La vita erotica dell’essere umano si svolge fra due poli, la pura sessualità impersonale e l’innamoramento bilaterale. Entrambi sono presenti tanto nel maschio che nella femmina, ma nel maschio la sessualità impersonale si può presentare come violenza. È il caso dello stupro compiuto dall’uomo violento, dal bandito, dal pirata, dal guerriero sulla donna che cade nelle sue mani.
Nelle guerre antiche, dopo aver espugnato una città, i conquistatori uccidevano tutti i maschi, compresi i bambini piccoli e stupravano le donne. Nella loro inesorabile avanzata attraverso tutta l’Asia e parte dell’Europa, i mongoli di Gengis Khan hanno sistematicamente ucciso tutti i maschi e stuprato tutte le donne del nemico. Gli stupri sono avvenuti anche ad opera degli eserciti cristiani, per esempio nel Sacco di Roma del 1527 i lanzichenecchi violentarono monache e donne, poi nella guerra dei Trent’anni, e ancora, nel secolo scorso, durante la seconda guerra mondiale. Nelle guerre balcaniche del decennio 1990-2000 i serbi violentavano le donne croate par far partorire loro figli geneticamente serbi. Stuprando le mogli e le figlie del nemico, il maschio prova perciò un piacere che è ad un tempo sessuale ed aggressivo.
Il legame maschile fra sessualità e violenza ha una origine filogenetica, perché in molte specie il maschio più forte scaccia o uccide i suoi rivali, monta le loro femmine, e poi uccide i piccoli che hanno avuto da loro. La violenza gli serve per imporre a tutte le femmine il proprio patrimonio genetico. Per far loro partorire i propri figli e impedire ai nemici di riprodursi, annientandoli geneticamente.
Questa componente aggressiva e di dominio si presenta ancora oggi in forma attenuata, simbolica, ludica, quando, durante l’atto sessuale, anche amoroso, il maschio, affondando nel corpo femminile ha l’impressione di violarlo, di trafiggerlo e glielo dice con parole oscene. Espressioni che molte donne accettano e talvolta desiderano perché anche in loro agisce il residuo filogenetico che le porta ad apprezzare il penetratore violento.
Nell’Histoire d’O di Pauline Réage la donna fa fantasie in cui viene imprigionata, incatenata, violentata, stuprata da innumerevoli uomini conosciuti e sconosciuti. Ed anche oggi spesso alla donna nell’atto sessuale piace essere un corpo in cui i maschi entrano con forza per ricavarne piacere. A volte fra un rapporto sessuale o selvaggio ed uno morbido e delicato, amoroso la donna si eccita più col primo.
Nella donna l’erotismo però non e mai violento - la donna non stupra nessuno – anzi, è quasi sempre costruito sul registro del positivo, della bellezza, se non su quello dell’amore.
Ce ne dà una idea questo brano erotico di Lucia Extebarria in Gael o l’ossessione di certe notti d’estate: “vedo un incredibile esemplare di maschio che aveva un fisico da capogiro e quel genere di labbra carnose che promettono imperi di gaudio e di consolazione solamente a sfiorarti [...] Io [lo] guardavo obnubilata, colpita all’improvviso dall’impatto della sua bellezza... Non era solo bello, aveva degli occhi sconvolgenti, ardenti come braci, appena schermati dal ventaglio delle ciglia. Gli occhi del resto dei presenti sembravano stranamente immaturi al cospetto dei suoi, e mi turbò pensare a quante cose e di quale natura potevano aver partecipato alla creazione di quello sguardo, tanto intenso da bruciare [...] un secondo dopo sentii [...] delle braccia che mi cingevano la vita e una pressione rettilinea – inconfondibile, immensa, immediata, irrefrenabile – sulle natiche. Non mi diede quasi il tempo di girarmi che avevo già le labbra incollate a un miraggio, e la segreta concitazione del sangue – febbrile, fatale, femminile – cresceva fino ad accelerare il battito del mio cuore che batteva tanto vertiginosamente quanto indisciplinatamente...”.