Tom Hanks dichiara: "Non credo che oggi la gente accetterebbe l'inautenticità di un ragazzo etero che interpreta un gay"
Caro Tom,
ti scrivo, sulla teoria e sul metodo, dall’oltretempo, dall’oltrespazio, dall’oltretutto.
Se potessi ti chiederei: “Davvero non interpreteresti più Andrew Beckett perché non sei gay? Ma dimmi, un attempato ritardato mentale lo faresti? Cioè, secondo te davvero: Stupido è chi lo stupido fa?
Tom, ne approfitto per dirti che sei stato magistrale nelle tue decodificazioni dell’autenticità. Noi però non abbiamo mai avuto il sospetto che tu fossi gay o avessi un’intelligenza limitata solo per avere reso efficaci le tue interpretazioni e la tua confidenza con le lesioni cutanee di Andrew o con il ritardo mentale di Forrest Gump.
Ti prego, non far finta di farci credere che di recitazione si tratti. Cosa ti ha spinto a fare queste dichiarazioni?
Tom Hanks Dichiara: "Non credo che oggi la gente accetterebbe l'inautenticità di un ragazzo etero che interpreta un gay"
OK, Tom! A nessuno interessa un attore non credibile, non trovi? Ma poi: perché secondo te un attore etero non potrebbe restituire la verità di un personaggio gay? Mi sfugge il problema.Tom Hanks dichiara: "Non è un crimine né un capriccio se qualcuno oggi desidera di più da un film in termini di autenticità".
Guarda che nessuno ha mai voluto il contrario da un attore: e tu sei stato incredibilmente bravo nell’essere credibile – pur non essendo gay o svalvolato – e devi ammettere che entrare in un personaggio non è un lavoro facile.
Ti do una notizia! Nemmeno Winston Groom, l’autore di Forrest Gump aveva un basso quoziente cognitivo, eppure ha saputo rendere efficace il protagonista del suo romanzo. Vedi Tom, si chiama fantasia, forza dell’immaginazione, creatività, scrittura, talento.
Per creare un’autentica finzione ci vuole mestiere studio passione ragione sentimento, straniamento e controllo. È chiaro: tu non sei mai stato stupido! Hai avuto un’infanzia difficile che ti ha fatto vivere l’esperienza dell’isolamento e certamente questo ti è servito per creare le mille e più sfumature di Forrest Gump. Ma non sei stupido, e nemmeno noi.
Sappiamo anche che da piccolo per superare i traumi dei momenti difficili scopristi l’azione benefica della recitazione. Facevi divertire i tuoi cari imitando qualcuno o fingendoti qualcun altro e questo per te era un gioco, un passatempo.
Ecco, recitare Tom è un gioco, un gioco serissimo. L’attore è carne viva.
È tutto scritto nei miei libri: Il lavoro dell’attore sul personaggio e prima ancora ne: Il lavoro dell’attore su se stesso.
Io ci ho lavorato per più di venti anni, avevo anche lasciato appunti, annotazioni: “completare qui”, “qui inserire un esempio”, “anticipare questo paragrafo”, da quassù mi sembrava che tutto ti fosse chiaro. Facciamo un ripasso.
L’impatto col personaggio (regola numero 1) sfocia nell’analisi (regola numero 2). L’impatto e l’analisi illuminano il testo scritto
Ci sei? Sei d’accordo?
Poi va affrontata la fase della creazione e dell’animazione delle circostanze esterne. La parola diventa corporea si stacca dal copione che si fa palcoscenico.
La prima lettura (del testo) è il primo vero atto creativo dell’attore. È un momento intimo, in cui non ti devi far condizionare perché è lì che chiami in causa la tua creatività.
Il testo deve risuonarti dentro, deve smuoverti qualcosa. E, in quell’atto di conversione al ruolo, inizia il processo di innamoramento verso il personaggio.
Perché se non lo ami, Tom, come fai a costruirlo?
