L’amore generoso

24 Febbraio 2019



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Francis Scott Fitzgerald usò spesso spunti biografici per intessere la trama dei suoi romanzi. Si era sposato molto giovane con Zelda Sayre, una bellissima ragazza del sud, che presto aveva iniziato a dare segni di fragilità mentale. Spesso, nel corso del loro travagliato matrimonio, fu ricoverata in cliniche specializzate. Entrava e usciva per momenti sempre più brevi, perché la sue condizioni non facevano che peggiorare. Questa altalena emotiva si riverberò sulla vena creativa di Fitzgerald. Da giovanissima e promettente stella della letteratura americana, si ritrovò a dover produrre racconti in serie per riviste e quotidiani, a scrivere mediocri copioni per Hollywood, per poter pagare gli onorari delle cliniche psichiatriche in cui era ricoverata Zelda. Alla fine morì ancora giovane e alcolizzato. Ma il suo era stato un amore generoso.

 

Ritroviamo il dolore dello scrittore per questo dramma famigliare in Tenera è la notte (1934), sublimato in una forma di amore altruistico, da dedizione. Un amore generoso. Il protagonista, Dick, un giovane e amabile psichiatra americano sposa Nicole, una ricchissima paziente, bella e fragile, della clinica in cui lavora a Zurigo. Si dedicherà con costanza e abnegazione al benessere della moglie, perché la sua vita possa essere il più serena e normale possibile. Nicole, a parte brevi ricadute, dopo lunghi anni troverà la forza per riemergere dalle dolorose ferite del passato che l’avevano resa psichicamente fragile. A quel punto lascerà Dick per vivere un amore vero e maturo con un altro uomo.

 

Nel campo delle infatuazioni, ci illustra Alberoni, noi possiamo sentirci attratti da qualcuno che percepiamo come più debole, fragile, sfortunato. Non per dominarlo, ma perché desideriamo aiutarlo a fiorire, a guarire, ad essere felice. Siamo disposti a lottare perché possa emergere dalla prigione simbolica che lo tiene segregato per altruismo, ma anche perché proviamo un senso di potenza e di felicità all’idea di donarci all’altro. Se l’unico meccanismo che entra in gioco in una relazione è però legato alla compassione e alla possibilità di redimere, non siamo nel campo dell’amore, ma in quello dell’infatuazione. E una volta esaurita la funzione di eroe salvifico la relazione è destinata a spegnersi.

 

Quante donne con la “sindrome da crocerossina” si innamorano di reietti, carcerati, uomini sfortunati e sono certe di poter salvare l’amato con il loro amore? E in quante delusioni incorrono nel momento in cui l’amato non ha più bisogno di loro?

 

Quando manca l’amore, possono intervenire due situazioni: la prima è quella in cui – come nel caso del romanzo di Fitzgerald – è la parte debole della coppia che ritrovando una solidità, un’integrità, non ha più bisogno di costanti cure ed è pronto a vivere un amore più maturo. La seconda è quella in cui chi amava proprio le fragilità e il bisogno di amore e di cura dell’amato, di fronte alla guarigione, non ne è più attratto, e rivolge le sue attenzione altrove, alla ricerca di un nuovo partner da accudire e da salvare.

 

Ma vi sono anche situazioni in cui questo meccanismo è alla base di una forma di amore vero, duraturo, altruistico. Un amore generoso. Come ci ha dimostrato Cristina Cattaneo parlandoci dell’amore di Maria Callas e Giovanni Battista Meneghini.

Quando la Callas giunse in Italia - scrive - “Era timida, insicura, troppo robusta (…) Era solo una voce. Fu l’amore di Meneghini, un industriale molto più vecchio di lei che si innamorò proprio di lei, della ragazza povera, goffa, impacciata e sconosciuta e che se ne prese cura con una dedizione totale e continua a trasformarla nella diva che tutti ricordano”.

Meneghini la sposò e da novello Pigmalione fece di tutto per farla assurgere all’Olimpo della lirica. Seguì per lunghi anni la sua carriera, le dedicò amore, la plasmò con dedizione e generosità. Insieme furono molto felici, perché anche lei era veramente innamorata.

Finché non conobbe Onassis. E, quell’incontro fatale, cambiò per sempre il destino della Diva e del suo matrimonio.

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Federica Fortunato

Sociologa e professional coach. Collabora dal 2000 con l’università IULM, ha tenuto corsi presso l’Università Statale degli Studi negli insegnamenti ad indirizzo sociologico e ha collaborato con il Politecnico di Milano. Nel corso degli anni ha partecipato a numerose ricerche universitarie, con l’ISTUR presso committenti privati e istituzionali, con il Centro Sperimentale di Cinematografia e presso realtà aziendali italiane nel settore del lusso.

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