L’individuo concretizza nella casa i propri bisogni psicologici, vi proietta l’immagine di sé e il proprio stile di vita e nello stesso tempo la casa modella i comportamenti e gli atteggiamenti di coloro che vi abitano. La casa parla di noi attraverso le modalità che adottiamo per personalizzarla con arredamento, quadri, profumi, ordine e disordine.
La psicologia ambientale dagli Anni ‘70 cerca legami tra sviluppo della personalità e fattori di stress da un lato e influenza dell’ambiente abitativo e dell’architettura delle case dall’altro. I numerosi studi finora svolti per esempio sull’influenza emotiva del colore, sul rapporto fra sovrappopolamento e conflittualità, o fra l’altezza dei soffitti e i meccanismi cognitivi, confermano il ruolo importante svolto dalla casa nella nostra vita.
Da secoli, le dottrine orientali del Feng Shui e del Vastu Vidya, oggi praticate anche in Occidente, si basano proprio sui legami esistenti fra orientamento dell’abitazione, arredamento, benessere fisico e psichico. In modo simile, la corrente di pensiero che promuove una “casa psicologica”, parte dal presupposto che se siamo circondati da un certo tipo di arredo con particolari materiali, forme, colori e disposizioni, ci sentiamo rinforzati, acquisiamo sicurezza e proviamo una sensazione di pace verso noi stessi e verso gli altri.
Diversi pediatri e psicoanalisti fra cui Donald W. Winnicott hanno evidenziato l’importanza di un ambiente favorevole nei primi anni di vita del bambino per un sano sviluppo mentale e affettivo. Al contrario, la perdita dei legami fisici con un luogo verso cui si era sviluppato un rapporto affettivo provoca sofferenza, nostalgia. Il desiderio di tornare a casa può indurre depressione, ansia e insicurezza. Oliver Wendell Holmes scriveva: “Dove amiamo è casa, i nostri piedi possono lasciarla, ma non i nostri cuori”.
Per la definizione di un luogo come “casa” si può fare riferimento ad una componente fisica concreta (una stanza ad esempio) o ideale (come nel caso di una cultura). Inoltre, i posti che sono “casa” per una persona potrebbero non esserlo per un’altra; e tale percezione di un luogo come casa risulta essere più transitoria che costante.
La casa è insomma un costrutto ideologico creato da esperienze cariche emotivamente nel luogo in cui le persone vivono. Di conseguenza, non necessita di una struttura fisica, è un centro emozionale di significato, di appartenenza e familiarità cosicché, è stato detto che anche un senzatetto ha una sua “casa” speciale, nel suo rifugio, nella sua strada, nel suo quartiere.
Da una ricerca condotta su cento bambini milanesi tra i 7 e i 10 anni, è emerso che rappresentano la “casa” tanto come un luogo fisico e quindi house (61 bambini) sia come un centro relazionale dove stanno con i genitori, home (56 bambini). Altri 39 riconducono la dimensione e l’essenza della casa a una sola stanza: la loro cameretta. La loro idea di casa ideale è aperta alla natura, infatti, ben tre quarti di loro vorrebbe un giardino e l’88% uno o più animali.
Un’altra ricerca condotta sui giovani laureati che vivono in alloggi universitari, ha mostrato come questi continuino a considerare la casa di famiglia come la loro vera casa, come la propria “home”, mentre non lo fanno mai per le sistemazioni temporanee dove stanno vivendo.
Generalmente, le persone anziane si abituano meno velocemente ai cambiamenti, reagiscono male alle esperienze nuove e hanno difficoltà a stabilire nuove relazioni. Così, un cambiamento di ambiente può essere per loro una causa di inquietudine e di ansia. Il trasferimento in una casa di riposo o in un’abitazione situata lontano dal proprio quartiere può avere effetti psicologi negativi, essere causa di depressione e di isolamento sociale, e per le persone più vecchie, di confusione mentale, di disorientamento e di vera e propria disgregazione.