L’amore paterno

27 Agosto 2018



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Che cosa si intende per amore paterno? Per un padre esiste un solo modo di amare i propri i figli? O il modo giusto?

No, come avviene per ogni sentimento, a seconda dei tempi e della società in cui viviamo, ci aspettiamo che padri, madri, figli, mogli, mariti manifestino il loro amore in modi diversi. Allora chi può definirsi oggi un buon padre?

Nel corso della storia, essendoci state in prevalenza società agricole o di allevatori, i padri lavoravano in famiglia o nel clan costantemente a fianco dei figli. Erano per loro una fonte di esperienza e un esempio di vita costante. Quando un figlio maschio poi raggiungeva la pubertà, il padre lo gratificava portandolo con sé nelle missioni più rischiose, andando a caccia, a pesca o avventurandosi in lunghi viaggi. Anche nelle città e nei borghi, l’artigiano lavorava con la famiglia che spesso viveva nel laboratorio stesso, e insegnava ai figli il mestiere.

È stato con la Rivoluzione industriale, che il luogo di lavoro si è staccato dall’abitazione e le cose sono cambiate. I padri hanno iniziato a trascorrere la loro giornata in fabbrica o in ufficio, lontani dai figli affidati alla madre. La figura del padre restava nell’immagine dei figli legata alla fonte di sostegno della famiglia e all’autorità che in quanto tale poteva e doveva esercitare non solo su di loro ma anche sulla moglie. Un padre quindi come guida, spesso severa, come portatore di sapere e di valori sociali che doveva trasmettere ai figli (onestà, dedizione al lavoro, amore per la patria, fede in Dio, ecc.). È così che manifestava il proprio amore per i figli, mostrandosi forte di fronte alle avversità, fermo nelle proprie idee, pronto a punirli per il loro bene.

Poi, nel secolo scorso, i figli hanno cominciato a studiare fino all’età adulta, a viaggiare e a conoscere il mondo (o almeno a pensare di conoscerlo) più dei loro padri, le madri hanno rivendicato tutti quei diritti che avevano connotato il ruolo paterno (istruzione, lavoro fuori casa, autorità sui figli, ecc.) e la prerogativa dei padri è venuta a cadere. Ora non era più sufficiente per un buon padre mantenere la famiglia e assumerne la guida morale e sociale. I figli con le proteste giovanili degli Anni ’60 chiedevano libertà, dei padri amici e complici, ed è così che molti padri si sono atteggiati. Amare i propri figli significava per molti fare a gara con loro per comportarsi come fanno i giovani, per adattarsi alle loro idee, per assecondare i loro desideri, per manifestare le proprie emozioni non nascondendo le proprie debolezze.

Ma, poiché il loro lavoro non sempre permetteva di trascorrere il tempo insieme ai figli, e nei casi delle sempre più numerose separazioni, i padri non rientravano a casa neppure la sera, l’amore per i figli si è sublimato assecondando ogni richiesta e comprando ogni cosa desiderassero. Hanno sostituito, spesso loro malgrado, il dono del proprio tempo, la trasmissione di valori, sapere, ed esperienza con la concessione di beni e diritti. Cosicché, negli ultimi decenni si è parlato di una “società senza padri” o di “padri assenti”. E non è perché ora i padri non amino i figli, forse non c’è stata epoca in cui i figli siano stati così attesi e desiderati - lo verifichiamo da anni analizzando i sogni e i progetti delle giovani coppie - ma sono intervenuti tanti fattori ad allontanare i padri dai figli. Spesso i giovani vivono il ruolo di futuri padri con tanta responsabilità da rimandarlo nel tempo. E, quando si decide di avere un figlio, si cerca di rendere la sua vita più felice possibile dandogli tutto e soprattutto facendogli credere che lui o lei sono i migliori, e ciò che fanno non possa essere messo in discussione dagli altri né giudicato dagli insegnanti. Paradossalmente però, in questi ultimi anni, di fronte a una situazione sociale così instabile e complessa, alla competizione sempre più serrata con culture diverse, i figli chiedono ai padri di riprendere il ruolo di guida, di punto saldo e di giudice che avevano in passato, ma di farlo in modo diverso, sapendoli al tempo stesso rassicurare, ascoltare e aiutare a realizzare i loro sogni.

Nel frattempo, anche le istituzioni, che di solito si adeguano in ritardo ai cambiamenti sociali, iniziano a valorizzare il ruolo dei padri in tanti modi diversi: dai congedi parentali al lavoro, alle sentenze sull’affidamento dei figli più favorevoli ai padri rispetto al passato. È perciò un momento in cui si aprono nuove possibilità ai padri di mostrare il loro amore paterno “nel modo giusto”.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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