Il Natale e la scintilla dell’amore

6 Dicembre 2018



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Talvolta, un evento esterno aiuta la coppia a rinsaldarsi o, al contrario, ad acuire i conflitti.

Quando l’evento è il pranzo di Natale, l’effetto è certamente di grande impatto. Ne abbiamo un esempio in  Buon Natale, buon anno, il film girato da Luigi Comencini nel 1989, tratto dall’omonimo romanzo di Pasquale Festa Campanile.

È la storia di due coniugi anziani, Gino ed Elvira, che, non riuscendo più a pagare l’affitto della loro casa, sono costretti a lasciarla e vengono separati per venire ospitati ciascuno a casa di una delle due figlie. Lì, per sdebitarsi, si occupano delle faccende domestiche e dei nipoti.

Dopo diverso tempo di rapporti ormai rarefatti, freddi e incrinati dal rancore e da una gelosia retroattiva di Gino, la coppia si rivede quando le figlie e le rispettive famiglie si radunano per un pranzo di Natale interrotto bruscamente dai loro litigi. Prima che ciò avvenga, però, i due vecchi coniugi hanno l’occasione di darsi un bacio formale di buon Natale, seguito da una serie di altri baci sempre più appassionata.

Quell’occasione è servita loro a farli sentire una coppia e a rinnamorarsi reciprocamente.

Da quel momento, provano il bisogno sempre più impellente di telefonarsi, di vedersi, di stare insieme. Ma lo fanno furtivamente per la vergogna che provano verso le figlie, come avviene spesso negli anziani innamorati.

Ripetendosi la stessa situazione di clandestinità e di complicità che vivevano prima del matrimonio, si riattivano anche le sensazioni, le emozioni e la creazione di un progetto comune in cui si fondono i sogni dei due amanti e che accompagnano l'innamoramento. Così Gino descrive il loro stato d'animo quando riescono a vedersi: “finiamo col fare gli stessi discorsi di quando eravamo fidanzati, quasi quarant’anni fa. È curioso, ma parliamo convinti, infervorati, di un avvenire che non avremo mai. Il nostro avvenire di allora è già passato. Quel che ci resta è il presente. Siamo gente, Elvira ed io, capaci di sopportare insieme molte cose, appunto, insieme.” Quel progetto, infatti, acquista senso e dà loro la forza di lottare contro il tempo che rimane, solo se è pensato per la coppia: “È strano (…) quando si è giovani si sogna il futuro ma non si va mai troppo lontano, nessuno si spinge a figurarsi vecchi (…) perciò, quando si è arrivati in quella zona incerta, quando si è vecchi, si ha bisogno di essere insieme.”

Il loro è un amore riattivatosi dopo un periodo di distacco che li ha portati ad apprezzare la vita insieme e i valori condivisi.

È stato il “meccanismo della perdita” a riattivare la passione. Il non dar più per scontata la presenza dell’altro e la sua lontananza hanno ridato valore all’amato e all’amata, hanno riacceso il desiderio e, con questo, non solo la gioia dell’incontro, ma anche la paura di perdere di nuovo chi si è ritrovato. È bastata allora una situazione, anche inaspettata, improvvisa, non programmata, straordinaria come il Natale per far riaccendere la scintilla e non importa a che età questo sia avvenuto.

Descrivendo ciò che sta loro succedendo, continua Gino: “è adesso, solo adesso che mi innamoro sul serio di lei (…) d’improvviso sono io a desiderarla, come non ho mai desiderato nessuno. (…) Da pochi giorni ho cominciato a vederla come una donna; non come una moglie: con un’attenzione non consumata dall’abitudine”.

Ciò che sente è un’ulteriore prova che non bastano una convivenza quotidiana e una routine fatta di interazioni continue a far sentire una coppia unita.

Anzi, spesso hanno l’effetto contrario. La fusione spirituale, il piacere e il bisogno di stare insieme e di avere l’altro unicamente per sé si hanno solo quando si è veramente innamorati. Per questo, quando Gino si rinnamora di Elvira riappare anche la gelosia. Gelosia che, in questo caso, è sentita come qualcosa di doloroso ma, al tempo stesso, di piacevole, in quanto prova della vitalità del suo amore: “la mia gelosia, ingiustificata, assidua, instancabile – spiega- ha sempre un motivo, o un pretesto, per spargere il suo veleno dentro di me. Non si guarisce (…) o forse è vero che anche questa gelosia che provo mi piace. Che mi fa sentire più giovane di quello che sono, più innamorato di quanto sia mai stato.”

Alla fine, grazie alla forza del loro amore, i due riusciranno a trovare il coraggio di confessarlo ai figli e di rifugiarsi in un faro dove passare il tempo che resta loro da vivere, insieme e felici.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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