E dell’amore non è rimasto niente

18 Febbraio 2024



E dell'amore non è rimasto niente.

La libreria caffè,  nella giornata domenicale è invasa dalla luce del sole e animata da tante persone. I giovani camerieri portano cappuccini, caffè, spremute e fette di torta. C’è anche una coppia che si ama: i due parlano tenendosi per mano, gli occhi negli occhi. Laura li osserva, sono così belli.

In fianco a lei, seduta a un tavolino, c’è una carrozzina con un bimbo di tre mesi. Dorme con il braccino alzato e la mano chiusa a pugnetto. La madre ha sistemato la carrozzina tra i due tavoli, in modo che Laura possa scorgere perfettamente il suo viso serafico: è un maschio, pensa, almeno sembra. Sorride tra sé: la tutina azzurra non è un segno attendibile.

E' venuta in libreria per scrivere col suo computer.  Appoggiata al piccolo tavolo, sui gomiti, è immersa in una lunga conversazione interiore. Era tanto tempo che la sua anima o qualunque cosa sia, non si manifestava. Non è sola, il suo compagno si muove tra i tavoli, prende un libro qua e là, non la perde d’occhio. Da dietro un mobiletto marrone carico di libri alza il braccio e ne agita uno: "Saramago Cecità. Lo conosci?".

Cecità. Lei guarda lo schermo del computer e si accorge che stava scrivendo: “gli amori sono legami forti. Sono gli unici legami forti che costruiamo noi". Era li che si era fermata. Le era venuto in mente il suo vecchio amore, Rablè. Anzi si accorge che la frase che aveva scritto, “gli amori sono legami forti” aveva evocato nella sua mente l’immagine vivida di Rablè con quel viso che lui aveva quando lei lo amava. Rablè era l’aria che respirava, la forza che la faceva scendere dal letto, lo struggimento di non sentirsi amata e la pienezza di sentirsi colma di lui. Era la forza di sopportare e lo splendore di immaginare una vita diversa e pregustarla. Rablè la teneva sospesa nel limbo. E lei ci stava con voluttà...e aveva perso la cognizione del tempo della sua vita che passava e si sciupava.

Questo grande amore di cui "non è rimasto niente”, la atterrisce. La frase è rumorosa, pensa che potrebbe essere una canzone, di quelle pastose che ti vanno nelle viscere a evocare la nostalgia. Ma non accade. Rablè non apre più la botola delle sue emozioni profonde. Come può di un legame forte non restare niente? Quando smetti di cercare di dipanare la matassa e di capirne qualcosa? Forse quando viene tagliato come il nodo di Gordio? Era così che aveva fatto lei.

Questo tutto di cui non rimane niente, che non lascia niente dietro di sé …vale anche per le amicizie? Pensa alle amiche con cui è cresciuta, quelle a cui confidava tutto e poi quelle a cui diceva quasi tutto.

Con molte di loro le vite si sono separate. Dentro di lei sono sempre loro, ma come congelate nel passato. Cosa le ha divise non lo ricorda neppure più. Pensa alle nuove amiche, a quelle non dice quasi più niente. Non ha più quello strabordare. Quel bisogno di confidare. Forse è questa l’amicizia dell'età adulta?

Ma di Rablè si ricorda ogni cosa. Rablè lo ha dovuto uccidere dentro di sé. Ha tagliato il legame. Ha deciso di farlo il giorno in cui ha realizzato con chiarezza che non la amava. Per esserci c'era, ma senza amore. Quella scoperta non era stata improvvisa, le aveva richiesto un lento e faticoso, ma soprattutto lungo processo di disvelamento. Perchè lei in realtà quella scoperta non la voleva fare.

A quel punto poteva anche non farlo, poteva tenerselo, andare avanti. Forse alla fine l’avrebbe lasciata lui. Oppure no. Anzi probabilmente no. Ma Rablè… voleva dire essere pronta quando chiamava, liberarsi da ogni impegno. Era una cosa facilissima liberarsi, perché lui era più importante di tutto.

Comunque ora Laura sente di essere, anzi è in un altro tempo. Il tempo di Rablè è finito. Alza il viso e guarda il suo compagno che prende i libri e ogni tanto alza gli occhi su di lei. È amore il loro; è unità, complicità. È semplice.

