E anche in mezzo al fuoco le vacche non scappano mai. Si lasciano arroventare dalle fiamme, ma non escono dal loro recinto.
Alba, la vacca più giovane della mandria, proveniva da una regione lontana immersa nei prati e nascosta tra i pini. L'aria calma delle giornate e il profumo intenso dei fiori di campo le parevano naturali e scontati come il cielo azzurro e il freddo pungente. Il viso del pastore che le accarezzava la schiena al mattino con la mano nodosa era la prima cosa che aveva visto nascendo. Il pastore era la sua mamma che le aveva dato anche il nome. Alba, perché era la prima ad andargli incontro la mattina. Una madre a dire il vero un po’ strana. Mangiava accucciato nell'erba tenendo in mano degli strani affari che Alba non aveva mai assaggiato; però le sarebbe piaciuto provare il cibo veloce del suo compagno di vita più caro. Alba non era sola, ma il prato era talmente grande che poteva sempre scegliere di andarsene in giro per la vallata anche per tutto un pomeriggio, nella più assoluta solitudine. All'inizio i suoi giri erano prove di coraggio: ogni giorno si spingeva più in là in un gioco strano con se stessa. Se ne andava verso il fondo valle con arroganza, anche se è difficile immaginare una mucca arrogante. Diciamo che se ne andava baldanzosa e a passo rapido come a dimostrare che non temeva nulla. Quando si trovava nella assoluta solitudine, dopo alcune ore di marcia, le accadeva di provare nostalgia delle sue compagne e del pastore. Dopo aver vinto la paura della solitudine e averne gustato la calma profonda, si accorgeva di un'altra solitudine fatta non di paura, ma di desiderio di ritornare di rivedere gli esseri con cui condivideva tutta la sua giornata. Poi, quando veniva l'ora della mungitura, la tensione sempre più forte alle mammelle le causava degli strani sogni ad occhi aperti. Mentre era distesa in un avvallamento del prato a ruminare, le sembrava di sentire le mani del pastore passarle tra le corna; poi lo vedeva prendere il secchio e lo sgabellino per mungere il latte. Sentiva la pressione di quelle sue mani ruvide e calde e le pareva di avvertire il latte sprizzare sul fondo del secchio. Allora un piacere strano e intenso le saliva pian piano al ventre dalle mammelle. Un piacere che era anche languore. Allora si alzava e prendeva la via del ritorno. Il pastore sapeva di avere una mucca particolare. Le prime volte l'aveva vista andarsene e aveva temuto che fuggisse. Così l'aveva seguita di lontano senza farsi vedere. Non avrebbe avuto senso legarla o sgridarla. Tutte le sue mucche erano libere e non gli era mai balenata l'intenzione di incatenarle a qualche albero. Nessuna però se ne era mai andata. Le mucche sono animali strani: timidi e accomodanti. Non amano la solitudine e passano la notte strette le une alle altre per confortarsi a vicenda del buio della notte che non amano. Ma quella era diversa. Sembrava voler fuggire e invece la si vedeva risalire velocemente la china all'ora della mungitura, come se avesse un appuntamento al quale non poteva mancare. Mentre il pastore la mungeva, essa voltava il muso verso di lui e rimaneva immobile a guardarlo e non muoveva neanche la coda per allontanare le mosche. Il pastore era turbato ogni volta dalla dolce violenza di quello sguardo. Non era per l'aspetto della mucca, uguale a quello di tante altre, ma era la scelta di andarsene ogni giorno, era la decisione di ritornare ogni sera con il passo rapido e lo sguardo pieno di desiderio. Mentre la mungeva aveva preso l'abitudine di parlarle e gli capitava anche di dimenticarsi delle altre bestie che gironzolavano lì attorno: una sorta di lungo monologo in cui raccontava i pensieri che gli passavano per la testa. Non che credesse veramente che Alba lo stesse ascoltando. O invece si, non gli importava perché parlare gli faceva bene: allentava il suo senso di solitudine, anche se era frutto di una sua scelta.
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