Visita al cimitero o dolcetto scherzetto?

31 Ottobre 2019



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Le festività di tutti i Santi, il primo novembre, e quella dei Morti che cadeva il giorno successivo, nella recente tradizione delle famiglie italiane, erano l’occasione di commemorare i propri cari defunti. Ricordo quando da bambina, la mia prozia mi portava al cimitero a “fare il giro” delle tombe dei parenti. Su ciascuna lasciava un mazzo di fiori e un lumino acceso e, mentre rassettava e puliva amorevolmente le tombe, mi mostrava i ritratti posti su di esse e mi ricordava chi rappresentavano. Poi, nel tragitto tra l’una e l’altra mi raccontava gli episodi della vita di ognuno dei parenti, dalla trisavola, alla cugina, e così via. Allora, i primi giorni di novembre faceva già freddo e quasi sempre pioveva… Ma la visita al cimitero non veniva messa in discussione, così come le interminabili messe con le litanie e il tradizionale brodo caldo con i ceci. Mentre gli anziani rimasti a casa, estraevano dai cassetti le immagini e le foto di parenti, amici e conoscenti defunti e le esponevano sul comò con davanti dei lumini accesi suscitando la curiosità di noi bambini che chiedevamo chi erano quegli strani volti e ascoltavamo attenti i racconti di chi li aveva conosciuti.

 

Nel giro di pochi anni tutto questo è quasi scomparso e soprattutto nelle grandi città pochi bambini e giovani vivono queste esperienze. Molti di quelli che si recano in cimitero lo fanno frettolosamente e per semplice abitudine. Del resto, sempre meno persone vengono sepolte. E la cremazione, quasi sconosciuta in Italia nel 1970 (0,2%) e ancora poco diffusa all’inizio del terzo millennio (circa 5% nel 2000) interessa oggi quasi un terzo dei defunti, con grandi differenze locali, e con punte di tre su quattro a Milano.

C’è troppa fretta per voltarsi indietro e revocare le proprie radici, il passato viene presto dimenticato, gli anziani, un tempo depositari della storia, sono anch’essi troppo affaccendati per fermarsi a trasmettere ai nipoti il loro sapere. Inoltre, si preferisce investire sul presente mentre le tombe e la loro manutenzione costano tempo e denaro. Così, la crisi economica e lo sfascio di molte famiglie le hanno rese agli occhi di molti superflue.

Ne è risultato che qualche anno fa il giorno dei Morti è stato tolto dall’elenco delle festività, mentre alle celebrazioni dei Santi si sono sovrapposte quelle di Halloween, fino ad allora sconosciute in Italia.

 

Halloween, che letteralmente significa vigilia di Ognissanti, è una festa antichissima che corrisponde al Samhain, il capodanno celtico. Per questo popolo di pastori, infatti, la fine dell’anno si celebrava il primo di novembre, nel momento in cui le greggi venivano fatte rientrare dai pascoli per ripararsi dal freddo. La fine dei lavori estivi e l’arrivo dell’inverno che corrisponde alla morte della natura, venivano celebrati con grandi feste di ringraziamento per la stagione appena terminata e di propiziazione per quella che stava per iniziare. Era la morte della natura che continuava a vivere solo sottoterra che è anche il luogo dove riposano i morti. Secondo la loro credenza, alla vigilia di ogni anno, il 31 ottobre, gli spiriti dei morti si univano al mondo dei vivi, e questi si abbigliavano in modo grottesco per spaventarli ed esorcizzare la paura, si munivano di lampade fatte di frutti incavati perché il fuoco scacciasse gli spiriti, offrivano dolci ai propri morti per propiziarseli ed evitare di subire scherzi da parte loro.

 

Quando si è iniziata l’opera di cristianizzazione dei popoli celtici, si è cercato di snaturare il significato di questi riti, sovrapponendovi il culto cristiano dei morti. Al Samhain si è fatta coincidere la festa di Ognissanti che nel mondo cristiano fino ad allora si celebrava il 13 maggio, ma che dal 700 venne spostata al primo novembre. Tuttavia, le celebrazioni celtiche non scomparvero mai completamente, nemmeno quando due secoli dopo, la Chiesa aggiunse ulteriori celebrazioni cristiane dei Morti il giorno successivo.

Poi, con le emigrazioni di massa degli Irlandesi nel Nuovo Mondo avvenute nell’Ottocento, la festa di Halloween si diffuse negli Stati Uniti perdendo ogni significato cosmico e religioso e trasformandosi in una festa di divertimento e consumo. E da lì, grazie alla globalizzazione è tornata in Europa.

Non è volontà di chi scrive prendere posizione verso questi cambiamenti, né crogiolarsi in un atteggiamento nostalgico verso la tradizione perduta o al contrario farsi ammaliare dal puro divertimento di Halloween. Ma riflettere e far riflettere sulle cause che possono portare a cambiamenti così rapidi, e alle conseguenze che si ripercuotono ai vari settori della vita sociale.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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