La bambina e il topo

14 Marzo 2021



La bambina e il topo
La bambina e il topo

Serie di Racconti di Fatti Realmente Accaduti  tratti dal Diario di una  Veterinaria  (Lucia) 

di Mariagrazia Rapetti

Introduzione

Mariagrazia mi ha parlato dell’idea di scrivere un libro sugli animali nel settembre 2020. Disse che nella sua mente tutta la storia, tutti gli episodi erano già ben chiari. E persino il titolo: “La bambina e il topo”.

Si trattava solo di scriverli e la incoraggiai. Per Mariagrazia non è facile scrivere da qualche anno. Anche lei ha bisogno di una bambina che la tocchi con mani gentili.
Io ero sicura che ci sarebbe riuscita ma confesso che non immaginavo che mi avrebbero stupita e commossa così tanto.

Sono davvero bellissimi, brevi, illuminanti, emozionanti come delle visioni improvvise, come delle miniature che appaiono nel cielo,  ti rallegrano  l’animo ti illuminano  sulla  verità del mondo.

I suoi racconti  sono  come delle  visioni. Parlano a tutti, le possono leggere tanto  i bambini come gli adulti. I bambini saranno affascinati e divertiti e li troveranno naturali, ma gli adulti li sentiranno come sprazzi intensi di vita, lampi sorridenti  che insegnano alla mente e addolciscono il cuore.

Cristina Cattaneo Beretta

La bambina e il topo

La Bambina e il topo

La Bambina e il Topo costituiscono un Archetipo latente in tutti noi.

È l’impulso incontrollabile di agire in circostanze disperate.

 

Lucia: “quando ero una bambina, stavo per andare a messa e sulle scale di casa trovai un grosso topo morto di freddo... d’impulso lo presi in braccio per riscaldarlo.

Mi beccò mia madre che, eliminato il topo, mi lavò con la candeggina.

Quando cominciai ad esercitare la professione di veterinaria mi vennero assegnati sempre casi disperati, di cui riporto alcuni brevi racconti qui di seguito.

 

GATTINO NERO IN CAMPO BIANCO

A un certo punto della mia vita, decisi di smettere di raccogliere cani abbandonati, gatti moribondi e uccellini caduti dal nido e, dopo questo proposito, come tutti i giorni mi recai all’ambulatorio.

La strada era bianca di neve e su di essa si stagliava nitidamente un gattino nero, magro e traballante.

Dopo un Lotta Interiore, mi fermai e lo raccolsi.

La sera stessa, andando a una riunione scolastica, una signora lo adottò.

IL CANE CHE SORRIDE

Lucia: Un pomeriggio entrò nell’ambulatorio il mio capo con in braccio una femmina di  cane Yorkshire Terrier: gliela avevano affidata in un allevamento per sopprimerla, perché non riusciva ad avere cuccioli.

Era magra, spaventata e sporca e aveva sulla schiena due chiazze senza pelo.

La mia amica Mariagrazia, mi suggerì di portarla in una toilettatura per animali per farla lavare.

Per strada, incontrammo due amiche che ci chiesero dove stavamo andando con quella povera bestia dall’aspetto poco gradevole.

Al ritorno incontrammo di nuovo le nostre amiche che ci dissero che l’aspetto del cane era molto migliorato e che sembrava persino sorridere.

Mi domandava: “adesso cosa faccio con questo cane?

  1. a) lo porto in un canile;
  2. b) lo riporto all’allevamento;
  3. c) lo sopprimo;
  4. d) lo porto a casa mia.

Indovinate cosa scelse? Lo portò ovviamente a casa sua e lo inserì tra i suoi cinque gatti e tre cani.

Mariagrazia : Olivia fu bravissima e rimase con me due anni.

Una mattina la trovai morta nella sua cuccia, senza aver manifestato alcuna malattia o altre cause.

Il CANE DI GHIACCIO

Un giorno arrivò in ambulatorio un uovo con un cane congelato dal freddo: non si muoveva più.

