Le Regioni italiane dopo Covid 19

4 Giugno 2020



'}}
'}}

L’unità d’Italia, come ben ha ricordato Francesco Alberoni, ha unito tra loro parecchi Stati indipendenti al Nord, al centro e al Sud.

Il processo di unità, lento e faticoso, ha avuto una forte accelerazione durante il fascismo.  Mussolini leader nazionalista, ha perseguito, fin dall’inizio, l’affermazione di uno stato fortemente accentrato, che fosse docile, dal Trentino alla Sicilia, ai suoi voleri dittatoriali.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si presentava pertanto come uno stato unitario, anche se con profonde differenze territoriali.

Le regioni rappresentavano una realtà prevalentemente geografica e la lingua comune, con il progressivo abbandono anche dei dialetti, ne era il principale collante.

Nel 1970, la nascita delle Regioni come organo istituzionale, anche se prevista dalla Costituzione, è stata calata dall’alto, in modo artificiale. La loro autonomia è incerta e legata prevalentemente al settore sanitario.

Peraltro da noi tutti i tentativi federalisti, a partire da Carlo Cattaneo, fin dall’inizio non avevano mai trovato spazio, come era avvenuto per esempio in Germania, dove la Baviera ha addirittura un suo Parlamento e un suo Primo Ministro.

Il Covid 19 ha modificato improvvisamente questo scenario. In soli tre mesi sono state riscoperte le Regioni. Si parla normalmente di confini regionali, un sacrilegio fino a pochi mesi fa, mentre i cittadini guardano alle scelte dei loro governatori, prima che a quelle del governo nazionale.

Le trasmissioni dei TG regionali, compresa la RAI, ne sono la dimostrazione più eclatante.

Le Regioni, da realtà geografiche, si stanno pertanto imponendo come realtà politiche, senza distinzione di appartenenze partitiche, in un percorso difficilmente reversibile.

Le contrapposizioni tra Nord e Sud, se mai ci fossero realmente state, hanno lasciato il posto ad una contrapposizione regioni/stato centrale.

Roma, con la sua monolitica casta burocratica, rischia di diventare la Versailles dei tempi di Luigi XVI, quando nobili e preti, asserragliati in un mondo surreale, sono stati travolti dal vero motore del paese: la borghesia.

www.pierfrancofaletti.com

Condividi questo articolo

'}}

Pierfranco Faletti

ARTICOLO PRECEDENTEPROSSIMO ARTICOLO
Back to Top
×