Evita: amore e passione

9 Settembre 2019



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Alle 20,25 del 26 luglio 1952 Eva Duarte Perón passava all’immortalità.

Come accade a tutti coloro che muoiono giovani, la sua morte a soli 33 anni contribuì a crearne il mito, alimentato sia da quello che fece, sia da quello che avrebbe potuto fare. Evita, una vita di amore e passione.

Figlia illegittima, non dimenticò mai le sue umili origini; a sedici anni giunse a Buenos Aires, determinata a trovare il suo posto nel mondo: prima come mediocre attrice, poi come moglie del futuro presidente. E, in quest’ultimo ruolo, diede la sua performance migliore. Attivista politica appassionata, si batté per i lavoratori, i poveri, le donne – fu grazie a lei che nel 1947 le donne ottennero il diritto di voto – creò una Fondazione a suo nome che si occupò della costruzione di ospedali, di orfanotrofi, di scuole; insieme al marito, in pochi anni, rese l’Argentina uno dei Paesi più democratici del Sudamerica. Ma, soprattutto, riuscì a entrare nel cuore del suo popolo, perché ne parlava lo stesso linguaggio, perché era una di loro.

Eva conobbe Juan Domingo Perón il 22 gennaio del 1944

...ad un festival di beneficenza organizzato per raccogliere fondi per i terremotati di San Juan. Nelle sue memorie – La ragione della mia vita– confessa di essersi innamorata di Perón ancora prima di vederlo, per le cose che faceva. Negli ultimi mesi aveva seguito tutti i suoi passi sui giornali, non lo aveva mai visto di persona, tuttavia sentiva che qualcosa li predestinava a “trovarsi”. Vi sono tutti i segnali di un amore di tipo divistico.

Ma quel loro primo loro incontro per lei fu “un’epifania”, paragonò la sua esperienza personale alla conversione di San Paolo sulla via di Damasco. Perché parlò di “epifania”? In che modo il “divino” le si era manifestato? Possiamo provare a rintracciarne la motivazione attraverso una piccola digressione storica.

L’Argentina era in ginocchio da tempo, affossata dalla corruzione politica e dal malessere economico e sociale. Perón, circa sei mesi prima dell’incontro con Eva, aveva contribuito al golpe militare che destituì il potere di Castillo e acquistò velocemente credito, soprattutto tra i lavoratori. La speranza in un futuro migliore aveva acceso focolai spontanei di gruppi in stato nascente, che confluivano sempre più numerosi a manifestare nelle vie di Buenos Aires.

Anche Evita, da sempre vicina ai poveri, agli oppressi, sentiva prepotente dentro di sé la trasformazione sociale in atto. Doveva solo identificare il grande progetto in cui convogliare e concretizzare la sua sconfinata energia. E lo trovò la sera che incontrò Perón. Fu il ‘riconoscimento’ immediato di due individui in stato nascente. Eva avvertì con tutto il suo essere un’affinità profonda, sentì che lui era il suo ‘destino’. Lui era la sua svolta, si sentì agita da una potenza trascendente, come una convertita, una rinata. Ecco spiegata l’epifania. Perón sarebbe stato l’uomo della sua vita, ma anche il capo carismatico che avrebbe saputo guidare l’Argentina verso un futuro più equo e democratico.

Anche dalle parole di Perón si intuisce l’importanza di quell’incontro: “Pensavamo all’unisono, con lo stesso cervello, sentivamo con la stessa anima. Era naturale perciò che in una tale comunione di idee e di sentimenti nascesse quell’affetto che ci portò al matrimonio”. Può apparire una dichiarazione d’amore un po’ tiepida, ma altamente significativa se la si contestualizza all’interno di uno stato nascente che, partendo dal collettivo, si estende istantaneamente alla coppia.

Da quella prima sera non si lasciarono più.

Già a febbraio vivevano insieme, il 22 ottobre del 1945 si sposarono e nel 1946 Perón si candidò e vinse le elezioni, diventando presidente.

Insieme diedero vita a un progetto che trascendeva il legame di coppia, investirono d’eros un oggetto d’amore immensamente superiore – il popolo argentino.

A differenza di molte coppie, che si chiudono al mondo e si cristallizzano, vivere per un ideale esterno può moltiplicare l’energia vitale, sia per gli altri che per la coppia. Diviene un circolo virtuoso: amare il partner mi dà la forza di amare anche gli altri e, condividendo l’amore per gli altri con il partner, consolido l’amore per lui.

Evita sosteneva attivamente Perón.

Lo adorava in privato e in pubblico, perché desiderava che il popolo lo amasse come lo amava lei; lui le dava tutta la libertà e il supporto di cui aveva bisogno per poter emergere al suo fianco come capo carismatico. Non le chiese mai di essere una moglie come le altre, la riconobbe subito come una sua pari. Ognuno era il capo carismatico dell’altro. Tant’è che il giorno del 33° compleanno della moglie, ormai costretta a letto e prossima alla fine, Perón la nominò formalmente “Capo Spirituale dell’Argentina”.

Molti suggeriscono che in realtà la loro unione fosse solo un accordo, una farsa. Evita mirava solo al potere che derivava dall’essere la moglie di Perón? E lui ne sfruttava la presa sul popolo per le sue ambizioni personali? In altre parole, il loro fu un amore solo di facciata?

 

Fedeltà

La stretta sorveglianza dell’Intelligence – sia interna che estera – nei suoi dettagliati rapporti ci conferma che né Evita né Peron tradirono mai l’esclusività sessuale per tutta la durata del matrimonio. Anche quando Evita, dalla fine del 1949, non poté più adempiere agli obblighi coniugali per i dolori sempre più invalidanti dovuti al tumore all’utero che l’avrebbe portata alla morte, la loro sessualità restò comunque viva e Perón non cercò altre donne per avere soddisfazione sessuale.

È un punto importante, perché, come sostiene Tomás Eloy Martinez nel suo libro Santa Evita, “La mappa dell’erotismo è la mappa del potere. Invece della banale inquietudine tipica delle mogli, che si interrogano su come mantenere al fianco il proprio marito, la defunta si chiese cosa doveva fare per superarlo. (…)  l’avrebbe superato con il peso del suo amore. Chi ama di più, è più potente. Nessuna donna fu più leale di lei, nessuna più appassionata, più affidabile, più sincera. L’immensità del suo amore abbracciò tutto. Abbracciò anche il marito, lo trattenne.”

Ed era ricambiata. Perón, sempre avaro di parole, con i fatti dimostrò di amarla immensamente. E, sul letto di morte, accolse la sua ultima richiesta: “Non permettere che mi dimentichino, Juan”, gli chiese. E lui promise.

La salma di Evita fu imbalsamata ed esposta al pubblico e milioni di persone accorsero da ogni angolo del Paese per piangerla, per osannarla, per decretarne il posto che le spettava nell’eternità.

 

https://www.youtube.com/watch?v=KD_1Z8iUDho

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Federica Fortunato

Sociologa e professional coach. Collabora dal 2000 con l’università IULM, ha tenuto corsi presso l’Università Statale degli Studi negli insegnamenti ad indirizzo sociologico e ha collaborato con il Politecnico di Milano. Nel corso degli anni ha partecipato a numerose ricerche universitarie, con l’ISTUR presso committenti privati e istituzionali, con il Centro Sperimentale di Cinematografia e presso realtà aziendali italiane nel settore del lusso.

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