I luoghi e il loro significato simbolico

24 Maggio 2019



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Nonostante le peculiarità culturali di ogni società, nel corso della storia umana, possiamo delineare due modi diversi di percepire lo spazio in cui viviamo e il nostro rapporto con i luoghi, dovuti a due diverse concezioni del mondo.

Per la prima, caratteristica di quasi tutte le società del passato e di alcune orientali di oggi, l’ideale consiste nell’annullamento dell’individualità per raggiungere la completa armonia con l’universo.

Per la seconda, invece, tipica della cultura occidentale, tutto ruota attorno all’individuo. L'uomo occidentale manifesta la sua essenza nel momento in cui pensa (Cogito ergo sum, “penso quindi esisto” di Cartesio), agisce sulla natura (homo faber) o agisce spinto da motivazioni economiche (homo oeconomicus). Queste due concezioni tra loro contrapposte hanno portato a un diverso modo di agire sull’ambiente circostante. Ma vediamole più nel dettaglio.

 

La visione simbolica dei luoghi

Nella prima concezione, sembra che tutto sia concretamente e attivamente collegato in una relazione che dà senso a ogni cosa. L’assegnazione dei luoghi, per esempio, o gli orientamenti seguendo i quali si costruiscono le case, si fondano i villaggi, le città e i territori, hanno a che vedere con l’asse dei fiumi, con la direzione dei venti, con il percorso del sole, con i cicli stagionali, con il corpo umano o con quello di un animale preciso, con i sessi e le età, con la vita e la morte, con i clan e le caste, con le professioni e le funzioni, con la gerarchia sociale e gli statuti, con i colori, con i valori, ecc.

In questo spazio, di conseguenza, niente è neutro, niente è indifferente.

Il Feng Shui e il Vastu Vidya

In Cina, la correlazione stabilita fra il macrocosmo-paesaggio e il microcosmo-essere umano porta allo sviluppo di un’arte e una scienza (arte e scienza nella cultura orientale non sono distinte) molto importante, il Feng Shui che letteralmente significa Vento e Acqua. Questi due ideogrammi non indicano solo gli elementi base indispensabili per la vita, ma anche i due mezzi principali attraverso cui l’energia dell’universo fluisce con un movimento ciclico e perenne. Tale energia è chiamata Ch’i (o Qi) ed è il soffio vitale che scorre attraverso tutte le cose: dove fluisce si genera nutrimento, dove ristagna si genera distruzione. È perciò fondamentale stabilire dove posizionarsi per poter avere i maggiori benefici da questi flussi cosmici. Così, nel corso dei secoli si è fatto molto spesso ricorso al Feng Shui non soltanto per costruire nuovi edifici o pianificare città o per individuare i luoghi di sepoltura, ma anche in medicina.

Simili al Feng Shui, ci sono altre discipline orientali come l’antica arte dell’abitare indiana, il Vastu Vidya, letteralmente: la scienza del costruire. Esso indica come un edificio progettato rispettando determinate regole cosmiche stabilite non solo secondo criteri astronomici, astrologici e fisici, ma anche religiosi e mistici, possa essere fonte di prosperità, di pace, di serenità e di salute. La visione razionale dello spazio

Razionalismo: Grecia, Impero romano, Rinascimento

Nei suoi due momenti fondatori (la civiltà greca e il Rinascimento) la storia occidentale rompe con il modo di essere proprio rispettivamente dello spirito orientale e di quello medievale dove come in oriente si percepisce un legame fra luogo fisico e l’entità sovrannaturale che lo domina, oggettivato nell’idea di genius loci. Emerge una nuova visione dello spazio, dove questo appare astratto e continuo, omogeneo e vuoto. Da allora, in Occidente, a partire da ogni punto dello spazio, si possono effettuare delle costruzioni simili in tutti i luoghi e in tutte le direzioni. I risultati sono la strumentalizzazione dei territori attraverso strategie politiche o economiche, lo zoning dei funzionalisti, la perdita di significati dei luoghi e dei prodotti che diventano intercambiabili e la loro imposizione universale degli stessi modelli. Nonostante nell’architettura e nell’urbanistica l’immagine di uno spazio frazionabile e vendibile secondo i criteri della misurazione geometrica e della razionalità economica sia stata dominante come possiamo vedere nelle nostre  città, tuttavia, anche in Occidente, si è tentato di interpretare tutto l’esistente con un’unica chiave di lettura. Ciò ha portato alla scoperta della sezione aurea - o proporzione divina, rappresentata dal numero irrazionale, 1,618 e definita con la lettera greca phi -. Il fatto che questa si presenti al tempo stesso in molti contesti naturali e culturali, apparentemente non collegati tra loro rappresentano per molti la scoperta del mattone usato da Dio per costruire il mondo, del rapporto tra macrocosmo e microcosmo, tra Dio e l'uomo, l'universo e la natura: rapporto che si ripete all'infinito. In base a questa proporzione, Leonardo disegnò il suo famoso uomo vitruviano, ma anche i suoi dipinti più famosi come la Gioconda. Dopo di lui, pittori famosi come Dalì o Picasso e architetti come Le Corbusier nelle loro opere hanno applicato la sezione aurea. Allo stesso modo, i Greci costruirono il Partenone e gli Americani il palazzo newyorchese delle Nazioni Unite, Beethoven compose la Quinta sinfonia, Stradivari calcolò la posizione dei fori dei suoi violini. Ultimamente, infine, Dan Brown, scrivendo della sezione aurea nel suo famoso Codice daVinci, ne ha risvegliato l’attenzione.