Poi devi indagare i sette livelli dell’analisi. Quello della fabula, (devi cioè chiarirti i fatti, la vicenda, la storia), quello del quotidiano, (devi sondare cioè gli aspetti sociali e storici del testo) quello letterario (o filosofico) quello estetico (che sottende allo studio dello spazio scenico) quello psicologico (devi conoscere la caratterizzazione interiore del tuo personaggio: cosa sente? Cosa prova?), quello fisico (che ti aiuta nella costruzione della caratterizzazione fisica cioè della postura, dei movimenti) e infine quello delle sensazioni interiori nel tuo approccio al personaggio. Non è un caso che quello psicologico venga prima di quello fisico.
Prima pensi poi agisci. Una buona linea da seguire anche nella vita.
Dopo entri nel campo dell’immaginazione, metti in pratica le regole e inizi il gioco che dà vita al personaggio, che dà vita alla scena. Che l’accredita.
È tutto un gioco di fantasia. È qui che l’attore deve entrare in una nuova dimensione, quella dell’Io sono.
Si chiama gioco della riviviscenza e va sostenuto, dapprima a livello psicologico, e poi va agito, messo in atto. Ma cosa devi rivivere nella riviviscenza? Le vicende?
Eh no!
Io non ho mai detto che per interpretare un matto devi essere matto! Ho detto che devi sondare i suoi sentimenti, devi sentirti le sue budella che si attorcigliano alle tue. E puoi avvalerti di una qualsiasi tua esperienza in cui ti si sono attorcigliate le budella.
Semplice no? L’attore deve sporcarsi le mani, deve mettersi in gioco. Non deve avere paura di attraversare la scena, attraversandosi e lasciandosi attraversare.
Ah! Non ti si sono mai attorcigliate le budella?
Qual è il problema, crea! Inventatele le budella attorcigliate!
Se limiti il gioco della recitazione (al tuo solo livello esperienziale) freni la fantasia.
Devi sopperire alla mancanza di esperienza con la curiosità. Leggendo, studiando, osservando.
Cos’è un attore senza curiosità? Una marionetta, forse. La costruzione di un personaggio è un processo di innamoramento verso il personaggio.
La reviviscenza và stimolata con: intelletto sentimento volontà. Tutti gli elementi vanno indagati e risolti, altrimenti corri il rischio di creare degli standard, ergo sei nel cliché, che è il demone ammazza-fantasia. E poi, dopo aver risolto tutto questo, devi affrontare il testo a suon di ta-ta-ti, ta-ta-ti perché mica ti venga in mente di declamarlo o di scadere nella retorica!
Devi sperimentare Tom!
Le tatatirovanie servono per trovare la voce del testo, senza articolar parola.
Quindi Tom, se tu affermi che oggi non faresti più un personaggio gay significa che hai perso la forza della percezione e della creazione del personaggio.
Stai dichiarando che non saresti più in grado di percepire un personaggio distante dal tuo sentire, dal tuo vissuto, dal tuo essere e quindi ti rendi incapace di restituirlo credibile al pubblico.
Ti sottrai all’atto creativo iniziale, a quella fase del processo di innamoramento verso il personaggio che è la prima fase della costruzione di qualcosa di nuovo che ancora non c’è, non c’è mai stato.
In qualche modo è come se tu giudicassi il tuo personaggio inabile ad essere, lo commenti non lo ascolti, non gli dai la possibilità di essere. Di vivere. Allora ci stai dicendo che non hai più voglia di recitare e ancor prima di osservare il dramma.
Non sono, dunque non lo interpreto.
E lo studio Tom? La ricerca? La curiosità? L’anatomia del dramma? La diagnosi?
Per me l’attore deve saper inventare. Deve partire da un “come se”, per costruire le sue azioni.
Per chi invece non sa creare, hanno inventato gli schemi, le convenzioni, gli stereotipi, la retorica.
Ti auguro una vita autentica piena di consapevolezza della tua vocazione artistica, e del tuo ineguagliabile talento, caro Tom.
Konstantin Stanislavski
PS
A Tom Hanks, sperando che voglia continuare a emozionarci a lungo con nuovi personaggi.