Non è una novità se nella società in cui viviamo il valore di una persona sembri tornato a essere connesso alla ricchezza e alla sua ostentazione, quello che è cambiato è che non si cerchi di mostrare anche di avere cultura, o capacità di elaborazione intellettuale o di dare un contributo alla collettività.
Il lusso sbandierato è un codice non scritto che definisce lo status di ogni individuo (si vedano le riflessioni di Veblen sul consumo vistoso), eppure, mai come oggi, questa ricchezza esibita convive con un impoverimento culturale e intellettuale preoccupante. Ci troviamo davanti a un paradosso: mentre il benessere economico cresce in alcuni settori facendo sembrare che la società sia in evoluzione, la capacità di pensiero critico sembra affievolirsi e tutta l’atmosfera di lusso che creiamo non ci fa vedere che, intorno a noi, il mondo continua a essere povero e a deperire.
Del resto la cafonaggine si trova ovunque. Basta passeggiare in una qualsiasi località turistica per rendersene conto: il boom degli affitti brevi, incoraggiato da piattaforme come Airbnb, Booking, TripAdvisor, ha trasformato le città d’arte in vetrine sfarzose. Non importa se la vita dei residenti viene stravolta, se il costo degli affitti aumenta a dismisura o se i centri storici si svuotano di botteghe artigianali per far spazio a boutique di lusso e ristoranti alla moda. L’importante è che l’ospite occasionale possa scattare la foto perfetta e condividerla sui social: esibirla.
Con il boom degli affitti brevi, il possesso non è nemmeno più reale, si affitta per pochi giorni un pezzo di lusso e lo si mostra al mondo. Sembra una definizione esagerata, ma dovremmo allora pensare alle ore di coda per la foto instagrammabile e non per il museo in sé, gente ferma in fila per poi scoprire che tutti erano lì per la medesima foto, il medesimo like. Negli ultimi anni è stato evidente questo fenomeno, grazie a Blog-meter (azienda italiana nata a Milano nel 2007 che si occupa di social), che ha evidenziato come l’82% della popolazione afferma di scegliere i viaggi in base all’influenza di Instagram.
La mentalità esibizionista si riflette anche nelle sfere personale e lavorativa. L’idea che il valore di una persona si misuri attraverso il suo reddito o il numero di follower è sempre più diffusa. Non importa cosa fai o che impatto tu abbia sulla società: se guadagni molto, sei qualcuno. Questo principio finisce per giustificare qualsiasi scorciatoia si imbocchi pur di raggiungere il successo economico.
L’etica? Un dettaglio insignificante. Il sapere? Un optional. Provate a guardarvi intorno e verificherete che è così.
Basti pensare all’influencer marketing, dove persone senza particolari preparazioni vengono pagate per promuovere prodotti e stili di vita irraggiungibili, ma desiderabili.
È indifferente il prodotto in questione, potrebbe essere un piatto di pasta come un sentimento. E così il pensiero critico viene eroso e sostituito da una cultura in cui l’apparenza diventa sostanza.
Il sociologo Jean Baudrillard (1929-2007) già parlava nel 1981 di “simulacri”, ovvero di una realtà rimpiazzata dalla sua rappresentazione più falsa.
Baudrillard scriveva: «Stiamo in un universo in cui vi sono sempre più informazioni e sempre meno senso».
Ed evidenziava come non sia più il reale a definire il senso, ma la soggettività a sostituirlo, a simularlo.
Una teoria non si manifesta, piuttosto si verifica. Oggi le persone non cercano esperienze autentiche, ma versioni costruite per essere mostrate. Una cena al ristorante non è tale se non viene fotografata, un viaggio non conta se non viene postato.
La parola chiave è mostrare, anzi mostrarsi , solo così siamo interessanti e sembreremo ricchi. Nel frattempo, le competenze linguistiche e la capacità di argomentare si riducono, ogni cosa perde di spessore. La cultura dell’intrattenimento ha preso la preponderanza su quella della conoscenza. È la società di oggi, fondata sui social e generatrice di masse che parlano e si mostrano ma non pensano. Cosa potremmo fare per invertire questa tendenza? La soluzione è ridefinire il significato di benessere economico. Il vero lusso non dovrebbe essere ostentare, ma decidere chi essere.
