Telefoni? No, solo whatsApp

6 Agosto 2020



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È ormai radicata l'assuefazione a WhatsApp. Partita dai giovani, si è diffusa in un attimo tra gli amici, i conoscenti,  i  quasi scomparsi topi da biblioteca,  praticamente tutti prima o poi hanno ceduto a WhatsApp.  Nel tempo è diventato uno dei tanti luoghi, forse il più comodo, per parlarsi,  condividere foto, testi, immagini, parole: tutto è facile e gratis. E' talmente comodo da usare, che le coppie in crisi lo usano anche per lasciarsi. Più facile, senza strascichi. Ameno sembra.

E anche se non ha molto senso paragonare i diversi social che hanno cambiato tutti insieme la nostra vita, ho l'impressione che WhatsApp sia più invasivo di  Facebook.

Ad esempio, diminuisce la nostra libertà: se aderisci a un gruppo non puoi selezionare le informazioni e neppure selezionare i post di chi leggere.  Puoi silenziare o archiviare la chat, ma non saprai più nulla. Inoltre nei gruppi molto estesi non sei più sicuro dell'identità dei partecipanti.

In effetti i gruppi sono molto utili quando hanno un tema. Da evitare sarebbero, nei gruppi,  le discussioni che non c'entrano con le sue finalità, ma occorre un moderatore attentissimo e direttivo e quasi mai c'è.  Su WhatsApp è facile essere fraintesi o irritare gli altri. Perchè entrare in un gruppo è in fondo casa entrare in casa d' altri dove non decidi tu chi siede alla tua destra e le conversazioni che vi si faranno. E se non ti trovi bene, devi  decidere se salutare tutti e andartene, oppure restare in un silenzioso disaccordo, talvolta rancoroso. Per molti che si pentono subito dopo esservi entrati,  inizia un paziente tollerare, un  dissentire represso, perché alcuni scrivono continuamente, altri rispondono a tutto. E tu sei continuamente disturbato. La tua mente è sempre interrotta da qualcosa, il più delle volte da barellette o discussioni inutili.

Insomma noi pensavamo che i social ci rendessero più liberi e soprattutto ci liberassero dalle regole della vita collettiva. Invece questa si è solo spostata. Per relazionarci con gli altri sono sempre necessarie   grandi abilità sociali. Sapere con chi si è, cosa si può dire e cosa no, come rendersi simpatici.

La comunità  non ha smesso di osservarti, lo fa solo in modo diverso.

WhatsApp e i social in genere, hanno cambiato anche il nostro modo di scrivere in modo impressionante. Le frasi dei baci perugina sono già articolate espressioni di un pensiero complesso che raramente viene usato nei social. Infatti questi mezzi non tollerano la lunghezza. Bisogna essere veloci, sintetici, chiari!

Forse di tutto questo nulla breve e vuoto ci stiamo stancando. Si sta diffondendo  il  rifiuto verso chi si esprime con frasi troppo dirette e lapidarie.

Eppure non c'è via di uscita: a una  frase sintetica tendiamo a replicare in forma ancora più sintetica.  Oppure con un fiume di parole. Troppo lungo.

Vorresti parlare, spiegare, ti vengono in mente mille cose ma non puoi. E questo scatena aggressività. La comunicazione diventa uno sparo.

E così per la prima volta i politici che sparano frasi brevi sui social stanno avendo la peggio. Oggi le persone hanno bisogno di essere rassicurate, hanno bisogno di  gentilezza, vogliono in fondo che il leader sia  un papà che a voce tenue, con tono gentile parla con loro. Magari annuncia  che quest'anno non ci saranno i soldi per andare  in vacanza.

 

Perdere la voce

WhatsApp ci sta incivilendo in un modo subdolamente diverso. Ogni volta che desidero salutare una cara amica, non le telefono. E neppure lei lo fa. Oh no! potremmo disturbare invadendo così la nostra reciproca privacy. Meglio un WhatsApp. All'inizio lo hai fatto come primo contatto. Poi telefonavi. Ma pian piano ti sei accorta che anche "dopo il primo contatto" la tua amica rispondeva senza chiamare e così entrambe invece di parlarvi, vi scrivete.   E poiché le frasi sono spesso a doppio senso ecco la necessità di aggiungere faccine e paesaggi o fotografie.

Mentre camminiamo per la strada sono pochissimi quelli che guardano dove vanno. Tutti stanno leggendo o digitando qualcosa.  Molte volte,  dopo un quarto d’ora che scrivo sul cellulare, d’un tratto mi chiedo: ma perché non ci siamo telefonate? Perché non ci ho neppure pensato? Ma è ovvio, per non disturbare.

Un tempo il telefono stava nell'ingresso delle case e tutta la famiglia veniva disturbata dallo squillo, cosa ci sta succedendo? Cosa è questa privacy assoluta da ricoverato all'ospedale che difendiamo? Forse perchè lo scriversi è continuo come un fiume?

Noi usiamo WhatsApp e il telefonarci come sinonimi, ma non lo sono. Al telefono c’è un reale dialogo che avviene in simultanea, mentre su WhatsApp posso continuare a parlare con qualcuno  che mi risponderà magari tra 10 minuti, intanto faccio altro, guardo distrattamente il piccolo monitor e rispondo, talvolta nel dialogo perdiamo il filo di un discorso, iniziamo a seguirne tre insieme. Dopo un po' viene meno il legame tra i messaggi. Sino a che uno si stufa e con un ciao si chiude.

Ho nostalgia della voce.  Del coraggio di disturbare. Pochi usano WhatsApp per quello che è: lo strumento più leggero e facile per mandare un messaggio urgente, una foto, un documento.

Invece eccoci qui ! Per accordarci a uscire a prendere una pizza  in due, ci vogliono 25 messaggi. Se fossimo un gruppo di 25 persone, anche 250.

E non pensiamo mai al tempo, la risorsa più preziosa che abbiamo.

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mi come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (la nave di Teseo 2020), 1989-2019 Il rinnovamento del mondo (La nave di teseo, 2021)

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