Rifondare la democrazia

17 Settembre 2020



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Molti confondono il sentimento di appartenenza collettiva che è alla base della democrazia con quello che caratterizza un movimento.

Incominciamo con quest’ultimo che ho studiato a fondo.

Il movimento è caratterizzato dal diffondersi di un senso di fratellanza anzi, meglio, da un senso di affratellamento dovuto a un modo comune di sentire: vivere le stesse sofferenze, gli stessi risultati, le stesse mete. Ciascuno percepisce che l’altro la pensa come lui, vede le cose nel suo stesso modo, soffre o si esalta per ciò che fa soffrire o esaltare l’altro. Lo stesso avviene per tutti gli altri membri che, via via, si uniscono al gruppo. Se uno di loro intona una canzone gli altri spontaneamente si associano. Spesso è un inno che parla del futuro e della libertà, talvolta invita a una rivolta, talaltra a una marcia: a un marciare insieme, verso una meta, una battaglia, uno scontro. Il movimento è sempre una rivolta, una lotta, e perciò la sua musica è un inno. Al profondo di ogni inno c’è sempre La Marsigliese. Il movimento si forma per il confluire di molte persone attorno a una meta, in uno stato di eccitamento. Anche se non ha armi, il movimento potenzialmente è un esercito che vuol sconfiggere un nemico e la sua fratellanza assomiglia alla fratellanza d’armi. All’interno del movimento si discute sulla strada da prendere, ma i membri sono già tutti d’accordo sulla direzione e su chi sia il nemico. Le categorie del movimento sono amico-nemico, fedele-infedele. Per di più il movimento ha una durata: inizia con quello che ho chiamato lo stato nascente e termina diventando istituzione, sia prendendo il potere e imponendo le sue leggi, sia dividendosi in gruppi ostili.

Di solito il movimento è guidato da un capo carismatico o da una élite carismatica che prende le decisioni accettate poi da tutti. Spesso ci sono delle assemblee, degli immensi raduni dove però i membri non discutono e non decidono, ma hanno l’impressione di essere in una democrazia, perché sentono di pensare e volere tutti quelle stesse cose per cui consentono e applaudono coesi.

Il movimento non diventa una democrazia perché tutte le decisioni sono prese all’unanimità, ma su parole d’ordine e slogan indicati dai capi.

I capi poi lottano fra di loro finché spesso, su tutti, non ne prevale uno.

Quando il movimento si istituzionalizza e si impadronisce dello Stato produce sempre una dittatura o una teocrazia.

 

Quali sono invece le condizioni per la nascita di una democrazia?

Prendiamo ad esempio una popolazione sedentaria formata da persone simili (per tipo di lavoro e di ricchezza) spesso in concorrenza fra loro ma con la stessa religione o religioni simili e una tradizione comune, almeno un mito fondatore.

Se in questa popolazione si afferma qualcuno per la sua ricchezza agricola o per la sua forza armata questi costituisce una signoria e la democrazia è impossibile.

Negli USA, la democrazia – come scrisse Alexis de Tocqueville ne La democrazia in America – fu possibile perché era stata eliminata la grande proprietà agraria tipica della nobiltà inglese. Questa stessa situazione esisteva ad Atene e a Roma, dove i proprietari terrieri avevano costituito il Senato, poi ancora nelle città stato italiane o della Lega Anseatica formate da mercanti e artigiani.

Ogni volta ne è uscito il Comune, cioè una comunità di individui liberi che, non volendo alcun padrone, eleggeva i suoi amministratori (civili e militari) fra i suoi concittadini per un periodo di tempo limitato.

Alle loro origini (sempre citando Tocqueville), tutte le funzioni pubbliche erano elettive.

La comunità riunita stabiliva cosa necessitava alla res pubblica, venivano indicati i settori: scuola, strade, acqua, giustizia, fisco, ecc. e, per ciascuno, era eletto un cittadino che doveva realizzare le opere necessarie.

La formula democratica si è molto arricchita con la separazione dei tre poteri: legislativo, giudiziario ed esecutivo, che continuano ad essere elettivi, anche se con formule diverse e su basi elettorali diverse. Non dimentichiamoci che questa tripartizione non esiste nei movimenti dove l’assemblea promulga, giudica, condanna e agisce.

È quanto faceva l’Assemblea della Rivoluzione francese che legiferava, condannava a morte i suoi membri e governava. Ancora oggi, nonostante sia al Parlamento e al Governo, la comunità grillina si comporta nello stesso modo.

Più in generale, possiamo dire che la democrazia diventa possibile solo limitando i poteri del movimento, dell’assemblea o del capo carismatico.

Negli USA, il timore che la Camera dei Rappresentanti possa nominare un capo carismatico è tale che l’elezione viene divisa in due votazioni di medio termine e controllata dal Senato, mentre il Presidente ha limiti fortissimi al suo potere.

La democrazia diventa tanto più piena quanto più si allontana dalla democrazia diretta o assembleare tipo Atene o l’Assemblea Costituente della rivoluzione francese.

La democrazia migliora ulteriormente quando molte decisioni importanti non sono affidate allo Stato centrale ma decentrate agli Stati federati che agiscono esprimendo più da vicino i bisogni e la volontà dei cittadini.

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Francesco Alberoni

Laureato in medicina, ordinario di Sociologia a Milano. Ha studiato il divismo L’elite senza potere (1963) ed è stato il fondatore della sociologia dei consumi in Europa: Consumi e società (1964). È il maggior studioso dei movimenti collettivi Movimento e istituzione (1977) e Genesi (1989), è il pioniere degli studi sull’amore: Innamoramento e amore (1979) tradotto in trenta lingue, un tema che ha continuato ad approfondire con L’amicizia (1984) l’Erotismo 1986) Ti amo (1996) Sesso e amore (2006) L’arte di amare (2012) Amore e amori (Edizioni Leima, Palermo, 2016). Con Cristina Cattaneo ha pubblicato L'universo amoroso (2017), Amore mio come sei cambiato (2019) e L'amore e il tempo (2020), Il rinnovamento del mondo. E' mancato il 14 agosto 2023.

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