Le due facce della seduzione

19 Marzo 2025



Donna elegante in strada parigina storica con caffè

La seduzione (se-ducere in latino portare a sé) è l'arte dell'affascinare l'altro.

Non è soltanto un atto fisico, ma psicologico e intellettuale. Le parole, i gesti e gli atteggiamenti sono il nostro linguaggio e diventano lo strumento principale della seduzione. Sono capaci di evocare desideri, emozioni e riflessioni. Quando pensiamo alla seduzione nel pensiero filosofico e poetico, non si può non ricordare il filosofo danese Søren Kierkegaard (1813-1855) e i poeti dell’Ottocento e Novecento, che, pur con approcci diversi, esplorano la tensione tra il desiderio, l’incomunicabilità e la ricerca di autenticità nell'incontro tra due persone.
C'è però una differenza di fondo che contraddistingue Kierkegaard, autore del Diario del Seduttore (1843), e Charles Baudelaire (1821-1867), che in una poesia intitolata "A una passante" suggerisce ai lettori una forma di seduzione diversa, forse più misteriosa e autentica. Il Diario di un seduttore è una critica al vivere soltanto estetico, una riflessione sul desiderio e sull’amore come gioco di potere. Non c'è un coinvolgimento etico e morale. Il protagonista, Johannes, si presenta come un seduttore che si dedica alla conquista sentimentale di una giovane donna, Cordelia, tramite una strategia ben precisa. Il suo approccio è una forma di arte, dove il seduttore si pone come colui che manipola e dirige i sentimenti dell'altro senza mai rivelare le proprie vere intenzioni.
Al contrario Baudelaire nella sua breve poesia (A una passante - 1855) descrive un incontro casuale con una donna che passa per strada. La donna è vista come quasi irraggiungibile, una figura misteriosa che lascia una forte impressione nel poeta, ma che subito scompare. Eppure il poeta pare quasi convincersi di averla sedotta.
Ecco il testo:
A una passante
La strada assordante urlava intorno a me. 
Alta, sottile, in lutto stretto, dolore maestoso, passò una donna, sollevando con un gesto sovrano la balza e l'orlo della sua gonna, facendola ondeggiare; agile e nobile, con le sue gambe di statua. 
E io, contratto, fuori di me, bevevo nei suoi occhi, livido cielo in cui cova l'uragano, la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.
Un lampo... poi la notte! - Fuggitiva bellezza,
che con il tuo sguardo all'improvviso mi hai fatto rinascere, potrò rivederti solo nell'eternità?
Altrove, ben lontano da qui! Troppo tardi, forse mai! Perché io ignoro dove fuggi e tu non sai dove vado, tu che avrei amato, tu che lo sapevi!
(tratto dei Fiori del Male, traduzione di Milo de Angelis)
Questa fugacità dell'incontro, unita alla bellezza della passante, alimenta l'idea di una seduzione che non è completa, ma che è invece un'attrazione intensa, immediata e reciproca. Baudelaire cattura l'essenza di una seduzione che non è solo fisica ma anche mentale ed emotiva, caratterizzata dalla forzata separazione tra il desiderio e la realizzazione di un possibile incontro. Non c'è manipolazione, non c'è una forma d'arte nel cercare di conquistare una donna, c'è solo quel fugace momento di seduzione. La passante diventa quasi irraggiungibile, un oggetto del desiderio che sfugge, una figura quasi ideale.
La frase finale "tu che avrei amato, tu che lo sapevi" suggerisce inoltre che il poeta ha avvertito un legame profondo con la passante, quasi come se lei fosse consapevole del desiderio dell'autore della potente attrazione che esercitava su di lui. Il "tu che lo sapevi" implica una consapevolezza della seduzione messa in atto, che diventa ancor più intrigante: la donna non è solo un oggetto del desiderio, ma è anche cosciente della sua capacità di suscitarlo. Accresce in questo modo l'intensità del legame tra i due, pur nell'impossibilità che si realizzi. "Sentirsi amati come da nessun altro" è l'elemento più caratteristico della seduzione, cioè convincere qualcuno che il proprio amore è assolutamente speciale. La seduzione per Baudelaire ha quindi un valore più profondo perché nella poesia la consapevolezza e l'impossibilità di un vero incontro si intrecciano. Non c'è spazio per secondi fini. É un mistero che affascina sia il seduttore sia che la persona sedotta. È uno spazio impenetrabile fatto di sguardi, emozioni e silenzi.

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Claretta Ajmone

Clara Ajmone, psicologa clinica e psicoterapeuta, ha lavorato per più di trent'anni in ambito psichiatrico, nelle Strutture Territoriali e Ospedaliere del Servizio Sanitario Nazionale. Fino al 2009 è stata Responsabile della Struttura di Psicologia dell'Ospedale di Niguarda, dove ha svolto attività di Psicoterapia individuale, familiare, di coppia e di gruppo. È stata didatta e tutor per psicologi allievi di varie scuole di psicoterapia.

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