Il mondo moderno è il prodotto di una quantità innumerevole di invenzioni e innovazioni. Hanno contribuito alla sua costruzione le persone più disparate e nei campi più diversi. Noi ricordiamo alcuni grandi personaggi, politici, artisti, cineasti, attori, sportivi o musicisti. Ma in tutti i campi vi sono stati degli innovatori. Soffermiamoci per ora solo in un campo, quello del giornalismo, anche qui vi sono state menti eminenti che hanno dato un contributo insostituibile e hanno aperto la strada a coloro che venivano dopo.
Tra coloro che hanno lasciato un segno indelebile di quell’epoca ne voglio ricordare due. Il primo; Joseph Pulitzer, è un nome che tutti conosciamo, sia per la fama della scuola di giornalismo che egli volle aprire, sia per il premio istituito al suo nome. La seconda è Nellie Bly, che fu molto famosa in vita ma che in seguito è stata in gran parte dimenticata.
Incominciamo da Pulitzer. Di origini ebraico ungheresi era emigrato in America nel 1864; incominciò la sua attività come redattore per un quotidiano di lingua tedesca. La sua ascesa ha del prodigioso. Partito senza avere quasi nulla, nel 1872 acquistò il Post e successivamente altri giornali che erano in perdita, e li rilanciò. Pulitzer fu un grandissimo innovatore: gli americani ritenevano che i fatti e le opinioni dovessero essere sempre separati, invece egli andò contro questo assunto. Pensava che non esistono i fatti senza le opinioni e questo lo portò a inaugurare il giornalismo militante. Riteneva che la stampa ha il dovere di interessarsi a quello che accade, deve agire come elemento di cambiamento, essere una leva per il miglioramento della società.
Il giornalista deve raccontare le ingiustizie, denunciare le violenze, gli abusi, la sopraffazione. Deve agire per ottenere più libertà e giustizia sociale. Il suo scopo è parlare per chi non ha voce né potere. Pulitzer non fece solo questo, ma aprì le redazioni dei suoi giornali a qualunque notizia di interesse umano, anche agli scandali ed ai sensazionalismi. Altro elemento di novità: fu il primo a inserire gli annunci commerciali nei suoi giornali. Un servizio che rispondeva ad un bisogno reale degli immigrati che sbarcavano negli Usa e non sapevano come orientarsi, come trovare un lavoro o un alloggio.
Tra le sue frasi più famose rivolte ai lettori:
È mio dovere assicurarmi che abbiano la verità. Ma non solo: devo presentargliela brevemente perché la leggano; chiaramente perché la capiscano; efficacemente perché la apprezzino; suggestivamente perché la ricordino e soprattutto con accuratezza perché possano essere guidati dalla sua luce
Il secondo personaggio che voglio ricordare è Nellie Bly, pseudonimo di Elizabeth Cochran. La donna che sarebbe diventata la giornalista più famosa d’America. Iniziò per "caso", giovanissima. La sua storia è paradigmatica di come la maggior parte delle vicende di successo non seguano una via prefissata. Nellie Bly infatti non pensava minimamente al giornalismo, che peraltro non era aperto alle donne. Nacque nel 1864, tredicesima figlia di un imprenditore che morì precocemente lasciando la famiglia in difficoltà finanziarie. La madre si risposò con un alcolizzato violento. La giovane dovette abbandonare precocemente gli studi e rinunciare al suo sogno di diventare maestra. Ancora adolescente si ritrovò a dover testimoniare alla causa di divorzio intentata dalla madre contro il patrigno.
La sua carriera giornalistica iniziò così: un giorno, il Pittsburgh Dispatch pubblica un articolo dal titolo What Girls Are Good For -a cosa servono le ragazze-. L’autore dell’articolo sostiene che è un aberrazione anche solo pensare che le donne possano lavorare fuori casa. Lo scritto solleva un coro di proteste. Il direttore del giornale riceve molte lettere ma rimane colpito da una in particolare, inviata da una lettrice (o si trattava di un uomo?) che si firma Lonely Orphan Girl. Il direttore pubblica la lettera offrendo un posto di lavoro all’autore. Questa era l'America di quegli anni. Irrompe in redazione la giovane Nellie Bly, di ventuno anni.
Giornalismo investigativo sotto copertura
Bly si indirizzò molto presto verso la stesura di inchieste di denuncia sociale. Presto venne assunta da Pulitzer che l’autorizzò a compiere varie inchieste investigative, anche scomode o pericolose, tra le quali quella sui manicomi che l’avrebbe resa celebre. Nellie aveva una curiosità: voleva capire come vivevano le donne ricoverate in manicomio, perché quando entravano in quei luoghi segreti ogni rapporto con il mondo esterno si interrompeva. Propose a Pulitzer di fingersi pazza e di farsi internare nel manicomio femminile dello stato di New York per dieci giorni. Fu un’esperienza sconvolgente; la realtà era terribile e superava ampiamente la fantasia. Una volta liberata raccontò quello che aveva visto con il titolo titolo Ten Days in a Mad-House. Scrisse di essersi trovata in ambienti squallidi, sporchi, c’erano topi ovunque. Aveva ricevuto cibo avariato e interventi medici discutibili come per esempio, docce gelate. Ma, soprattutto, raccontò che le donne venivano sistematicamente abusate dal personale. Per finire, tra i ricoverati vi erano anche donne sane, povere, immigrate che erano lì solo perché non conoscevano la lingua o perché non avevano nessuno. Scosse l’opinione pubblica e costrinse le autorità a intervenire con una riforma dei manicomi e a controllare ciò che accadeva tra le loro mura.
Nellie Bly non aveva fatto solo un’opera di denuncia, aveva inventato un nuovo genere: il giornalismo investigativo sotto copertura. Ebbe successo come donna, fu la prima giornalista a essere ricevuta al circolo della stampa di Chicago, ma diventò un modello da imitare per tutti i giornalisti a venire. La sua fama aumentò ulteriormente quando, dopo la pubblicazione del libro di Verne: il giro del mondo in ottanta giorni riuscì a convincere Pulitzer a puntare su di lei per provare a compiere concretamente il viaggio in ottanta giorni. Vi riuscì in settantadue.