Ogni società ha l’élite che si merita?

7 Ottobre 2019



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Quando leggiamo sui giornali o vediamo in tv quello che succede nella vita politica italiana, viene spontaneo chiedersi come mai siamo costretti ad assistere a episodi sempre meno degni di un Paese che è uno dei primi al mondo in tantissimi campi e che ci rende orgogliosi di appartenervi. Per capire cosa sta succedendo nella società odierna mi è stato utile rispolverare gli scritti di un nostro compatriota morto quasi un secolo fa: Vilfredo Pareto, ingegnere, economista, sociologo e autore di un grande Trattato di sociologia.

 

Che cosa scriveva in sintesi Pareto?

Scriveva innanzitutto che i popoli sono costituiti da una massa e da una élite che li governa e che, più che di lotta di classe come sostiene Marx, si dovrebbe parlare di lotta di élites. Chi va al governo, una volta che vi è arrivato, ha un solo scopo: quello di lottare per mantenere il proprio potere e non più quello di difendere gli ideali per i quali si era fatto eleggere in prospettiva di un futuro migliore per tutti. Aggiungeva anche che, una volta al potere, “la classe governante si appaga più del presente e si dà meno pensiero del futuro. L’individuo prevale e di molto sulla famiglia, il singolo cittadino sulla collettività e sulla nazione. Gli interessi del presente o di un futuro prossimo e quelli materiali prevalgono sugli interessi di un futuro lontano e su quelli ideali delle collettività e della patria".

Questo è un primo dato di fatto che Pareto riscontrava nelle democrazie osservate quando le élites si instaurano al governo.

Ma chi sono queste élites?

Anche qui la risposta calza perfettamente alle società di ieri e di oggi. Ogni società si fa governare dall’élite che più la rappresenta. In altre parole, se il valore dominante è quello del denaro, sarà l’élite dei ricchi a governare, se il valore è la forza, al potere ci saranno dei guerrieri e così via. “Vi può essere un’élite di briganti, come un’élite di santi – spiega Pareto - Le qualità di san Francesco d’Assisi, per esempio, sono del tutto diverse da quelle di un Krupp. Chi acquista cannoni di acciaio ha bisogno di un Krupp e non di un san Francesco d’Assisi.”

Allora, la prima cosa che dobbiamo riconoscere è che chi ci governa è lo specchio, almeno in parte, di quello che siamo noi. Ma non solo, questo è valido per le nuove élites. Poi, inevitabilmente, queste invecchiano e perdono sempre più di vista chi li ha eletti e i motivi per i quali sono stati eletti, si corrompono e perdono tutta la loro forza, perdono quella stessa forza che ha permesso loro di distinguersi dalla massa e di acquisire la spinta per salire al potere. Ecco che allora quelli che erano all’inizio degli “uomini leone” si trasformano in “uomini volpe” che alla forza delle loro idee sostituiscono l’astuzia necessaria a mantenere ad ogni costo e compromesso, la loro posizione il più a lungo possibile.

 

Dove va a finire tutta la loro energia iniziale?

Quella che aveva portato linfa vitale a tutta la società? Che era in grado di creare riforme, nuove leggi, progresso e benessere?La risposta l’abbiamo davanti agli occhi: quando le élites invecchiano, l’energia si sposta ai cittadini, alle masse, e sorgono movimenti di ogni tipo, nascono nuovi valori ed emergono nuovi “uomini leone” che cercheranno di sostituire le volpi al governo. È in questi momenti che si crea maggiore instabilità sociale e che “la classe governante e la classe governata stanno un poco di fronte una all’altra come due nazioni forestiere”. Ma la sostituzione non è mai immediata e la società ne soffre.

Più si prolunga l’agonia e più il popolo ne soffre.

Una società dinamica ha bisogno di una classe governante al passo e in anticipo con le esigenze del tempo, attenta ai problemi che sorgono via via, in grado di risolverli e di soddisfare i bisogni del massimo numero di cittadini. Quando invece l’élite al governo non arriva a far ciò, pur di non vedere la vita sociale paralizzata, la gente cerca le soluzioni dal basso. Si formano gruppi e attività di ogni tipo che agiscono per colmare i vuoti e le carenze dello Stato.

Basti pensare al Welfare State dove il supporto delle istituzioni è sempre più carente e sempre più delegato alle Aziende o alla miriade di associazioni benevole sparse ovunque. Oppure, alle iniziative prese a livello locale per favorire l’integrazione sociale – dai condomini solidali, alle social street, solo per citare qualche esempio – all’impegno per la salvaguardia dei territori e dell’ambiente che mobilita i cittadini a tutti i livelli – dalla rinuncia alle cannucce di plastica alle grandi manifestazioni di piazza.

 

Per quanto può durare?

Ma tutto ciò può durare solo fino a quando la situazione diventa così insostenibile e disordinata che, come ben analizza Francesco Alberoni, il sistema collassa e nascono i movimenti e le rivoluzioni che propongono nuovi valori e nuove istituzioni.

Se questo è il ciclo sociale a cui gran parte delle società sono sottoposte, allora non ci resta che chiederci a che punto siamo arrivati in questo processo di decadenza delle nostre élite, fiduciosi però che i valori - e la forza per metterli in atto - che non hanno più sede in alto, non si sono dispersi, ma vagano per ora fra la gente in cerca di un vero cambiamento e di nuova fiducia nel futuro e in noi stessi.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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