La visione poetica

In fondo, l’aspetto poetico e il carattere di sognatore non è mai stato completamente abbandonato e oggi, in un’epoca in cui tutto pare permeato da considerazioni razionali, algoritmi, big data, sistemi informatici, l’interesse per le opere prodotte dalla fantasia, come i racconti fantasy, la fantascienza, le fiabe, non si è spento, anzi prospera. Allora, viene spontaneo chiedersi quanto abbiamo sopravvalutato la nostra natura di esseri pensanti (homo cogitans), trasformatori della natura (homo faber), mossi soprattutto da fini utilitaristici (homo oeconomicus) e quanto invece abbiamo dimenticato del nostro altro aspetto che ci accomuna a tutti gli esseri viventi e alla natura stessa. A questo proposito, John R.R.Tolkien (1892-1973), quando ha scritto Il Signore degli Anelli ed era stato per questo accusato di distogliere l’attenzione dalle realtà impellenti, aveva risposto che: «le fiabe parlano di cose permanenti: non di lampadine elettriche, ma di fulmini. Autore e amatore di fiabe è colui che non si fa servo delle cose presenti».

Più recentemente, in un discorso pronunciato agli architetti nel 2007, l’allora presidente della Repubblica francese, Nicolas Sarkozy li esortava con queste parole: «Il poeta non deve sempre cancellarsi davanti all’ingegnere (…) ma la sensibilità può avere lo stesso ruolo della ragione. (...) è ora di tornare a un’architettura umana, sensibile, creativa, attenta alle caratteristiche di ogni territorio, alle abitudini di vita delle sue popolazioni, alle particolarità del suo clima, dei suoi paesaggi naturali... a un’architettura che parta dall’analisi del reale per arrivare a una forma, piuttosto che di applicare alla realtà uno schema prestabilito». Invito che gli architetti di tutto il mondo sembrano avere accolto se consideriamo l’attenzione dedicata agli elementi naturali in tutte le loro forme, testimoniata recentemente dai loro progetti.

Ritorno al significato dei luoghi

D’altro canto, ultimamente, sempre più architetti seguono nella loro progettazione regole di filosofi orientali come il citato Feng Shui, e lo fanno non solo nelle abitazioni private, ma anche negli edifici pubblici, negli aeroporti, in hotel e banche. Ci limiteremo a ricordare fra i personaggi che le applicano: Bill Gates e Donald Trump e fra le imprese: Coca Cola e McDonalds.

Insomma, dopo che l’uomo occidentale, facendo leva sullo strumento della ragione, ha abbandonato il rapporto poetico che aveva avuto fino ad allora con il mondo, si è posto al di fuori e al di sopra della natura diventando homo faber - ed è grazie a questo atteggiamento che ha compiuto scoperte scientifiche e tecnologiche prima impensabili, e portato al progresso di cui tutti noi stiamo godendo i frutti -  oggi, tuttavia, pare abbia compreso la necessità di cercare nuovamente dei significati che vadano al di là del puro utilitarismo e lo abbia fatto paradossalmente proprio attraverso quella stessa ragione che un tempo gli ha fatto abbandonare la visione poetica e simbolica del mondo.

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Rosantonietta Scramaglia

Laureata in Architettura e in Lingue e Letterature Straniere, ha conseguito il Dottorato in Sociologia e Metodologia della Ricerca Sociale. Ha compiuto studi e svolto ricerche in Italia e in vari Paesi. Attualmente è Professore Associato in Sociologia presso l’Università IULM di Milano. È socia fondatrice di Istur – Istituto di Ricerche Francesco Alberoni. È autrice di oltre settanta pubblicazioni fra cui parecchie monografie.

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