Ho gradito rivedermi più bello e vitale

12 Gennaio 2025



Ho gradito rivedermi più bello e vitale

                              GIACOMO LEOPARDI

Gentile signor Sergio Rubini, ho apprezzato il lavoro che lei ha fatto su di me. Anche le licenze posso dire che fossero legittime. Trattasi di produzione cinematografica e la realtà va… adattata.

Lei ha detto:

“È l’incontenibile amore per la vita il motore che muove Leopardi e la sua poetica; e il suo pessimismo è il risultato di una costante ricerca di felicità negata da un universo incomprensibile e sordo ai desideri degli uomini. La continua tensione del poeta verso la vita si manifesta attraverso una voglia di libertà, di amore e di bellezza, a costo di mettere in discussione ogni ordine costituito, dalla famiglia al conformismo dei suoi contemporanei. Piuttosto che lo studioso curvo perennemente sui libri, il nostro Leopardi quindi avrà il piglio di un esuberante enfant prodige che desidera divorare il mondo e viverne appieno ogni sfaccettatura. Al posto di una figura grigia, rischiosamente polverosa e respingente, preferiamo tratteggiarne un’altra più brillante, variopinta, trasgressiva e soprattutto piena di fascino. Sarà la ricerca di amore a spingere Leopardi oltre il recinto dorato della casa paterna, e sarà l’amore per una donna, l’ammaliante aristocratica Fanny Targioni Tozzetti, a diventare la sua ragione di vita.”

Tutto questo ci può stare e la ringrazio. Lei ha dedicato molto spazio al mio rapporto con la contessa Fanny e lo ha adattato alle regole del cinema, appunto. Certo ero affascinato da quella donna, come tutti del resto. Compreso il mio bellissimo, seducente amico Antonio Ranieri. Ed era impossibile competere con lui. Anche se lei mi …migliora, c’era davvero poco in me di bello e affascinante. Me ne rendevo conto. C’è un momento in cui la contessa mi bacia, con una certa passione. Certo mi ha lusingato vedermi così, ma le assicuro che Fanny non mi ha mai baciato.

E non era proprio la mia ragione di vita. E’ vero invece che quando ci presentarono a Firenze lei mi disse “mi inchino alla sua grandezza”. Sì, le parole erano quelle.

Mio padre, nella scarsa simpatia e nel rigore è ben rappresentato, anche se Monaldo non presentava un’unica espressione del viso. Sapeva variare.

Ranieri. Lì c’è molta verità, magari “troppa”. E’ vero che è stato il grande amico, decisivo della mia vita. Mi ha dato fiducia in me stesso e una parte di felicità. Lei, signor regista, a un certo punto, ci fa baciare, sulla bocca. Non ricordo che lo abbiamo fatto, ma anche questa mi sembra una licenza, efficace e utile, e attuale, certamente.

Lei e i suoi collaboratori avete molto studiato le mie idee, che io esprimo molte volte nelle riunioni e nei convegni. E avete inserito i miei versi con la mia voce “fuori campo” come si dice. Ed è vero che spesso venivo contestato. E’ vero, come lei dice, che io mettevo in discussione ogni ordine costituito, del resto è un preciso dovere di un poeta. Ma lo facevo con passione minore.

Erano quelli gli anni dei movimenti, delle rivolte, delle insurrezioni locali, era l’azione, eroica dei patrioti che spesso sacrificavano la vita. C’era grande discussione negli ambienti. Venni accusato di essere troppo indeciso, di non essere un patriota. Il punto è sempre lo stesso: la visione di un poeta, una prospettiva spesso lontana dalla realtà.

Per questo io ero, sono Giacomo Leopardi.

Mi ha davvero divertito l’episodio in cui falsifico un documento del 1300 e riesco ad ingannare il massimo esperto in quel senso. Quante risate ci siamo fatte, Antonio, Fanny e io. Il mio amico mi disse che ero un maestro della trasfigurazione. In senso positivo, magari nobile, “trasfigurare” è un’altra parte dell’anima di un poeta.

Il male. “Gibboso e malaticcio” erano le definizioni correnti che mi riguardavano. Il racconto cinematografico, come ha detto lo stesso autore, mi ha fatto diverso. Ma ero proprio così. Ho rivisto la mia malattia e la mia sofferenza stravolto nel letto, e poi la tosse terribile, i polmoni che cercavano l’aria disperatamente. Il dolore totale. La finzione era vicina alla verità. E’ un po’ come se l’avessi rivissuta.

Una tesi, portata subito all’inizio è che io non fossi gradito alla chiesa e quale fosse il mio status rispetto alla fede. Devo ripetermi: è lo status… di un poeta, “diverso”. Che non significa agnostico o ateo. Secondo Voltaire le arti sono lo strumento per avvicinarsi al trascendente. O a dio se cambi definizione.

La Chiesa ha poi rivisto la sua posizione. Mi piace pensare che abbia considerato la missione grande e profonda dei poeti, degli artisti, dei filosofi, dei narratori, di quelle anime profonde e oneste che hanno impiegato la vita a cercare di comprendere l’essenza del nostro passaggio sulla terra e che hanno sorpassato la dimensione terrena. Soffrendo, non riuscendo, quasi mai, ad arrivare alla verità assoluta, ma dando agli umani, con le loro opere, i canti, le sinfonie, conoscenza e libertà maggiori e, a volte, momenti di felicità.

A chiudere. Signor Rubini, ribadisco, ho gradito la sua opera. Abbastanza.

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Pino Farinotti

Pino Farinotti critico cinematografico, giornalista, docente universitario e scrittore. Autore di numerosi romanzi di successo, trai quali Sette chilometri da Gerusalemme.

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