Il mio capo me lo affidò subito .. io tentai con tutte le medicine omeopatiche che avevo a disposizione.

Poi mi consultai con Mariagrazia e decidemmo insieme di fargli quello che sapevamo fare noi: REIKI, ossia trasmettergli attraverso le mani l’Energia Universale.

Dopo un’ora di trattamento, cominciavamo a disperarci, quando Mariagrazia suggerì di tentare un trattamento che Madre Teresa di Calcutta faceva ai moribondi per farli riprendere.

Si trattava di inspirare ed espirare insieme al cane.

Dopo mezz’ora non ce la facevamo più, ma Lucia disse di insistere perché la temperatura del cane si stava alzando. Infatti, a un certo punto il cane aprì un occhio e mosse la coda. Con fatica lo rimettemmo in piedi …

ANDATA…FATTO!!!

 

IL RAGNO

Una mattina, andando nel mio negozio di articoli ortopedici con due sacchi di prodotti-merce, mi accorsi che insieme a me, stava entrando in negozio un enorme ragno nero, che andò a nascondersi dietro una pila di scatole di scarpe.

Io non ebbi il coraggio di andarlo a stanare e lo lasciai tranquillo .. ogni tanto vedevo fare capolino tra le scatole di scarpe, un’enorme zampa nera.

Telepaticamente gli dicevo che presto avremmo riaperto la porta e lui avrebbe potuto uscire, tornare da dove era arrivato.

Gli dissi anche di farmi sapere, per mia tranquillità, dove sarebbe andato a finire: cantina, bagno o in strada.

Un giorno di Primavera piovve molto e io, uscendo dal negozio, lo vidi: tutto bagnato, grosso, morto in mezzo alla strada.

Ecco era riuscito a farmi sapere  dove era andato.

 

I GATTI NERI (Ugo, Blanche e Nerone)

UGO
Vicino a casa mia c’è una cascina con quaranta gatti.

La famiglia Zacchetti, li tiene-cura bene: ognuno ha la sua-propria casetta e, sopra le casette, c’è una grande tettoia che le ripara dalla pioggia e dalla neve.

Un inverno nevicò molto e la tettoia si ruppe, cadendo sulle casette (circa venti) andarono nella casa della famiglia Zacchetti e gli altri venti, di cui diversi feriti, mi furono affidati per il collocamento.

Riuscii a sistemarli quasi tutti, tranne un grosso gatto nero, Ugo.

Quando Mariagrazia mi veniva a trovare, lui le si piazzava in braccio e lei, quando se ne andava, mi diceva di sentirsi molto bene e che tutte le sue preoccupazioni erano sparite.

Dopo la morte di Ugo, Mariagrazia non venne più a trovarmi, perché ormai non c’era più il gatto.

BLANCHE 

Una gattina nera della famiglia Zacchetti era rimasta ferita e io dovetti operarla e curarla, ma lei perse per sempre la voce, ma non perse lo spirito d’iniziativa … si andò a cercare una nuova casa.

Si infilò furtivamente nella casa di Laura da dove sfrattò un vecchio gatto che era lì residente.

In seguito, divenne l’ombra di Laura: mangiava e dormiva con lei e la seguiva ovunque.

Laura si affezionò tantissimo a lei, al punto che, quando morì, la fece cremare e tenne la piccola urna in casa.

NERONE

Lucia: “un giorno arrivò in ambulatorio un anziano signore con una gabbietta che conteneva un grosso gatto nero anziano e malato.

Ci disse che era disperato perché, dopo vent’anni di convivenza con questo Prezioso Amico peloso, non poteva credere che potesse morire, perché altrimenti sarebbe morto anche lui.

Mi  fu affidato il caso e io lo portai subito a casa mia, e cominciai a bombardarlo con tute le medicine omeopatiche e non conoscevo.

