C’è un immenso piacere nel creare, nell’inventare, nel costruire qualcosa, nel risolvere un problema, ma possiamo farlo solo per qualcuno che amiamo, per una comunità a cui vogliamo fare del bene. E possiamo continuare a farlo solo se in qualche modo ci sentiamo amati, apprezzati, utili, riconosciuti . Anzi, credo che quasi sempre nella vita non venga prima l’amore, ma la creazione, il dono di qualcosa di prezioso e solo dopo sorga l’amore per coloro a cui abbiamo donato e di conseguenza l’attesa di essere ricambiati. E’ lo stesso meccanismo che si trova alla base della maternità e della paternità: noi prima diamo la vita, doniamo e a questo punto amiamo e ci aspettiamo di essere amati.
Questo spiega perché le personalità creative provino così spesso un senso di delusione e di ingratitudine. Esse amano coloro a cui donano la loro opera, ma gli altri non li ricambiano affatto. Li guardano con sospetto mentre si danno tanto da fare convinti che lo facciano per ambizione o per un proprio tornaconto e, quando hanno successo, li invidiano. Poi, quando l’opera è finita, se ne impadroniscono con avidità senza riconoscere il merito degli inventori.
L’individuo creativo isolato, escluso, non ascoltato, non riconosciuto, l’individuo che si si accorge che quando parla le sue parole sono accolte con indifferenza o addirittura con disprezzo, con la caparbia volontà di non capire o di non ascoltare, l’individuo in esilio, perde ogni interesse e ogni volontà di fare, perché non ha più un interlocutore da amare, a cui fare del bene e da cui venir riconosciuto.
Nella persecuzione e nell’esilio si salva solo chi guarda al di là del contingente, e si rivolge ad un pubblico ideale.
Machiavelli scrive le sue cose migliori in esilio, quando non parla più ai suoi concittadini per ottenere un risultato politico, ma a tutti gli uomini che vogliono conoscere i reali meccanismi della vita e della storia. E lo stesso fa Dante quando, non potendo più tornare a Firenze dove è stato condannato a morte, allarga il suo orizzonte a tutte le esperienze umane e all’intera Italia di cui crea la lingua. Alcune delle più grandi opere creative nascono proprio dall’esperienza dell’esilio, del fallimento, della povertà, del rifiuto che porta a trascendere il contingente e a parlare a gente lontana, e proprio per questo sono valide.
Ma, per riuscirci, oltre ad una intelligenza folgorante occorre un animo nobilissimo e immensamente generoso.