Comunità e guerra

9 Marzo 2023



'}}
'}}

Soffermiamoci un attimo sul libro La lingua perduta dell'amore, di Nicola Ghezzani; l'autore riprendendo le tesi di vari antropologi, riflette sulla comparsa della guerra. Nel lungo periodo che segue l’ultima glaciazione e che vede la comparsa del Neolitico l’uomo è vissuto in piccole comunità pacifiche in uno stato che Ghezzani chiama "società conviviali".  In ogni caso noi sappiamo che queste piccole società non si facevano guerre di sterminio, non occupavano i territori altrui trasformandoli in colonie, davano un posto di rilievo alla donna. Le virtù dominanti di queste società matrilineari e pacifiche erano la coesione tra i membri, le emozioni, l’affettività, l’empatia.

Che cosa avviene?

Che il villaggio cresce diventando una piccola città, la casa contadina si radica, si arricchisce, diventa più bella e attorno iniziano a esserci delle piccole coltivazioni, il recinto per gli animali, i silos per la conservazione degli alimenti e la divisione del lavoro. Si formano divisioni politiche, amministrative curative e sacerdotali e la società in quanto tale diventa le sede di una ricchezza di un bene di scorte che possono essere derubate.

Mentre la società nomade vive sui carri questa vive sulla terra, è radicata a un luogo. Mentre la società nomade non può essere depredata questa può essere saccheggiata e distrutta e i suoi membri anche fatti schiavi. Di qui la necessità di truppe organizzate e difesa e di truppe organizzate alla conquista. È in questo periodo che incomincia la lunga epoca di lotta tra nomadi e sedentari descritta da ibn Khaldun.

 “Con la comparsa della guerra appaiono le tombe dei grandi guerrieri “. Si afferma cioè il culto del guerriero, della personalità dominante, aggressiva e violenta. La società inizia a essere strutturata in caste. Pochissimi dominano su masse enormi. Pochissimi diventano ricchi smisurati e comandano, moltissimi sottomessi a servire.

L’attuale situazione  ricorda questa svolta epocale dopo i trent'anni anni di pace dove ha dominato il mercato improvvisamente ritornano le potenze armate Si è creata una contraddizione che poco viene rilevata. Una società femminista dove c’è una libertà e diritti e contemporaneamente un sistema economico politico mostruosamente maschilista.

Se facciamo l’elenco dei proprietari delle grandissime imprese contemporanee tutte multinazionali, ma molte di loro controllate dagli Stati Uniti ci accorgiamo di avere davanti a noi una lunga serie di nomi maschili che appaiono come vincitori e trionfatori di quest’epoca e che nel loro insieme come potere economico e finanziario costituiscono una parte integrante di una elité mondiale di una oligarchia mondiale in condizione di provocare enormi trasformazioni e in costante gioco dialettico con la politica. Ciascuna di queste imprese, di questi uomini di questi eroi del contemporaneo è una potenza economica e politica come lo era il nobile in una società medioevale o rinascimentale.

Sono loro che decidono le linee economiche da perseguire, sono loro che progettano cosa fare, sono loro che combattono i loro avversari economici e i loro avversari politici. Quando parliamo di guerra dobbiamo rintracciare due livelli. Quello della guerra reale, in cui un gruppo organizzato colpisce l’altro e la guerra combattuta economicamente, sottraendo all’altro il suoi mezzi di sostentamento. E infatti lo vediamo in tutte le guerre degli ultimi decenni combattute a suon di sanzioni economiche.

Ovunque va diminuendo la consistenza della classe media, la sua indipendenza economica, la sua libertà di azione, la sua possibilità di ascesa, la sua possibilità di formarsi culturalmente, di trasmettere la cultura ai propri figli. L’indebolimento della struttura familiare non è solo frutto dell’ideologia del progresso  ma è soprattutto la perdita della capacità di produrre una ricchezza economica, di consolidarla, di difenderla.

Se la famiglia non è più una fonte di sicurezza, di difesa dell’individuo, di suo accrescimento , l’individuo fugge lontano, si isola si individua, si sradica.  La società di oggi che difende i diritti e le libertà ha però dimenticato completamente i valori dell’empatia, della solidarietà, della difesa della comunità, quelli che dominavano nei piccoli gruppi coesi in epoca paleolitica. Ma così facendo l’empatia, l’amorevolezza, sono diventate debolezze attraverso cui l’individuo è asservito. Non c’è da stupirsi se le donne per potersi affermare rifiutano la coppia, rifiutano di formare una famiglia e di avere figli. Perché donne e uomini a qualunque livello sono posti in concorrenza gli uni con gli altri, mentre i grandi poteri si trovano sospesi ben sopra le loro teste.

Ma tutti noi abbiamo bisogno di una comunità in cui vivere, alla quale appartenere.  Ogni potere viene sostenuto con la violenza e con il consenso. Il passaggio dalle antiche società matrilineari e pacifiche a quelle maschili è anche un processo di interiorizzazione che porta a esaltare chi vince, chi domina, chi non sente dolore nel vedere il vinto schiacciato che soffre. Pensiamo a una giovane donna assunta  in una multinazionale. Ha avuto accesso a una formazione di tipo tecnico di alto livello un tempo riservata agli uomini. È capace, è brillante, ha un animo empatico ed è vegetariana perché non sopporta che un animale venga ucciso. La indirizzano a occuparsi  di armi da guerra. Lo fa con la competenza tecnica, ma prima o poi incontrerà uno scoglio molto grande, non fuori di lei,  dentro la sua coscienza.

Per fare la carriera a cui aspira dovrà essere capace di non sentire la sofferenza delle persone uccise. Se riuscirà in questo potrà salire di grado e fare carriera e si moltiplicheranno le situazioni in cui dovrà tacitare la sua sensibilità interiore, oppure inizierà a soffrire, anche con disagi di tipo psicosomatico e ne risentirà la sua carriera.

Condividi questo articolo

'}}

Alberoni Cattaneo

ARTICOLO PRECEDENTEPROSSIMO ARTICOLO
Back to Top
×