Nelle società democratiche occidentali la morale è distinta dalla legge. La legge proibisce certi comportamenti che provocano danni a se stessi, agli altri o alla società, come il furto, la truffa, l’omicidio, ma non proibisce di pensare, di avere propri gusti e non impone per legge l’amore per gli altri, la solidarietà, la carità, la benevolenza, il coraggio, come non colpisce per legge l’invidia, la gelosia o il desiderio di vendetta.
Più in generale, né le virtù né i vizi possono essere imposti per legge. Lo stato non si propone di trasformare i cittadini in esseri generosi, altruisti, virtuosi, non vuole estirpare l’ambizione, l’invidia e la menzogna. Tutte queste cose possono essere approvate o dall’individuo o da parte della comunità o anche dalla totalità socialmente, ma non devono essere prescritte o proibite per legge.
Anche quando dominava la chiesa cattolica, nessuno ha mai pensato di imporre per legge le virtù teologali, le virtù cardinali o i vizi capitali. Le punizioni attendevano il peccatore all’inferno o al purgatorio. Le virtù erano poste come traguardi morali. E per quanto riguarda i vizi, questi erano oggetto di condanna morale, di ostracismo sociale, perdonati attraverso la confessione e sanzionati con atti di dolore e una penitenza che il soggetto si infliggeva da solo. Il cristianesimo non ha mai confuso la morale con la legge. Certo, nelle comunità non statali (di solito i conventi), c’era una legge spesso non scritta che imponeva l’esercizio di virtù e condannava i vizi e che prevedeva l’espulsione di chi li praticava.
Nell’Islam il dominio della sharia è più esteso di quello della legge nel cristianesimo, ma resta la separazione fra legge e morale.
Questa distinzione viene meno solo in certe situazioni politico-sociali, come per esempio durante l’Inquisizione spagnola, quando l’inquisitore esaminava con cura i comportamenti, le parole e gli atteggiamenti dell’inquisito. Ma attenzione, in questo caso non lo faceva per condannarle in quanto tali, ma solo perché il comportamento può essere un sintomo rivelatore se il soggetto è un cattolico, o un eretico, o un marrano. In questi casi, perciò, la legge non condannava direttamente un pensiero, una parola o un comportamento, lo faceva indirettamente tenendo conto del fatto che i cattolici abitudinariamente si conformavano ad una morale standardizzata. Un comportamento un po’ difforme, anche quello eccessivamente religioso poteva allora diventare sospetto.
Molti alumbrados e molti grandi mistici come Santa Teresa e San Giovanni della Croce sono stati sospettati e inquisiti.
Altre società, in cui si procedeva con sanzioni contro un comportamento immorale, erano le comunità protestanti puritane, ma anche luterane, dove l’individuo deviante veniva isolato, esiliato, stigmatizzato ed espulso.
Questo fu particolarmente vero nel New England puritano, dove la comunità era già l’embrione di uno Stato.
Ma l’episodio più significativo di trasformazione della morale in legge è stato quello della rivoluzione francese.
Robespierre, l’incorruttibile, voleva eliminare ogni possibile traccia di corruzione ed aspirava a imporre la fraternità e la virtù a tutti i cittadini. Di qui la legge dei sospetti, in cui una persona viene condannata non perché ha commesso un reato, ma perché è sospettata di averlo compiuto o potrebbe compierlo.
Lo stesso avverrà nell’Unione Sovietica: per far nascere l’uomo nuovo comunista, privo della avidità e dei vizi borghesi. I processi staliniani sono compiuti verso compagni che potrebbero tradire o diventare nemici o si comportano in modo sospetto. E lo stesso si può dire per tutti i regimi e le istituzioni totalitarie.
Nella prima parte del XX secolo in occidente non vi sono mai stati fenomeni del genere, ma le cose sono cambiate alla fine del secolo e in quello successivo.
Un esempio in Italia lo abbiamo visto con Mani Pulite, dove l’avviso di garanzia dato al sospettato in via riservata perché potesse difendersi, è stato comunicato ai giornali ed è diventato sinonimo di condanna.
Un certo grado di confusione fra morale e legge si è avuto anche nel comportamento della commissione europea che, da Bruxelles, ha emesso leggi per uniformare i comportamenti degli europei non solo nei consumi, ma anche nei valori, per esempio legiferando sui sessi, su maternità e paternità, sulla fine della vita, sui comportamenti verso gli animali.
E, negli USA, si è diffuso il principio del “politicamente corretto” che ha influenzato molta produzione legislativa, condannando pensieri e pratiche politiche sgradite.