Vogliamo che sia nostra, che ci appartenga. Allo stesso modo, vogliamo piacerle, essere da lei cercati e desiderati. La relazione si realizza e naturalmente siamo felici, ma... lo siamo solo per un breve istante! In noi si insinua il serpente del dubbio. Ci accorgiamo, infatti, che per quanto il desiderio sia intenso, con la persona desiderata non parliamo mai del nostro passato e nemmeno facciamo progetti per il futuro. E se lo facciamo, ci accorgiamo che stiamo mentendo a noi stessi. Perché? Sembravamo così innamorati! Ebbene, il punto è che non vogliamo davvero appartenere a quella persona, non vogliamo essere sottratti a noi stessi.
In sintesi, l’infatuazione è una modalità del desiderio che simula l’amore, ma in realtà esprime la volontà del soggetto di possedere solo a proprio beneficio. Sicché, quando ci accorgiamo che la persona oggetto del nostro desiderio non fa parte della nostra vita reale, se non come fenomeno effimero, la delusione e la noia si impossessano di noi.
Talvolta l’infatuazione è l’effetto di una miopia dell’inconscio, che ha visto una parte scambiandola per il tutto. Ma più spesso è l’effetto di un'ingerenza dei valori mondani e convenzionali nel campo del desiderio. Infatti ci si infatua in modo competitivo di qualcuno che è desiderato da altri: la più bella ragazza della scuola o il divo di turno, il fidanzato della migliore amica o della sorella, l’amante del dirigente o del ricco vicino di casa. Oppure ci si infatua di qualcuno che potremmo perdere, qualcuno che un momento prima non degnavamo di attenzione; e allora la moglie o il marito, se minacciano di andare via, riattivano una passione che poi, appena soddisfatta, si rivela un fuoco di paglia e svanisce con stupefacente rapidità. O ancora ci si infatua di conquistare, possedere e dominare una persona che per qualche motivo ci attrae, e il raptus di desiderio scompare appena la persona è stata acquisita come un trofeo o dominata come una schiava. E infine ci si infatua per puro piacere erotico, un piacere che non è però collegato alla persona, bensì solo al suo corpo. Queste infatuazioni possono talvolta evolvere e dar luogo ad amori sinceri; ma più facilmente svaniscono come nebbia al sole, come un arcobaleno dopo la pioggia, così come sono venute. Perché? Perché sono desideri egoistici che soddisfano il nostro narcisismo e si esauriscono col possesso.
Prima della psicoanalisi, lo aveva già detto benissimo Stendhal. In una sua acuta osservazione ebbe a dire che coloro che sono predisposti all’infatuazione «si gettano incontro alle cose invece di attenderle. [...] Poi, avvicinandosi, le vedono non quali veramente sono, ma quali se le sono foggiate; e, godendo di se stessi sotto l’apparenza della cosa, credono di godere di quella. Ma un bel giorno [...] scoprono che l’oggetto adorato non risponde». (Stendhal, “L’amore”, Mondadori, Milano, 1952).
L'infatuazione rivela essenzialmente un nostro impulso narcisistico: dietro il pretesto di amare vogliamo in realtà immaginarci più completi di ciò che siamo, superiori a noi stessi e agli altri: vogliamo godere di più, avere di più, vincere un agone sociale, riconquistare qualcuno che temevano di aver perduto: ma lo facciamo a nostro esclusivo beneficio personale.