è il papà, il papà! Che senza farsi scoprire deve portare i regali dal garage in casa. Si mette e si toglie la giacca. Crede di nascondere le tracce. 

Presto, presto! La vigilia deve scorrere, il tempo della notte di Natale ha un limite orario, la mezzanotte, allo scoccare della quale tutto tornerà statico e banale. La notte di Natale è una breccia nel tempo. Occorre approfittarne e compiere azioni allo stesso tempo misteriose e luminose come raccoglierci, concentrarci, ricordare, chiedere, ricevere, sperare.

Quest’anno arriviamo al Natale disperati, nella nostra malinconia, e povertà. E per ciò questo può essere il Natale più Natale di tutti. Il Natale per chiedere e sperare, per morire e rinascere. 

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Roberta Castoldi

Roberta Castoldi è poetessa, musicista e si occupa di progetti in ambito culturale e scolastico. Laureata in Filosofia all’Università degli Studi di Milano, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienze Cognitive presso l’Università degli Studi di Messina. Il suo principale tema di studio è il pensiero analogico. Le sue poesie sono apparse sulla rivista Poesia (Crocetti) e poi raccolte in La scomparsa (LietoColle Libri, 1999) con prefazione di Franco Loi, e nel 2007 in Il bianco e la conversazione (Marietti) a cura di Davide Rondoni, e infine in La formula dell'orizzonte (AnimaMundi 2022) a cura di Franca Mancinelli e Rossana Abis. Ha curato per Einaudi Il libro di Morgan (2015) e tradotto saggi di filosofi francesi contemporanei. Come violoncellista ha collaborato con molti artisti italiani e stranieri: Afterhours, Bluvertigo, David Byrne, John Parish, e tanti altri. www.robertacastoldi.it

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