Chi non rientra tra i canoni di quella bellezza plasmata dalle influencer o prospettata dal popolo del web può essere attaccato e deriso. Ma, può anche finire sotto una pioggia di critiche, insulti e perfino minacce. Il tutto avviene solitamente da dietro le tastiere e sui ring dei social network.
Parliamo di atteggiamenti nocivi e perniciosi, sempre più diffusi sul web, dove vengono prese di mira in particolare le donne, ma non mancano anche gli uomini. Solitamente, nella trappola ci finiscono le giovanissime, le “teen” in piena età adolescenziale e di sviluppo, ma anche donne di mezz’età. Tutte vengono tirate in ballo per una loro determinata caratteristica che non risulta essere coerente con i canoni estetici issati dal giudizio virtuale.
Tutto questo ha un nome e si chiama body shaming. Tradotto significa “far vergognare”, ossia infamare una persona semplicemente giudicandola e criticandola per le forme del proprio corpo e per altre caratteristiche che la contraddistinguono. Il popolo del web diventa così giudice, stile XFactor, pronto a dispensare sentenze con l’intento di ledere.
Fuoriuscire dalla perfezione maniacale
Tutto quanto avviene mettendo sotto la lente le foto dei profili, ma anche giudicando gli scatti ingenuamente condivisi sulle pagine web. In particolare, vengono presi di mira i visi, le natiche ed i seni, ma non solo, anche la pettinatura e la taglia oltre ai difetti fisici. Ovviamente non vengono nemmeno risparmiate le malattie antiestetiche. Insomma, tutto ciò che fuoriesce dal maniacale vortice virtuale della perfezione.
Da qui da qui scatta la petulanza mediatica con le prime offese che spuntano in chat. E, così, come piccole palline di neve, si gonfiano di altre provocazioni ed insolenze fino a diventare slavine che possono travolgere l’equilibrio e la stabilità di individui di ogni età. Tendenzialmente soggetti già sensibili e vulnerabili.
Un processo falsamente innocuo
Ma c’è pure qualcuno che alimenta, il fenomeno body shaming, in modo disinvolto e, a volte, anche involontario convinto che sia un processo innocuo.
È successo qualche giorno fa, quando la giornalista Rai, Giovanna Botteri, è rimasta vittima dell'ironia del programma tv Striscia la notizia che, per voce della conduttrice Michelle Hunziker, aveva messo in evidenza sberleffe ed offese, alzate dal popolo del web, contro look e capigliatura della cronista corrispondente da Pechino.
Questo fatto si è ovviamente risolto in breve, ma chi finisce nella rete virtuale si copre comunque di imbarazzo. Tanto che, nei casi più gravi, la vergogna può anche portare a galla sensi di colpa e principi di inferiorità. Tutti processi che intaccano la sicurezza e l’autostima lasciando spazio ad inquietudine ed ansia. Ma la violenza mediatica può addirittura farci cadere in disturbi alimentari e depressione.
In pratica potremmo tranquillamente associare certi attacchi discriminatori ai fenomeni psico-sociali del cyberbullismo.
Diversità come bellezza
Questa moderna inclinazione al continuo confronto con l’altro e con la perfezione, però, ci allontana dal concepire la diversità come bellezza e le differenze come valore.
La bellezza ideale è di nicchia. Nulla può essere bello sotto tutti i punti di vista. Donne perfette, dive e star sono un’assoluta minoranza. La maggior parte delle persone possiede difetti, ha qualche chilo di troppo, ha qualche pelo in più, pancia tonda o fianchi marcati.
Ed è proprio lì il bello, la diversità. Ognuno con le proprie particolarità in una visione realistica del corpo, senza giudizi, ma spinta dall’accettazione. Alla fine, il corpo diventa il mezzo attraverso il quale viviamo e sperimentiamo la vita, per questo non dobbiamo fermarci al semplice valore dell’immagine.
Quindi l’aspetto fisico passa in secondo piano, rispetto alla persona. Solo ragionando in questo modo resteremo liberi. Solo così potremmo veramente essere noi stessi e svincolarci dal consenso, restando letteralmente sbalorditi.