Per comprendere questa deriva culturale possiamo fare riferimento a studiosi contemporanei come il filosofo tedesco Byung-Chul Han, che nel saggio La società della stanchezza analizza il passaggio da una società disciplinare a una società della prestazione, dove l’individuo è costantemente sotto pressione per produrre e apparire. L’iperconnessione e il culto della produttività hanno trasformato le persone in ossessionate ma vuote interiormente. Siamo tutti alla ricerca estenuante di non si sa cosa, con l’ansia da prestazione e la competitività.
Le nuove generazioni crescono bombardate da immagini di successo che non si basano sul merito, ma sulla capacità di saper emergere. Ci siamo mai chiesti quale modello educativo stiamo diffondendo? Se il valore di una persona è determinato dalla sua capacità di consumare, dove si colloca il pensiero critico?
Anche la saggista statunitense Shoshana Zuboff, nel suo libro Il capitalismo della sorveglianza, descrive come le piattaforme digitali abbiano ridefinito il concetto di abilità, monetizzando ogni aspetto della nostra esistenza, inclusa la concentrazione. L’era digitale ha reso la nostra immagine divulgata più importante della nostra identità reale, dunque il valore di un individuo si misura attraverso il numero di like, di follower, di condivisioni. Si espone il superfluo, ma chi siamo davvero? Esseri pensanti o semplici manichini? La povertà intellettuale di questa società si manifesta nell’incapacità di formulare pensieri critici e nella riduzione della cultura a un accessorio marginale.
Il filosofo Mark Fisher, autore di Realismo capitalista (2009), esplora come il neoliberismo ha influenzato la nostra percezione della realtà, con focus sul consumismo sfrenato e sulla mercificazione delle relazioni umane. Questo meccanismo si traduce in una sorta di paralisi culturale. Anche la critica, quando emerge, diventa uno strumento di marketing piuttosto che una minaccia all’ordine costituito. Il risultato è un’umanità incastrata nel presente e incapace di proiettarsi nel futuro.
La ricchezza economica non può comprare l’intelligenza, la saggezza e la profondità d’animo, anzi, spesso chi possiede di più ha una visione ristretta della realtà, limitandosi all’ostentazione pura. Quanti dei “nuovi ricchi” si impegnano per una società più giusta e consapevole? Oppure il loro unico scopo è accrescere il proprio patrimonio e mostrare al mondo il proprio successo?
Abbiamo scambiato la profondità con la superficialità, il sapere con il possedere, il pensare con il mostrare. Ma a cosa ci porterà tutto ciò? Possiamo davvero definirci una società evoluta quando ci troviamo immersi in una povertà intellettuale così imbarazzante e evidente?
Si può cambiare? La risposta sta nella nostra capacità di abbracciare il significativo, di rivalutare la cultura come fondamento della nostra identità; riscoprire il piacere della lettura, il valore della riflessione lenta impegnativa e della conversazione profonda. Insegnare alle nuove generazioni che il vero successo non si misura in follower o in denaro, ma nella capacità di lasciare un segno nel mondo attraverso idee, pensiero critico, innovazione e progetti.
Per cambiare, dobbiamo ricalibrare il modello educativo sul pensiero critico. Anche i media e le figure pubbliche dovrebbero assumersi la responsabilità di promuovere modelli di successo basati sul merito e sul contributo reale alla società, piuttosto che sull’ostentazione vuota, sull’ego smisurato degli “affittacamere di lusso”.
L’uso consapevole della tecnologia è un altro nodo cruciale della questione: i social network, se utilizzati con criterio, potrebbero e diventare strumenti di conoscenza e comunicazione con gli altri, anziché mere vetrine di logoramento e potrebbero aiutarci a riscoprire valori più profondi e il senso della comunità
Ma per farlo serve un’educazione digitale e sembra che i governi incomincino a comprenderlo.
Insomma il problema non sta nello strumento ma in come lo usiamo.





