Una idea che Moravia prende da Sartre. Le cose gli sembrano inconsistenti, non suscitano in lui nessun interesse. Non gli importa della madre, del fratello, non gli interessa il lavoro, l’arte, non gli interessa nulla. Tutto gli è indifferente. Questo sentimento scompare quando ascolta la storia di un pittore (Balestrieri) che è morto facendo all’amore con una ragazza (Cecilia). Ne è colpito e, approfondendola, si identifica con il Balestrieri ed incomincia a domandarsi che cosa vedeva in quella donna, che cosa aveva per diventare tanto importante per lui. Chi era, cosa possedeva per suscitare un desiderio così intenso, totale? Incontra la ragazza e, sempre pensando al pittore morto, incomincia a fare all’amore con lei sempre più spesso, sempre più intensamente. E vuol sapere, più dettagliatamente, ossessivamente, che cosa c’era stato fra i due. E' l’infatuazione da dominio. Dino possiede Cecilia innumerevoli volte, lei è sempre disponibile, anche quando lui la tratta con crudeltà. Ormai ne ha il dominio, ha ciò che cercava. Ma proprio perché ormai ha per le mani una schiava, il suo amore, il suo desiderio scompare. E torna a provare il senso di vuoto, di inutilità, per cui decide di lasciarla.
Va a comperarle il regalo d’addio e l’aspetta per l’ultimo appuntamento. Ma Cecilia non viene. Era sempre venuta, ed ora che ha deciso di lasciarla non viene. L’aspetta con ansia, prova “una trafittura al cuore”. La sua assenza, il fatto che non abbia mantenuto la promessa dimostra che non la domina, non la possiede totalmente. E, nello stesso momento in cui capisce che non verrà, la sua indifferenza, la sua mancanza di desiderio e il suo proposito di lasciarla scompaiono. Ora la vuole, vuol sapere dov’è, perché non è venuta. Dino desidera solo ciò che gli sfugge, ciò che non domina e vuol possederlo e dominarlo proprio per spegnere il desiderio.