La paura di perdere l’amore

8 Ottobre 2019



La paura di perdere l’amore
La paura di perdere l’amore

Poco si parla dello stupore quieto di due persone che si innamorano una dell’altra e incominciano una nuova vita insieme.

Se vi è un motivo comprensibile, per il quale il mondo moderno ha concentrato tutta la sua attenzione sull’individuo e ha cercato in modi crescenti di ridurre l’importanza delle relazioni (in tutte le loro forme, parentela, famiglia comunità), io credo sia il bisogno di ridurre al massimo il dolore della perdita, un sentimento dolorosissimo.

Da un certo punto di vista, abbracciare un’ottica individualistica è un’ancora di salvezza. Quando vivi in un'ottica individuale, quando ti leghi a un altro o ad altri solo temporaneamente e per soddisfare dei bisogni, ti metti al sicuro dal dolore irreparabile di perdere la cosa più importante.

Questo spostamento dell’attenzione sull’individuo si è accompagnato al processo di secolarizzazione della società. Oggi ci si immagina che le religioni verranno soffocate dal crescente disinteresse. Ma ci si dimentica che il divino risponde a un bisogno profondo dell’uomo. Solo le grandi religioni hanno le parole per i tempi di crisi. Il mondo laico, guidato da processi capitalistici e dalla morale utilitaristica, tende a nascondere alla vita tutto ciò che fa difetto. Ma anche le ideologie marxiste hanno favorito l’indebolimento dei legami, sostituendo lo stato alla famiglia.

Il risultato è stato che abbiamo eroso la fiduciosa convinzione che possano esistere relazioni significative e che queste rendano più piena la nostra vita. Le relazioni significative sono sempre legate ai principi etici, al piano dei valori non negoziabili. Non puoi sostituire tua madre con un’altra, il tuo amato con un altro.

Ma anche in uno di quei rari amori felici può insinuarsi una tristezza strisciante, che si accresce quanto più ti rendi conto che la persona che ami è proprio quella che fa per te. E ciò avviene più facilmente man mano che il rapporto si stabilizza, diventa più forte e sicuro. Allora puoi essere assalito da un timore nuovo, quello di perdere la persona che ami, che le accada qualcosa, si amali, muoia.

Non è la paura che ti lasci, che ti tradisca per superficialità, perché attratto da avventure passeggere. Né hai paura che si innamori di un altro o che smetta di amarti improvvisamente un giorno e senza motivo. Non hai neppure paura che si stanchi di te. Certo, tutti gli innamorati hanno molti timori, ma più la relazione si rafforza, più questi timori si dissolvono. È infatti reale l’esperienza di pace di coloro che sentono di aver incontrato la persona che da lungo tempo attendevano, e che hanno svolto un lungo viaggio di avvicinamento senza deludersi reciprocamente.

Ma proprio allora alcuni sono presi da una paura che non avevano previsto: quella di perdere la persona amata e con essa “la felicità raggiunta”.

Il meccanismo della perdita è molto forte nell’essere umano. Noi, a differenza degli animali, siamo in grado di immaginare la realtà e anche di prevedere il futuro. Le nostre previsioni sono di natura razionale e frutto di calcoli statistici. Per questo ci appaiono sempre ragionevoli e vere. Eppure nessuno di noi conosce il futuro. Di conseguenza le nostre previsioni sono spesso sbagliate. Per esempio quando vi è una grande differenza di età tra i partner o uno dei due ha una salute cagionevole, il più giovane, il più sano possono temere il futuro. Possono essere letteralmente sopraffatti dall’angoscia di perdere la persona mata.

Noi abbiamo parlato diverse volte del meccanismo di attaccamento basato sulla perdita. In quei casi un partner che non è innamorato, si allontana e lascia l’altro ad aspettarlo incerto e ansioso. Questo allontanamento produce molta insicurezza e causa un attaccamento più viscerale. Si tratta infatti della paura di perdere ciò che già non hai.

Ma nel caso di un vero amore reciproco non vi è un partner che se ne va, che somministra la perdita all’altro, cioè che lo rende insicuro allontanandosi senza motivo e senza dire quando tornerà.

In questo caso la perdita è totalmente immaginata.

Quando ti rendi conto di quanto quella persona ti è divenuta indispensabile, è diventata parte del tuo corpo, della tua pelle, dei tuoi pensieri, del tuo respiro, matrice comune di ogni gesto quotidiano, sei più esposto alla paura. Tanto è continuo il vostro essere insieme, che non sai più distinguere qual è l’apporto che ciascuno dà al vostro universo e temi che se ti trovassi solo saresti un uomo dimezzato.

Sono proprio la felicità e il grande appagamento dati da un grande amore a far nascere questa particolare forma di insicurezza che prima non si era mai provata. La generale insicurezza e il disinvestimento nei rapporti, evitano almeno questa impressione all’individuo: di sentirsi piccolo, troppo fragile, insignificante.

Qui la perdita ha un senso pienamente umano. Più conosci il valore dell’altro, più sai che non è sostituibile, più ti puoi lasciare catturare dall’ansia. Questi sono i momenti in cui abbiamo la percezione più chiara del senso di fragilità umana. È uno stato che l’umanità ha sempre avuto ben presente nell’antichità.

E sin dall’antichità l’umanità ha reagito alla paura della perdita con un forte antidoto: la speranza. Una speranza che la spingeva a costruire monumenti e opere d’arte e comunità forti, previdenti, ben equipaggiate per far fronte agli attacchi della sorte.

Quasi tutte le costruzioni umane traggono la spinta da quell’originaria percezione della nostra condizione, dal bisogno di sfuggire alla sua pressione inesorabile. Non possiamo vivere se continuiamo a pensare alla facilità con cui potremo perdere tutto in un istante.

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mi come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (Aracne 2020).

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