La casa in tempo di Coronavirus

21 Aprile 2020



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Molti si chiedono cosa cambierà nelle nostre società dopo il coronavirus, nessuno lo può prevedere, ma forse rispondere alla domanda: “cosa è cambiato oggi?” ci può aiutare a conoscerci meglio e a impostare le nostre vite nel futuro.

La costrizione dentro le mura domestiche soli o solo con famigliari conviventi ha ristretto enormemente il nostro ambiente di vita e ci ha permesso di vedere la nostra casa da una lente di ingrandimento, ha cambiato la nostra gestione del tempo aumentando notevolmente quello dedicato alle attività domestiche, ha messo in luce pregi e difetti dello stare in casa e dello stare soli o con i famigliari. C’è chi dice di godersi la casa, chi di odiarla. C’è chi ha finalmente condiviso con il partner e i figli quello che non aveva mai condiviso. Chi, invece, ha acuito i conflitti famigliari e ha aumentato lo stress. Insomma, il coronavirus ci ha costretti a metterci a confronto con la nostra casa e con la nostra vita affettiva. Allora, i nodi, se ce ne erano e non avevamo né il tempo e né il modo di vederli e di districarli, ora vengono al pettine.

Pensiamo alla casa, se prima non percepivamo sulla nostra pelle la differenza fra il nostro bilocale nel centro della città, magari senza balcone, e la villetta dell’amico in periferia di quattro o cinque locali e con un giardinetto, ora, forse quel sogno che non abbiamo avuto modo di realizzare o che abbiamo lasciato nel cassetto non solo e non necessariamente per motivi economici, ma per la comodità con il posto di lavoro o con altri servizi, torna a farsi vivo e nella scelta della prossima abitazione potrebbe pesare.

Anche nella disposizione interna della casa abbiamo fatto delle scelte senza forse rendercene conto a seconda della visione che ci facevamo della nostra vita al suo interno. Per alcuni di noi la casa deve essere soprattutto un luogo aperto per accogliere gli amici, e metterli a proprio agio, confortevole, informale con spazi aperti e pochi oggetti personali e senza angoli intimi. Sono soprattutto i giovani e gli uomini in particolare a condividere questa visione.

Per altri, invece, la casa è soprattutto un rifugio e un nido dove ripararsi dal mondo esterno, è chiusa, sicura e intima. Ma, se si vive con un partner, la casa rifugio può essere di due tipi. Si può considerare ogni spazio, ogni arredo, ogni oggetto, ogni strumento come un bene comune, scelto e voluto da entrambi e fruito o vissuto insieme, oppure, la disposizione della casa può essere il risultato di una trattativa dove si è arrivati a una spartizione più o meno equa di spazi, arredi e oggetti individuali. Una casa cioè dove non prevalgono i “nostri” spazi, dove tutto è aperto e comune, come nel primo caso, ma che si divide in “miei” e “tuoi” spazi, dove si tenderà a chiudere gli ambienti e a riporvi le proprie cose.

Quest’ultima modalità, segno di una coppia meno affiatata dove non vi è una completa fusione e condivisione di vita, ora con il coronavirus ha permesso di avere una certa libertà e autonomia - soprattutto se uno dei partner o entrambi devono fare il telelavoro, se ci sono bambini a casa in connessione con la scuola-. Nella casa dell’open space, della condivisione totale, le coppie vengono messe alla prova e se gli spazi non corrispondono più- o, peggio, non sono mai corrisposti – allo stile di vita che realmente entrambi avrebbero voluto condurre, allora la convivenza diventa difficile.

Ecco perché nella scelta della casa cambieranno in futuro due cose: la prima, riguardante tutti noi: faremo più attenzione ad adattarla al tipo di relazione che realmente abbiamo con il nostro partner e alle attività che vogliamo svolgervi, focalizzando la scelta su come immaginiamo la nostra vita al suo interno e non come se essa si svolgesse soprattutto al lavoro o nei luoghi di ritrovo – anche se come è auspicabile, vi torneremo a trascorrere gran parte del nostro tempo -. La seconda riguardante gli architetti e gli amministratori: i primi dovranno costruire appartamenti versatili, con pareti facilmente chiudibili, spostabili e il più possibile aperti verso l’esterno con terrazzi e verde; i secondi dovranno facilitare i cambiamenti di casa – oggi difficili e onerosi – così da permettere alle famiglie quando si ingrandiscono o si riducono di vivere via via in un appartamento su misura. Oggi, invece, ci troviamo ad avere famiglie con figli, compressi nei piccoli spazi della prima casa in cui la coppia è andata a vivere, e persone anziane dopo che i figli hanno lasciato la loro abitazione, sole in grandi appartamenti spesso tristi e vuoti.

Insomma, i progetti per nuovi tipi di abitazione flessibili e verdi, sulla carta ci sono già da tempo e in parte alcuni Paesi li hanno già realizzati, ora non resta che sperare che ognuno sia messo nelle condizioni di scegliere l’abitazione più adatta alla fase di vita in cui si trova e al tipo di rapporto stabilito con i conviventi, tenendo conto che una stessa abitazione può diventare da tenero nido a gabbia d’acciaio.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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