E se facessimo giocare i maschietti con le bambole?

8 Agosto 2019



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Numerose coppie, anche giovani, affrontano spesso in modo conflittuale la divisione dei compiti in famiglia. All’inizio della convivenza, molti uomini accettano di buon grado di collaborare alle faccende domestiche che vengono svolte insieme, talvolta in modo piacevole e giocoso. Con l’andare del tempo però, svanisce il momento idilliaco dove c’è una totale fusione fra i partner – fine spesso segnata dalla nascita di un figlio – e la donna inizia ad assumersi gran parte dei ruoli domestici che diventano predominanti rispetto agli altri. Così, anche molti di quegli uomini che ritenevano giusta un’equa ripartizione dei lavori in casa, finiscono per delegarli via via sempre più alla compagna. E, quando questa si lamenta, le risposte più frequenti sono: “Ma a te non va mai bene come li faccio!”, oppure, “Tu li fai meglio”, “Non so farli”, “Sono stanco”, “Non ho tempo”, ecc. ecc.

 

È vero che oggi le cose sono cambiate rispetto a qualche anno fa, quando un marito poteva pretendere dalla moglie di avere le camicie ben stirate, la cena pronta, e la casa perfettamente riassettata. Allora, il modello di compagna perfetta era la propria madre che si riteneva al servizio del figlio (maschio), mentre insegnava alla figlia le arti domestiche. Oggi, non solo molte madri italiane non sono più delle casalinghe, ma chiedono ai mariti e ai figli maschi di collaborare nelle piccole faccende domestiche mentre alle figlie non insegnano più a lavare, stirare, cucinare, rifare i letti, ecc.

 

Anche i modelli sociali trasmessi attraverso i vari mezzi di comunicazione presentano sempre più donne manager o che svolgono professioni tradizionalmente maschili e uomini intenti a svolgere lavori domestici.

 

Allora le domande che ci poniamo sono: si arriverà a una parità dei ruoli non solo sulla carta dei diritti o nella fiction, ma anche in pratica?

Perché questa parità di fatto tanto a casa come al lavoro, è in pratica così difficile da raggiungere dopo ormai decenni e decenni di lotte e conquiste femminili in questo campo?

Forse la risposta si potrà avere quando riusciremo a scoprire quanto c’è di “naturale”, “genetico” nelle differenze fra uomo e donna e quanto c’è invece di “sociale” e “culturale”.

Una volta scoperto questo, sapremo quanto ci potremo battere per l’assunzione attiva di ruoli e responsabilità famigliari e domestiche agli uomini (e di conseguenza per il pari riconoscimento del lavoro femminile) o sperare che ciò avvenga, e quanto invece fare un passo indietro e stabilire che è meglio pretendere da ognuno secondo le proprie possibilità potenziandone le attitudini (sia per uomini sia per donne) pur consapevoli che non esiste un solo modello maschile né un solo modello femminile.

 

Nel frattempo però, se ci rechiamo in un qualsiasi negozio di giocattoli, troviamo ancora ben separati i giochi per maschi e per femmine, caratterizzati da confezioni che ne connotano la destinazione e che li preparano alla vita adulta. Anche case produttrici come la Lego, dopo anni di tentativi di rendere le costruzioni un gioco unisex, hanno preso la strada della distinzione di genere dei loro giochi, rendendone alcuni più femminili con abitazioni carine, famigliole o amiche, e altri più aggressivi e meccanizzati.

Se, come sappiamo, i ruoli sociali si apprendono fin dall’infanzia, questo segnale ci indica che la strada verso l’intercambiabilità degli stessi fra i generi è ancora lunga.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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