Lo ripulii anche molto bene, niente pulci né vermi e gli diedi degli integratori alimentari per il pelo. Nonostante tutti i miei sforzi, dopo due giorni il gatto morì.

Mi consultai con la mia amica Mariagrazia su cosa fare e lei mi suggerì una strategia ai limiti della legalità che però poteva funzionare.

Andammo in un gattile e prelevammo un vecchio gatto nero malaticcio e io lo curai assiduamente, dopodiché, il titolare dell’ambulatorio, mi costrinse a riportare al gatto-sosia a suo padrone.

Io andai tremante a suonare alla sua porta e lui, quando lo vide, cominciò a gridare di gioia: <dottoressa, è guarito e guardi come è bello .. è più grosso, pelo lucido e occhio vivido.. non sembra più nemmeno lui!>. a queste parole, io scappai veloce come il vento, sperando che non ci ripensasse.

 

LE DUE NUTRIE

Le Nutrie sono animali originari del Sud America (Argentina?) che sono arrivati in Europa e si sono stati allevati in gran numero a causa del loro pelo, perché con esso si facevano le famose pellicce di “Castorino”: belle, calde ed economiche.

Vivono vicino ai fossi dove scavano profonde gallerie che usano come tane.

Sono animali vegetariani che amano molto nuotare e giocare.

Una mattina un bambino, in un sacchetto di plastica della spesa, mi portò una piccola nutria nata da qualche giorno che chiamai Elvis. Io la misi subito a nuotare nella vasca da bagno, dove lei stava volentieri.

Dopo una settimana portai con me Elvis alla Cascina Venara, dove io andavo tutti i giorni perché incaricata di dare da mangiare alle cicogne.

Questa era una cascina “Didattica” dove venivano spesso le scolaresche a fare delle gite ed Elvis mi accompagnava sempre.

Alla sera, quando tornavamo a casa, faceva merenda e andava a dormire.

Un giorno, Elvis è andato con i bambini a perlustrare il bosco intorno alla cascina e poi non è più tornato (si sarà forse inselvatichito o si sarà unito a un gruppo di nutrie).

Non rimasi molto senza una nutria perché dopo poco tempo un altro bambino mi portò, sempre in un sacchetto di plastica, una nutria appena nata, che io chiamai Epifanio e lo misi subito nella vasca da bagno.

La mia famiglia si ribellò e mi misero alle strette dicendomi che dovevo sistemarlo altrove, perché la vasca serviva a loro.

In quel periodo Mariagrazia seppe che una coppia di stranieri aveva aperto vicino a Certosa di Pavia una piccola fattoria con tutti gli animali da cortile, più un asino e alcune nutrie.

Balzai in auto con Epifanio e mi recai alla fattoria per  vedere se potevano accogliere anche lui, che infatti fu accolto con molto affetto e sistemato in un piccolo stagno con al centro una casetta dove poteva andare a mangiare e a dormire.

Dopo due anni, il titolare della fattoria mi avvisò che Epifanio era morto, ma non si è potuto sapere quale fosse la causa.

LA TORTORA (Attuale - settembre 2020)

Una mattina, trovai sul davanzale della finestra un piccolo uovo di tortora.

Mi informai presso la Lipu, su come avrei dovuto fare un nido adatto e su cosa avrei dovuto dare da mangiare alla futura piccola tortora.

Dopo la nascita, la piccola tortora mangiava con appetito e cresceva, poi incominciò a volare per la stanza e a un certo punto, si posò sulla mia testa e cercò di costruirsi un nido tra i miei capelli (VEDI FOTO).

La scena si ripete quasi tutti i giorni, ancora oggi

All’inizio della Primavera prossima, in un bel giorno di sole con un cielo azzurro, sarà pronta e la lascerò volare via libera.

 

Concludo con una frase di Fabrizio De Andrè: “che la Pietà non vi rimanga in tasca”.

 

Questo breve lavoro è stato composto a sei mani, di cui due palmate (le nutrie)

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