La casa può renderci felici? Hygge, lagom, home

7 Marzo 2021



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Dopo che i vari lockdown ci hanno costretti in maniera o più meno rigida a stare il più possibile a casa, ci è venuto spontaneo pensare come viverlo al meglio e chiederci che cosa è la felicità e se questa è compatibile con il restare a casa. Ecco perché viene spontaneo riprendere le culture nordiche che, per ragioni climatiche, sono costrette a casa più tempo di quanto avviene da noi. Con delle sfumature diverse, i popoli nordici definiscono la felicità come hygge i Danesi, come lagom gli Svedesi e i Norvegesi, e come kalsarikänni i Finlandesi. Le nazioni più felici del mondo secondo il World Happiness Report redatto dall’Onu legano il concetto di felicità alla propria casa. Questa filosofia di vita dei popoli scandinavi, grazie agli effetti della globalizzazione degli ultimi anni, è calata anche verso il centro e sud Europa e oggi ha preso un vasto spazio anche nel nostro Paese, non diversamente da un altro concetto anglosassone, quello di privacy, anch’esso non tradotto in italiano e legato alla sfera privata dell’abitazione.

Per capire la portata del fenomeno, basti pensare che, sebbene hygge sia intraducibile in lingue come l’italiano o l’inglese, nel 2016 il termine si è diffuso ovunque ed è diventato così popolare sui social media che, nello stesso anno, sono stati pubblicati ben nove libri in merito e l’Oxford English Dictionary ha deciso di inserirlo all’interno del proprio vocabolario. Lo stesso anno, l’Oxford Dictionary e il Collins Dictionary hanno dichiarato hygge la parola dell’anno.

Ma cosa significa? Hygge si fa risalire a radici che ricordano termini quali “abbracciare”, “confortare” “benessere” e tutti rendono l’idea di cosa ci sia alla base della sensazione di felicità implicita in hygge. Fra i composti che ne derivano, c’è per esempio il termine fredagshygge viene utilizzato per descrivere il tipo di hygge che si prova il venerdì sera, quando, dopo una lunga settimana di lavoro, la famiglia è raccolta insieme sul divano davanti al camino.

Ma se la propria abitazione rappresenta per i danesi (e per i popoli scandinavi in generale) un luogo fondamentale di ritrovo e di condivisione, e fa quindi parte della sfera privata dell’individuo, essa appartiene anche alla comunità. Da un lato, infatti, la casa rappresenta il nido, ma, dall’altro, è anche il centro fondamentale della vita sociale e di esperienze condivise con parenti e amici.

Per questo motivo, le abitazioni devono essere soprattutto accoglienti per sé stessi, ma anche per i propri ospiti. Vengono solitamente arredate con linee essenziali e pulite, con colori naturali, che trasudano semplicità, funzionalità e modestia, sono rese accoglienti grazie a candele, lampade a luce soffusa, grandi e comodi divani ed esprimono la personalità di chi vi abita con fotografie, oggetti e decorazioni che ricordano i proprietari di casa e che vengono condivisi con gli ospiti. Tutti questi elementi di arredo rappresentano secondo i danesi una sensazione di felicità e di pace che difficilmente si può spiegare a parole. È un’immagine simile a quella che i tedeschi indicano con l’aggettivo molto usato Gemütlich per definire una sensazione di “accogliente, confortevole, il sentirsi a casa”. È il rientrare stanchi dopo una lunga giornata di lavoro e trovare l’accoglienza della propria abitazione, circondati dalla propria famiglia.

A differenza dello stile di vita hygge, realizzato, come abbiamo visto, creando un’atmosfera accogliente e intima, in un tempo rallentato che permette di assaporare le piccole gioie della vita, il lagom è una condizione mentale e una condotta di vita. Il lagom è così radicato all’interno della cultura svedese che l’Ikea, ambasciatrice universale del mondo scandinavo, ha creato un intero progetto, reduce, re-use, recycle, in pieno stile lagom. Lagom significa infatti “la giusta quantità”, “niente di eccessivo”, “abbastanza”, è una ricetta per vivere una vita bella, felice, armoniosa ed equilibrata: senza eccessi: né troppo, né troppo poco. Le sue basi sono quindi moderazione, consapevolezza sociale, sostenibilità, basate su un pensiero etico democratico ed ecologico.

Diversa è l’accezione finlandese di felicità come kalsarikänni, dove sono assenti le implicazioni etiche o ideologiche del lagom e l’idea di convivialità intima e famigliare in una casa confortevole di hygge, ma dove, il punto essenziale è la possibilità di chiudersi in casa, sdraiati sul divano in mutande, possibilmente da soli, con qualcosa di buono da sgranocchiare e soprattutto da bere fino ad ubriacarsi, è lo staccare la spina, smettere di pensare e farsi una bevuta davanti alla tv o con un bel libro.

Nei Paesi latini tradizionalmente non esiste una visione della casa come l’ambiente privilegiato di felicità simile a quelle descritte sopra. La vita sociale trascorre per gran parte del tempo all’aperto, nelle piazze, sui marciapiedi, nei locali pubblici. Tuttavia, i cambiamenti degli ultimi decenni nelle relazioni sociali e famigliari, i nuovi stili di vita che ci portano a vivere in modo diverso e più intenso le nostre case - pensiamo alle serate trascorse a guardare film o serie tv, o passate al computer, o alle giornate a casa con il telelavoro o alla perdita di legami di vicinato e di quartiere e alla paura per i pericoli della strada, solo per citare qualche esempio -  per non parlare dei recenti periodi di lockdown dovuti alla pandemia, ci portano a un nuovo modello di casa più simile a quello nordico, che importiamo anche grazie alle contaminazioni dello stile Ikea.

Così, se le abitazioni nei secoli passati miravano a essere eleganti e durature - contava il buon gusto, la coerenza di stili e di colori, la simmetria delle suppellettili e la disposizione armonica dei mobili – ed erano in gran parte considerate luoghi di rappresentanza o status symbol, con il salotto buono dove non si doveva accedere, la sala da pranzo aperta solo per le feste e un grande numero di spazi vietati ai bambini, ora non è più il giudizio sociale di potenziali visitatori estranei a influenzare le scelte, ma queste sono determinate soprattutto dalle esigenze della comodità di chi ci vive.

I famigliari o gli amici che entrano in casa devono sentirsi a proprio agio condividendo con chi vi abita tutti gli spazi e gli oggetti. E sono proprio questi ultimi che danno carattere, unicità e calore alla casa, siano essi il disegno fatto dal bambino e appeso al frigorifero, il souvenir dell’ultimo viaggio, il ninnolo recuperato dalla casa della nonna, un ricordo d’infanzia, il lavoro di bricolage appena terminato o un regalo appena ricevuto. Siamo lontani dai “consumi vistosi” che aveva individuato Thorstein Veblen quando aveva descritto la borghesia americana di fine Ottocento, per la quale era considerato bello solo ciò che era costoso, o, dalla casa come status symbol dei decenni passati.

Oggi, invece, sono proprio le piccole cose ad acquistare una specie di sacralità e a costituire la nostra casa, fino a farla sentire una home. Trovarsele davanti quotidianamente, conferma la nostra identità, ci ricorda chi siamo, consolida il nostro stare insieme, ci dà sicurezza e appagamento. In breve, ci dà hygge non diversamente dai danesi, anche se non abbiamo un termine nostro per definire quel tipo di felicità.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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