Invece il suo Rablè coi suoi ragionamenti complessi a autoriferiti, è sparito. Non solo è sparito, non può neppure parlare con lui. Lui non chiama e lei nemmeno. E questo le sembra innaturale. Infatti, quando erano insieme, era un flusso continuo di parole. Le piaceva così tanto parlare con lui...

E di tutto quel parlare che rimane?

E di lui? Qualche piccolo regalo che le ha fatto, mai nulla di veramente importante.

Oggi no. Oggi Rablè è come una coltre appiccicosa su una finestra, cerchi di toglierla per vedere fuori meglio. Oppure un insetto che cammina sulla lastra di vetro e se ti passa davanti agli occhi, la prendi istintivamente e la butti via. Rablè, in effetti, aveva una forma tondeggiante. E aveva una corazza: quando era vestito di tutto punto, l'insieme del suo corpo appariva come l’esoscheletro di uno scarabeo. Elegante. Tutto il molle della sua vita, i sentimenti, il pianto, il dolore, era ben nascosto, stipato dentro.

È un passato, Rablé, che è passato senza lasciare traccia di vita. Peccato.

Sì, peccato, direbbe lui. All’inizio, quando lei se ne stava andando, per diverso tempo l’aveva cercata. La invitava a uscire ancora. Allora si era scoperto come non aveva fatto mai. Le rivelava il suo desiderio di stare con lei.

Poi più nulla.

Lo rivede ora, all’improvviso, nella sua mente. In una sera di cinque anni prima. Erano nel salotto della casa di Rablè. Lui era semisdraiato sul divano, sorridente e silenzioso e la guardava. E aveva una veste orientale, elegante, dorata. E poi ecco che gli era sfuggito un ultimo sguardo, triste, pieno di sconforto, quando aveva capito di averla persa. E lei lo aveva fotografato. Quello sguardo, uno dei pochi in cui lui aveva rivelato una vera emozione era conservato tra le sue foto. Il suo volto rivelava stupito l'abbandono.

Perché lei aveva sempre accettato tutto e sempre rilanciato, ma in quel momento Rablè  realizzava che era tardi: avrebbe potuto anche tirare fuori una carrozza e invitarla a un lungo viaggio. Era tardi e solo in quel momento Rablè se ne stava rendendo conto. E quella rivelazione era lì, chiara, sul suo viso, e lo rendeva umano.

“Sai Rablè, credevo che la mia vita fosse stata totalmente trasformata dal mio amore per te. Ma io sono me stessa senza di te, molto più di quanto ero me stessa con te”.

Forse dell’amore non resta mai niente quando finisce. Per questo ci si accanisce sulle cose.

"Rablé lo sapevi? Sapevi già che un giorno, di tutto ciò che riempiva la mia vita di te, non sarebbe rimasto niente? Si, tu lo sapevi. Ti hanno sempre abbandonato".

E Laura non trova, in sè, neppure il rimpianto per quello che sarebbe potuto essere. Solo, il sollievo di essere in quella giornata di sole, in quella libreria con un uomo che non è Rablè, ma un uomo che sa amarla.

“Rablè” pensa, “un po’ dispiace, in fondo, di questo amore di cui non è rimasto nulla”.

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Cristina Cattaneo Beretta

Cristina Cattaneo Beretta (ha aggiunto il nome della mamma al suo) (email) Laureata in filosofia ed in psicologia a Pavia, psicoterapeuta, dottore di ricerca in filosofia delle scienze sociali e comunicazione simbolica, ha condotto studi sul linguaggio simbolico e il suo uso terapeutico (Cristina Cattaneo Il pozzo e la luna ed Aracne). Studia le esperienze di rinnovamento creativo e i processi amorosi, approfondendo in particolare il tema della dipendenza affettiva. Ha pubblicato con Francesco Alberoni: L’universo amoroso (Milano, 2017 ed. Jouvence), Amore mio come sei cambiato (2019 Milano, ed. Piemme Mondadori), L'amore e il tempo (la nave di Teseo 2020), 1989-2019 Il rinnovamento del mondo (La nave di teseo, 2021)

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