Un dialogo fra diverse culture è possibile? Potremmo dire di si. Con uno sforzo di volontà possono sedere allo stesso tavolo il Papa ed il Patriarca della Chiesa Ortodossa. Ma uscendo da contesti "istituzionali", cominciano subito le difficoltà. Potrebbe sembrare abbastanza semplice instaurare un dialogo fra enologia e gastronomia (posto che non si mettano a confronto enologi italiani e gastronomi francesi, solo per esempio), almeno più che un dialogo fra cultura Rom e cultura Ladina (qui immagino già "frizioni"). Se provassimo a mettere a dialogo cultura ebraica e cultura araba, famiglia tradizionale e famiglia aperta, cancel culture vs culture appropriation, si paleserebbero subito vastissime aree di incomunicabilità. Le idee espresse dalle culture, circa ogni aspetto della vita su questa terra, dai rapporti con la natura, alla scienza, sono il "pomo della discordia". Le visioni sono le ragioni dello scontro e del dialogo non possibile.
Cosa crea queste frizioni, o nel caso della incomunicabilità, le difficoltà persino a pensare incontri istituzionali fra queste "diversità"? Non dovremmo semplicemente riconoscere di essere tutti componenti della umana specie ed a partire da ciò condividere il desco con tutti? Siamo o no specie sociali, pronte a far fronte comune contro le avversità della vita?
Siamo umani certo, ma mentre io sono dalla parte giusta delle idee, ci sono altri che sono sbagliati o stanno dal lato sbagliato. L'incomunicabilità poggia semplicemente su questo assioma e gli scontri / incontri istituzionali, sono solamente schermaglie che confermano questo asserto. Confidando che vi possa essere una risposta meno assiomatica, ho trovato almeno due punti di vista che sanno superarla, dandone una migliore ma molto più impegnativa.
Il primo spunto è il "dialogo dialogale" ben spiegato da Raimon Panikkar (si rimanda ai suoi testi/saggi/interviste a partire dal testo "pluralismo e interculturalità"), l'altro affatto diverso, scaturito dall'ascolto di un episodio del Podcast Zarathurstra (disponibile su Raiplaysound episodio del 12 febbraio 2023).
Dal primo spunto, un invito a pensare ad ogni incontro come ad un cammino in comune. Nessuno dei due termini di un confronto, deve desiderare di convertire/annientare l'altro perché nessuno dei termini è presuntuosamente convinto di avere la verità assoluta, di avere le chiavi del regno della perfezione, nelle sue mani. Dialogo dialogale, non dialogo retorico volto a smascherare la fallacia degli altrui ragionamenti, bensì dialogo volto a costruire sintesi di ontologicamente opposti. Per dirla con le parole di Galileo Galilei si prova una "composizione degli incompossibili". Si tratta di una forma dialogica che porta ad un risultato ottimale una volta per tutte? no, bensì un dialogo in perenne cammino e perenne riconoscimento dell'ontologia di tutte le parti.
Dal secondo spunto, l'invito a pensare che la costruzione di ogni nucleo sociale, dalla coppia all'intera comunità umana, richiede anch'essa un costante dialogo. La coppia nasce con un'idea di futuro da realizzare. Senza un confronto, disposto a mettere in discussione sempre i fondamenti delle rispettive esperienze, l'idea iniziale di futuro potrebbe sparire portando, un giorno, le due culture che hanno dato vita ad una coppia, alla incomunicabilità e conseguente abbandono del cammino comune. Anche la coppia è una composizione di incompossibili, dopotutto, eppure dimostra la possibilità di comporre vittoriosa e pur sempre minacciata, dall'mpossibilità.
Alla luce di quanto scritto, alla grande domanda iniziale "Un dialogo fra diverse culture è possibile? ", risponderei che si può fare ma non una volta per tutte. Le soluzioni finali, i regni millenari e persino il "fin che morte non vi separi", hanno fallito le loro promesse di mondi eterni e dorati, troppe volte.
Il dialogo ha bisogno dell'altro e del cammino comune della vita, la quale ha sempre da proporre "punti di rottura". Rottura della linearità del cammino felice. Su scala planetaria, ne abbiamo davanti molti di punti di rottura. Il cambiamento climatico, le migrazioni, la biodiversità, l'energia pulita, la brama di supremazia. Incontrando nel dialogo queste discontinuità inevitabili potremmo raggiungere una importante conquista umana. Passare da una umanità bellica, che cerca nella vittoria sull'altro, una via per recuperare la continuità del cammino, ad una umanità tendenzialmente relazionale, che affronta le discontinuità senza farle pagare all'altro, ma decidendo di condividerne i costi lungo il cammino. Anche una coppia che nella cattiva sorte decide di rimettere in campo tutte le energie che hanno portato alla sua formazione, infondo, si dispone nella forma del dialogo dialogico, del dialogo in cammino, unica vera stabilità che si possa sperimentare su questa terra; la possibilità dell'impossibile.