Leopardi innamorato

11 Agosto 2019



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Non sai/Che smisurato amor, che affanni intensi,/Che indicibili moti e che deliri/Movesti in me…

No, non è Neruda a scrivere questi versi intensi d’amore, ma è un timido poeta italiano, bruttino e celebre per il suo pessimismo cosmico, non certo per rime di passione e ardore erotico. È proprio lui: Giacomo Leopardi.

Proprio quest’anno ricorre l’anniversario dei duecento anni dalla composizione della poesia “L’infinito”, suo capolavoro e in tutta Italia, e non solo, si celebra il grande poeta con letture, rievocazioni, libri, spettacoli, grandi eventi.

Il poeta dell’Infinito, del “Sabato del Villaggio”, del “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” è ricordato soprattutto per le sue opere a carattere filosofico, metafisico, morale ma molto più raramente come poeta d’amore. La poesia più celebre dedicata a una donna: “A Silvia”, in realtà, sostengono i critici, pur dedicata a una giovane davvero esistita, la figlia del cocchiere di casa Leopardi, è solo un’allegoria della giovinezza e della caducità delle cose del mondo, una delle tematiche del pessimismo leopardiano.

Esiste tuttavia un altro Leopardi: un Leopardi incredibilmente appassionato, a tratti persino erotico, meno studiato e meno conosciuto. Un Leopardi innamorato.

È il Leopardi del cosiddetto “ Ciclo di Aspasia”, l’uomo appassionato che ricorda quando,  vedendo per la prima volta l’amata,   “a me si offerse/ L'angelica tua forma, inchino il fianco/Sovra nitide pelli, e circonfusa/D'arcana voluttà […] e ne immagina “il seno ascoso e disiato”

Chi avrebbe mai immaginato che il poeta, menomato nel fisico, dall’aria maldestra, all'apparenza scevro da ogni altro desiderio diverso dal consultare libri come un topo di biblioteca, potesse esplodere in una dichiarazione di sentimenti e passioni così forti e incontrollabili?

Sono cinque le poesie “Il pensiero dominanteAmore e Morte, Consalvo, A se stessoAspasia.” in cui Leopardi è quasi senza freni amorosi inibitori e descrive l’amore come  “Dolcissimo, possente /Dominator di mia profonda mente”.

Sotto il nome simbolico di Aspasia, la moglie di Pericle, si nasconde l’unica donna reale con cui Leopardi abbia avuto una lunga frequentazione, seppur platonica e non corrisposta: Fanny Targioni Tozzetti.

Fanny è una divoratrice di uomini di origini inglese che si è sposata con un nobiluomo molto abbiente per sistemarsi e ama fare conquiste, specialmente nel suo salotto intellettuale di via Ghibellina. E’ piacente e disinvolta, ama collezionare autografi di personalità celebri. Leopardi, ammaliato, gliene procura diversi, tra cui quello di Vittorio Alfieri.

Sono gli anni in cui Leopardi è evaso definitivamente dalle mura del suo palazzo di Recanati e gira per l’Italia con l’ambiguo e bellissimo Antonio Ranieri, presunto esule politico e donnaiolo, con cui imbastisce un’amicizia probabilmente interessata dal punto di vista economico, ma viscerale e chiacchierata.

Fanny scherza e dialoga con il genio della poesia, ma accoglie spesso e volentieri nel suo letto il suo bell’amico che tuttavia a sua volta non la ama perché spasima, non corrisposto, per un’attrice: Maria Maddalena Pelzet.

Un triangolo carico di passione, erotismo, gelosia degno di un libro libertino francese come “Le reazioni pericolose”, insolito per l’immagine canonica del poeta di Recanati.

Molti indizi fanno pensare che l’innamoramento di Leopardi per la sua “Aspasia” possa rientrare nei casi di invidia mimetica, studiato da Francesco Alberoni sulla base delle teorie di René Girard, ovvero  quando noi non desideriamo direttamente una cosa, ma la desideriamo perché questa è posseduta da altri e vogliamo portargliela via. E non sarebbe estranea all’infatuazione del poeta nemmeno una forma di attaccamento divistico in quanto Fanny, per le sue doti, era contesa da moltissimi uomini che desideravano essere il suo favorito ed era la “star” del momento a Firenze, dove Leopardi allora risiedeva.

In ogni caso noi contemporanei, “innamorati “della grandezza del Poeta, non possiamo non commuoverci di fronte alla tenerezza amorosa di Giacomo nelle sue struggenti lettere alla donna desiderata “Cara Fanny. Non vi ho scritto fin qui per non darvi noia, sapendo quanto siete occupata. Ma in fine non vorrei che il silenzio vi paresse dimenticanza, benché forse sappiate che il dimenticar voi non è facile”.

Purtroppo Leopardi non fu mai ricambiato, né da lei né da nessun’altra donna. Fanny, alcuni anni dopo la sua morte, fu quasi “incolpata” di non aver ricambiato questo amore e, intervistata da Matilde Serao, addirittura dichiarò per giustificarsi che Leopardi non seguiva adeguate misure igieniche per la sua persona e Leopardi stesso negli ultimi scritti la definì una prostituta.

Così tante volte, in malo modo, si concludono gli amori unilaterali.

Tuttavia la forza di questa passione che vive nella tarda produzione di Leopardi ci dà una luce diversa dell’uomo dell’Infinito, luce che già era apparsa quando aveva vent’anni nella sua meravigliosa dichiarazione sull’amore:

Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando,

benché tutto il resto del mondo fosse per me come morto».

 

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Giusy Cafari Panico

Giusy Cafari Panico, caporedattrice (email), laureata in Scienze Politiche a indirizzo politico internazionale presso l’Università di Pavia, è studiosa di geopolitica e di cambiamenti nella società. Collabora come sceneggiatrice con una casa cinematografica di Roma, è regista di documentari e scrive testi per il teatro. Una sua pièce: “Amaldi l’Italiano” è stata rappresentata al Globe del CERN di Ginevra, con l’introduzione di Fabiola Gianotti. Scrittrice e poetessa, è direttrice di una collana editoriale di poesia e giurata di premi letterari internazionali. Il suo ultimo romanzo è “La fidanzata d’America” ( Castelvecchi, 2020).

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