Crisi e cambiamento: il terremoto di Lisbona un esempio per oggi

26 Marzo 2021



Crisi e cambiamento: il terremoto di Lisbona un esempio per oggi
Crisi e cambiamento: il terremoto di Lisbona un esempio per oggi

Nel 1755 alle nove del mattino, durante la celebrazione di Tutti i Santi, mentre i fedeli stavano andando alla messa e molti erano già assiepati nelle chiese, un violentissimo terremoto si abbatté sulla città radendo al suolo la maggior parte degli edifici.  A breve distanza ci furono altre due scosse che superarono li 8 gradi della scala Richter.  Subito dopo la costa fu investita da un maremoto  che travolse coloro che avevano cercato di sfuggire ai crolli correndo al porto e vicino al mare. Ma non era ancora finita, perché dai fuochi accesi nelle case e dalle candele accese nelle chiese, si svilupparono focolai di incendi che a causa del vento forte si propagarono in tutta la città. Lisbona bruciò per 5 giorni.

Secondo le stime in un’ora persero la vita 90 mila  degli oltre 200 mila abitanti.  Si salvarono solo coloro che si erano arrampicati sulle colline circostanti.

L’immensa sciagura ebbe risonanza in tutt’Europa. Sia perché il terremoto si avvertì in molti paesi. Lo  avvertì persino Casanova che era chiuso ai Piombi; gli effetti del maremoto si propagarono sino alle terre della Scandinavia e a sud verso la costa africana. Le cronache e i disegni del disastro si diffusero velocemente e suscitarono un’immensa impressione.  Teniamo presente che le persone viaggiavano molto e la comunicazione era rapidissima.

Questo evento tragico non colpì soltanto per il fatto che una delle città più belle era stata distrutta dalle forze della natura in un modo così violento, ma per come ciò era accaduto. Tutte le forze della natura si erano riunite nel giorno di un’ importante festività religiosa e si erano scagliate contro la città. Una sorta di vendetta divina.  Un altro disastro, simile era avvenuto a Catania, nel 1695 ma non aveva avuto la stessa eco. Perché?

Il migliore dei mondi possibili

In un’epoca in cui in cui al centro del dibattito culturale e filosofico vi era il problema del male e in cui il “dibattito per eccellenza” era quello filosofico, nelle prime decadi del Settecento aveva prevalso la filosofia dell’ottimismo.  Leibniz ormai era morto da tempo, ma la teoria dell’armonia prestabilita e  la sua idea che Dio ha creato per noi il migliore  dei mondi possibili aveva svuotato il problema del male dalla sua pesantezza metafisica. Leibniz,  grande matematico e logico, aveva avuto un grande seguito. Aveva soprattutto interpretato l’atmosfera settecentesca,  che si volgeva verso una rinascita leggera, elegante, felice, dopo un lungo secolo devastato dalle guerre di religione.

Ma ora la domanda sul male tornava a essere riproposta in tutta la sua dimensione ontologica nei termini in cui l’aveva posta Boezio molti secoli prima:

Si Deus est, unde malum? Si non est, unde bonum?  (Se Dio esiste, da dove viene il male? Se non esiste, da dove viene il bene?)

Si trattò di un tremendo trauma che colpì le coscienze e si diffuse come un’eco nella collettività. Voltaire "guarì" di colpo dall’adesione alla concezione leibniziana. Fu come un velo strappato dagli occhi. Scrisse di getto:

"Tutto è bene

Accorrete, contemplate queste tremende rovine,

Queste macerie, questi brani di carne e queste misere ceneri,

Direste, forse: "Questo è l’effetto delle leggi eterne

Che rendono necessaria la scelta di un Dio libero e buono?"

 

Poi riversò nel personaggio del Candid e le sue inesauribili disavventure, un'ironia graffiante e definitiva sulla condizione umana.

Si trattò di quella che lo psicoanalista Alexander aveva scoperto e chiamato: "esperienza emozionale correttiva". Solo che questa volta a essere dissipati non erano i pensieri cupi, ma la fiducia ingenua che tutto sia sempre parte di un bene più alto.

Anche per noi il Covid ha rappresentato un'esperienza emozionale correttiva rovesciata. Negli ultimi trent'anni si era diffusa a livello collettivo una visione ottimistica, fiduciosa, di potenza. Gli aspetti negativi erano perlopiù "negati", non visti.

Tornando a Lisbona, il devastante terremoto non fu solo la fine. Esso segnò anche un nuovo inizio. la ricostruzione venne affidata, con tutti i poteri per attuarla, a Sebastião José de Carvalho e Mello, Marchese di Pombal. Egli realizzò con ferrea determinazione un programma di ricostruzione e riorganizzazione della società. Agì su molti piani: interventi  di riforma, di riorganizzazione della vita politica e sociale: ridimensionamento del ruolo della nobiltà, abolizione della schiavitù.  Intervenne nei rapporti con le colonie, diede il via a un nuovo sistema scolastico, espulse i Gesuiti.

Non si limitò a ricostruire la città, ma costruì una società nuova, attuando immense riforme. Ma ricostruì anche la città, accogliendo le  proposte urbanistiche di un ingegnere militare ottantenne, Manuel de Maia, che  ricostruì la città riformandone l’antico impianto.

Ne emerse la Lisbona di oggi, una magnifica città, il fenomeno urbanistico del XVIII secolo. E sicuramente  un esempio a cui ispirarsi in un momento come l’attuale.

 

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Crisi e cambiamento: il terremoto di Lisbona un esempio per oggi

Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mi come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (la nave di Teseo 2020), 1989-2019 Il rinnovamento del mondo (La nave di teseo, 2021)

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